martedì 20 maggio 2014

1] L'universo oscuro. Origine, conformazione ed evoluzione

[Per un approfondimento della fisica cosmologica, in tre post successivi, ci serviremo di un libro fondamentale di Richard Panek, uscito nel 2011 col titolo  "L'UNIVERSO OSCURO" ]

Se la materia oscura è valutata il 23 per cento dell'universo e un altro 73 per cento è concepito come energia oscura, "la materia che ci costituisce è solo il 4 per cento. Come ama dire un teorico durante le conferenze, "Siamo solo un poco di inquinamento". Se noi e tutto ciò che abbiamo ritenuto l'universo venissimo spazzati via, ben poco cambierebbe. "Siamo assolutamente irrilevanti" conclude allegramente".

La conclusione è coerente con la l'errata idea della rilevanza quantitativa e della conseguente irrilevanza della rarità statistica. Seconda questa logica, tutto ciò che è raro e scarso quantitativamente sarebbe trascurabile, di poco conto. Trascurabile sarebbe, allora, la "Divina commedia" rispetto alle numerose "commedie" che si sono accumulate nella letteratura mondiale? Allo stesso modo sarebbe irrilevante la materia vivente rispetto a quella non vivente? Così sarebbe irrilevante la specie umana rispetto ai miliardi di specie che si sono evolute sulla Terra? E che cosa pensare di chi considera irrilevante ogni rarità statistica?

Scrive Panek: "[Gli astronomi] non cercavano la materia oscura, non cercavano l'energia oscura. Ed erano increduli, quando hanno trovato prove (!) dell'esistenza della materia oscura e dell'energia oscura. Ma via via che andavano accumulandosi indizi sempre più numerosi e più solidi, essi e i loro colleghi sono arrivati alla conclusione condivisa che l'universo che ritenevano di conoscere, fin da quando la civiltà ha osservato il cielo notturno, è solo un'ombra di ciò che esiste. Che siamo stati ciechi nei confronti dell'universo reale perchè è costituito da meno di ciò che appare".

Avrebbe dovuto aggiungere: siamo stati abbagliati dalla materia luminosa tanto da sopravvalutarla rispetto alla materia oscura che non si può vedere. Del resto, la precisione dei concetti non è mai stata  prerogativa di chi privilegia la precisione matematica. Lo si può notare anche nella concezione della materia contrapposta all'energia, come se l'energia non fosse una forma di materia, che si differenzia dall'altra forma di materia: la massa. Anzi, la massa è soltanto un concentrato maggiore o minore di energia, come lo attestano, ad esempio le stelle, da quelle come il sole alle nane bianche, alle stelle di neutroni, ai "buchi neri".

Ma, per evidenziare i limiti di una concezione che esalta la quantità, sminuendo la qualità, e disprezza la rarità statistica, vediamo come l'autore interpreta la "relatività generale". E' molto istruttivo se consideriamo che non c'è fisico che la interpreti allo stesso modo, o meglio con la stessa metafora, perché senza l'aiuto di una qualche metafora nessuno è in grado di enunciare questa teoria, come qui di seguito: "Il fisico di Princeton John Archibald Wheeler diede forse la definizione più concisa della mutua dipendenza tra materia e spazio: "La materia dice allo spazio come curvarsi - Lo spazio dice alla materia come muoversi"."

Questa frase d'effetto è sì paradossale, però un senso concreto ce l'ha: non prende posizione sul reale rapporto materia-spazio, attribuendo a entrambi una reciproca determinazione. Perciò chi è determinante? O meglio dove e come agisce qui il tanto sopravvalutato determinismo? Nessuno lo sa, dunque solo per convenzione e in senso metaforico si può accettare l'idea balzana che lo spazio possa dire alla materia come muoversi, e quella ancor più che balzana che la materia possa dire allo spazio come curvarsi, quasi che si potesse curvare il nulla, il vuoto di materia.

