sabato 31 maggio 2014

II] La necessità di Democrito e il caso di Epicuro nell'indagine del giovane Marx

(Continuazione) E' a questo punto che il giovane Marx individua la vera questione fondamentale -ancora oggi irrisolta nella filosofia ufficiale- della teoria della conoscenza: l'atteggiamento del pensiero umano nei confronti dei concetti di caso e di necessità. A questo proposito egli scrive: "Democrito adopera come forma di riflessione della realtà la necessità. Aristotele dice di lui che egli riconduceva ogni cosa alla necessità. Diogene Laerzio riferisce che il vortice degli atomi, da cui ogni cosa origina, è la necessità democritea". Seguendo i vari autori, Marx giunge alla conclusione che Democrito concepiva "la sostanza di questa necessità" nel respingersi degli atomi e nel movimento e nell'urto della materia. La sua dottrina, anche secondo Aristotele, respingeva il caso.

"Al contrario Epicuro [che afferma]: "la necessità, che da alcuni è introdotta come dominatrice di tutte le cose, non lo è; bensì alcune cose sono casuali, altre dipendono dal nostro arbitrio. La necessità non si può persuadere, e il caso d'altra parte è instabile. Sarebbe meglio seguire il mito degli dèi che essere schiavi del determinismo dei fisici. Quello infatti lascia adito alla speranza della misericordia se rendiamo onore agli dèi, questo è invece necessità inesorabile. Ma è il caso, e non Dio, come crede la moltitudine, che bisogna ammettere". "E' una sventura vivere nella necessità, ma vivere nella necessità non è una necessità. Ovunque sono aperte le vie verso la libertà, molte, brevi, facili. Ringraziamo dunque dio per il fatto che nessuno può essere trattenuto a forza in vita. Domare la necessità stessa è consentito". E di nuovo Marx: "Qualcosa di simile dice l'epicureo Velleio in Cicerone a proposito della filosofia stoica: "Qual conto si deve fare di una filosofia alla quale, come a donnette vecchie ed ignoranti, tutto sembra avvenire per opera del fato?... per merito di Epicuro siamo stati redenti, posti in libertà"."

Detto di sfuggita, qui notiamo che, nella concezione di Epicuro, la libertà è posta in relazione al caso. E' grazie al caso, che rompe l'inesorabile necessità, che l'uomo può essere libero. Questa idea, che rappresenta il capovolgimento della reale condizione umana, è sostenuta ancora oggi da studiosi che non sanno neppure d'essere... epicurei!* Dice Marx che anche di Democrito si è detto che abbia fatto uso del caso, ma non è d'accordo. La conclusione che, di conseguenza, trae è la seguente: "Storicamente è dunque certo che Democrito usa la necessità ed Epicuro il caso; ed anzi ciascuno dei due respinge la veduta opposta con polemica irritazione". Ecco qui, scoperta da un giovanotto ventitreenne, la principale opposizione metafisica che ha bloccato per oltre due millenni il pensiero umano!

Questo "giovanotto", nella sua tesi di laurea, attribuì, dunque, all'opposizione caso-necessità, ossia a questa principale opposizione tra i due grandi filosofi dell'antichità, la differenza "nel modo di spiegare i singoli fenomeni fisici". Cominciando dalla necessità di Democrito, Marx osserva: "La necessità, cioè, si presenta nella natura finita come necessità relativa, come determinismo. La necessità relativa può essere dedotta dalla possibilità reale, il che equivale a dire che c'è tutta una catena di condizioni, cause, motivi, ecc., tramite i quali quella necessità si media. La possibilità reale è l'esplicazione della necessità relativa; ed è essa che troviamo usata da Democrito". E "se è sembrato che nella creazione del mondo abbia fatto ricorso al caso, tuttavia egli afferma che per quanto riguarda i singoli fenomeni esso non è causa di nulla, ma rinvia ad altre cause. Così, ad esempio, lo scavare è secondo lui la causa del rinvenire tesori, e la crescita è causa dell'olivo". Da qui l'entusiamo di Democrito nella ricerca delle cause dei fenomeni: "Preferisco trovare una nuova eziologia piuttosto che ottenere la corona di Persia"**. Può sorprendere che un tale entusiasmo per la connessione di causa-effetto sia stata espressa dallo scettico Democrito.