Ma, poco dopo, ecco che l'autore fa centro senza, per altro, sembrare di avvedersene. E' quando cita il fisico Dicke che "si chiedeva se una teoria dell'universo potesse fare a meno non solo della singolarità del big bang, ma anche della creazione spontanea di materia dallo stato stazionario, e propose una sorta di compromesso: un universo oscillante". Altro che compromesso! Questa è la soluzione dialettica finalmente ritrovata! "Un simile universo alterna perpetuamente fasi di espansione e di contrazione, senza mai raggiungere un collasso assoluto né una diffusione eterna tra un collasso e l'altro".

La teoria di Dicke nega giustamente o un unico collasso assoluto oppure un'eterna espansione senza inizio né fine. Entrambe soluzioni insensate e metafisiche che hanno preso il posto della vera soluzione definitiva: la soluzione dialettica anticipata da Engels nella "Dialettica della natura"

Bisognò, comunque, aspettare la fine degli anni '60 del Novecento perché s'imponesse il problema della massa mancante. Nelle simulazioni si resero conto che "solo quando introdussero nella simulazione un alone avente all'incirca la medesima massa della galassia stessa il sistema finalmente si stabilizzò". Dunque era necessario un fifty-fifty. Ciò coincide con la tesi di questo blog del 50% di materia oscura al centro di galassie, ammassi, ecc. e del 50% di materia luminosa all'esterno.

Ma, come sempre, gli scienziati all'inizio "vedono" sempre la realtà capovolta: "Nel 1973 Ostriker e Peebles pubblicarono un articolo nel quale sostenevano  che "le masse degli aloni esterni ai dischi visibili della nostra galassia e delle altre galassie a spirale potrebbero essere estremamente grandi"! Comunque, nel 1988, riassumendo, questa era la situazione teorica secondo l'autore. Tre le possibilità:

1) "L'universo contiene abbastanza materia da rallentarne l'espansione al punto che un giorno" si fermerà invertendo la rotta. "In un universo simile lo spazio sarebbe finito, si ricurverebbe su se stesso, come un globo". [In realtà lo spazio non farebbe una piega e il tempo neppure: sarebbe solo la materia a fare dietro front per attrazione gravitazionale, tornando indietro nello spazio, mentre il tempo scorrerebbe indisturbato e incurante dell'inversione di marcia della materia verso il big crunch. E questa è la soluzione reale].

2) "O forse l'universo contiene così poca materia che l'espansione non si fermerà mai continuando all'infinito, proprio come un razzo lascia l'atmosfera terrestre? In un universo infinito di questo tipo, lo spazio sarebbe infinito, curvandosi come una sella". [Soluzione convenzionale questa che non rende conto né dell'origine né della fine dell'universo. Perché all'inizio c'è un big bang e poi per l'eternità un infinito diradamento della materia? Insomma perché un inizio e nessuna fine, quando tutto ciò che ha un inizio deve avere una fine?]

3) "O ancora l'universo contiene materia appena sufficiente da fermare l'espansione, arrivando a una specie di equilibrio? In questo universo, lo spazio sarebbe infinito e piatto". [Anche questa è una soluzione convenzionale che si preoccupa di definire la forma di qualcosa che non ha forma: lo spazio. Senza rendersi conto che un'espansione infinita o un'espansione che giunge a un equilibrio sono qualitativamente identiche: significano la morte dell'universo senza una vera fine. E quindi, in tal caso, come sarebbe stato possibile un inizio: un big bang?

Fu Vera Robin su "Science" a scrivere: "Soltanto quando conosceremo le caratteristiche e la distribuzione spaziale della materia oscura potremo prevedere se l'universo abbia elevata densità, in modo che alla fine dell'espansione si fermerà o l'universo comincerà a contrarsi, o se viceversa abbia bassa densità, e l'espansione non avrà mai fine". Ponendo simili ipotesi, speravano persino di poterle verificare con misurazioni!  (Continuazione)

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