E, ancora, Marx rileva come Epicuro si trovasse all'opposto sostenendo che il caso è una realtà che ha solo valore di possibilità, "ma la possibilità astratta sta esattamente agli antipodi di quella reale. Quest'ultima è racchiusa in confini rigidi, come l'intelletto; la prima è priva di limiti, come la fantasia. La possibilità reale cerca di motivare la necessità e la realtà del suo oggetto; a quella astratta non importa, invece, l'oggetto che deve essere spiegato, bensì il soggetto che spiega. Occorre soltanto che l'oggetto sia possibile, pensabile. Ciò che è astrattamente possibile, ciò che può essere pensato, non intralcia la strada al soggetto pensante, non costituisce per lui un limite, un motivo di scandalo. Se poi questa possibilità sia anche reale è indifferente, perché qui l'interesse non si estende all'oggetto in quanto oggetto".*** Così, la principale caratteristica della filosofia epicurea è la mancanza d'interesse "per la ricerca delle cause reali degli oggetti: si tratta solo di un tranquillizzarsi del soggetto che spiega". "Epicuro quindi procede con una sconfinata nonchalace nella spiegazione dei singoli fenomeni fisici", affermando di non respingere le diverse opinioni, perché tutte potrebbero essere giuste. Anche qui si rimane sorpresi: chi si attiene soltanto al possibile, ed è possibilista nei confronti di qualsiasi opinione è il dogmatico Epicuro!

Il brano che conclude questa prima parte del saggio di Marx riassume tutte le contraddizioni rilevate nella contrapposizione tra Democrito ed Epicuro: "Vediamo così questi due uomini contrastarsi punto per punto. L'uno è scettico, l'altro è dogmatico; l'uno ritiene il mondo sensibile una parvenza soggettiva, l'altro un'apparenza oggettiva. Quello che ritiene il mondo sensibile una parvenza soggettiva si dà alla scienza empirica della natura e alle conoscenze positive ed impersona l'inquietudine della osservazione che sperimenta, impara dappertutto, va girando in lungo e in largo. L'altro, che ritiene reale il mondo fenomenico, disprezza l'empirìa; in lui s'incarnano la calma del pensiero che trova in se stesso il proprio appagamento e l'autonomia che crea la propria scienza ex principio interno. Ma la contraddizione va ancora oltre. Lo scettico ed empirico, che ritiene la natura sensibile una parvenza soggettiva, la considera dal punto di vista della necessità e cerca di spiegare e di capire l'esistenza reale delle cose. Invece il filosofo dogmatico, che ritiene reale il fenomeno, vede dappertutto solo il caso, ed il suo modo di spiegare tende piuttosto a negare ogni realtà oggettiva della natura. In questi contrasti sembra esserci una certa assurdità".

In conclusione, a soli 23 anni, Marx non ha temuto di sottolineare una contraddizione assurda nel comportamento di due grandi filosofi dell'antichità quali sono stati Democrito ed Epicuro. Di più, egli è riuscito a ricondurre le loro opposte concezioni a quella che oggi ci si dovrebbe decidere, una buona volta, a considerare l'essenza stessa del rapporto del pensiero con la realtà empirica: la questione del rapporto caso-necessità. Nei confronti di questo rapporto i due filosofi assunsero una contrapposta posizione teorica metafisica: o solo il caso o solo la necessità: Democrito scelse la necessità nella forma di causa, Epicuro scelse il caso. Da qui l'opposizione diametrale di due filosofie che partivano dalla medesima matrice materialistica. Ma questa opposizione teorica non era coerente con la vita, con lo studio, e con la descrizione dei fenomeni naturali, dei due filosofi: Democrito ed Epicuro, i quali si scambiarono le parti inconsapevolmente: lo scettico diventò dogmatico perché considerò la natura sensibile dal punto di vista della necessità, e il dogmatico diventò scettico perché considerò la natura sensibile dal punto di vista del caso.

Per Marx "E' ben difficile credere che questi uomini, che si contraddicono in tutto, seguano la stessa e medesima dottrina. Eppure sembrano incatenati l'uno all'altro". E non poteva essere altrimenti,  essendo il mondo materiale da essi considerato concepibile soltanto come dialettica caso-necessità. Democrito ed Epicuro erano incatenati tra loro come la necessità è incatenata al caso. Infine, per completare questa lunga storia con la soluzione finale, si doveva chiarire che sono i singoli elementi casuali di un complesso a rovesciarsi dialetticamente nella necessità del complesso stesso, e viceversa. Ma questa è storia successiva, è storia attuale. E' la soluzione trovata da un autodidatta alla fine dell'ultimo secolo del secondo millennio: soluzione esposta in questo blog.


* Ancora più paradossale è che questa idea di Epicuro sia stata ripresa più o meno consapevolmente anche da alcuni teologi e filosofi -come ad esempio Leibniz- per dare un fondamento al libero arbitrio, in opposizione alla necessità fatale.

** Marx qui pone in evidenza l'origine del determinismo che rinuncia al caso e concepisce solo la necessità nella forma della connessione di causa-effetto.

*** In maniera molto chiara è qui indicata l'origine dell'indeterminismo che rinuncia alla necessità e concepisce solo il caso come possibilità.

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Tratto da "Il caso e la necessità - L'enigma svelato  Volume primo  Teoria della conoscenza" (1993-2002) Inedito

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