domenica 27 febbraio 2011

Caso probabilistico e necessità statistica IV

Soluzione statistica solo sfiorata

Abbiamo visto nel precedente post che Taleb, essendo un trader, è portato ad apprezzare e privilegiare i casi straordinari tipici dell'"Estremistan" e a disprezzare e sottovalutare la "curva a campana" di Gauss, tipica del "Mediocristan". Insomma, per riassumere in un solo esempio, egli privilegia situazioni come l'editoria, dove se due autori vendessero in tutto un milione di copie, la combinazione più probabile non sarebbe 500.000 copie a testa, secondo la media di Gauss, ma 993 mila copie per l'uno e 7 mila per l'altro, secondo la legge di potenza.

Taleb ricorda che il marchio della legge di potenza è storicamente dato dalla regola del rapporto 80/20. Tutto, infatti, è cominciato "quando Vilfredo Pareto osservò che l'80 per cento delle terre in Italia era detenuto dal 20 per cento dei proprietari. Qualcuno utilizzò questa regola per affermare che l'80 per cento del lavoro viene svolto dal 20 per cento dei lavoratori, o che l'80 per cento degli sforzi contribuisce solo al 20 per cento dei risultati, e viceversa". Egli ricorda ancora che questa proporzione 80/20 è solo una regola indicativa. Ad esempio, nell'editoria statunitense "le proporzioni sono piuttosto 97/20 (cioè il 97 per cento delle vendite di libri è realizzato dal 20 per cento degli autori); e la situazione peggiora se prendiamo in considerazione la saggistica (20 libri su 8.000 rappresentano la metà delle vendite)".

sabato 26 febbraio 2011

Caso probabilistico e necessità statistica III

Il Cigno nero di Taleb

Il sottotitolo del libro "Il Cigno nero Come l'improbabile governa la nostra vita" (2007) colloca l'autore a fianco di Epicuro in opposizione diametrale a Democrito. Con una novità, però, quella del ridimensionamento dei "dettagli" a favore del "quadro generale", ossia considerare rilevante il complesso rispetto ai suoi singoli elementi. "L'idea centrale di questo libro -scrive Taleb- riguarda la nostra cecità al caso, e in particolare alle grandi deviazioni". Perché "siamo portati a osservare i dettagli invece che il quadro generale? Perché continuiamo a concentrarci sulle minuzie e non sui grandi eventi possibili, nonostante che la loro enorme influenza sia evidente?"

L'ostinazione a concentrarsi sui dettagli, sulle minuzie, è una tendenza del vecchio riduzionismo deterministico che il nuovo riduzionismo indeterministico non ha abbandonato: essa deriva dal porre sotto osservazione i singoli elementi di un complesso. E' per questo motivo che entrambi i metodi non considerano il quadro generale, ossia il complesso. La novità rappresentata da Taleb è che egli contrappone tra loro i singoli eventi, distinguendoli in due campi: quello dei banali dettagli e quello delle straordinarie eccezioni, delle rarità. In questo modo egli mantiene come oggetto di osservazione i singoli elementi, ma nella opposta qualità di bassa e alta probabilità.

mercoledì 23 febbraio 2011

Le conseguenze del caso

L'aspirazione alla predeterminazione e alla previsione dei risultati delle azioni individuali, allo scopo di garantirsi da insuccessi e fallimenti, è il principale motivo che spinge la maggior parte degli individui a temere il caso o a invocarlo, a seconda del temperamento: ciò che distingue i prudenti dai temerari. Ma né l'uno né l'altro atteggiamento ha un fondamento di necessità, perché il caso è tale, appunto, perché è indifferente alle conseguenze che esso produce sulle nostre azioni.

Gravità quantistica: soltanto un ossimoro

"Ogni successo della fisica crea nuovi problemi ed enigmi a un livello più profondo. L'enigma più oscuro è la gravità", afferma Einz Pagels in "Universo simmetrico" (1988). Si tratta del problema, ormai quasi secolare, della inconciliabilità tra le due principali teorie della fisica del Novecento: la meccanica quantistica e la relatività generale. La teoria quantistica dei campi è uscita fuori da una simbiosi tra la teoria quantistica e la teoria della relatività solo ristretta. "Ma una teoria che includa la gravità deve unire la teoria quantistica e la relatività generale".

Già questa affermazione di Pagels conferma che la teoria della relatività generale da sola non poteva risolvere il mistero della gravitazione, avendolo semplicemente "geometrizzato", "mummificato" e "fasciato" con le geodetiche. Ma, ancora più importante è il fatto che non potrà risolverlo neppure con l'aiuto della meccanica quantistica. A nostro parere, relatività generale e meccanica quantistica non possono fondersi perché hanno come rispettivi oggetti di studio due opposti polari: il primo la gravità, ossia l'attrazione; il secondo l'energia attiva, ossia la repulsione.

domenica 20 febbraio 2011

Caso probabilistico e necessità statistica II

In mancanza di concetti, ben vengano esempi significativi

Taleb non è certamento un teorico della conoscenza, quindi, per comprendere la sua concezione della casualità, occorre accontentarsi dei suoi esempi di statistica. Paradossalmente, sebbene egli sia spinto da motivazioni individualistiche e si ponga spesso problemi relativi ai singoli casi, nel suoi esempi evidenzia l'importanza dei risultati complessivi (da "Giocati dal caso" 2001).

Primo esempio
. Se un giovane di 25 anni giocasse alla roulette russa una volta all'anno, la sua probabilità di arrivare a compiere cinquant'anni sarebbe molto bassa; ma, se fossero 1000 giovani di 25 anni a farlo, potremmo aspettarci un pugno di sopravvissuti in un cimitero di morti. Dunque, il numero di partenza garantisce statisticamente la certezza di alcuni sopravvissuti che appariranno o molto fortunati o molto abili.

Ma, sostiene Taleb, "La realtà è molto più subdola della roulette russa", e come motivazione adduce la seguente: la realtà è come una pistola a tamburo che può contenere molto più di sei pallottole, perciò se solo una è nel tamburo, ciò dà una tranquillizzante sensazione di sicurezza. Però c'è sempre la possibilità dell'evento raro e imprevedibile, molto sfortunato. Insomma, se la faccenda è osservata soltanto dal punto di vista del singolo individuo, comunque sia, rara o meno, il risultato sarà sempre casuale. Ma l'esempio di Taleb è interessante per il suo significato statistico complessivo: sono i grandi numeri che permettono rarità quali sorprendenti sopravvivenze, che appaiono individualmente come miracolose.

giovedì 17 febbraio 2011

Caso probabilistico e necessità statistica I

I   Sono i grandi numeri a garantire la media statistica

Nassim Nicholas Taleb, in "Giocati dal caso" (2001), solleva due problemi riguardo alla casualità in statistica. Il primo lo dobbiamo a Karl Pearson che nel 1902 "sviluppò il primo test di non casualità": analizzando milioni di risultati di una roulette, che allora si chiamava Montecarlo, scoprì che i risultati non erano completamente casuali. "Cosa? La roulette non era casuale! Pearson fu molto sorpreso della scoperta, ma il risultato in sé non dice nulla: sappiamo che una pura estrazione casuale non esiste, perché i risultati dell'estrazione dipendono dalla qualità del meccanismo". "I filosofi della statistica -aggiunge Taleb- lo chiamano "il problema del caso di riferimento", per spiegare che solo in teoria è possibile ottenere una casualità pura, non nella pratica".

Il secondo problema da considerare, come sottolinea Taleb, è il seguente: "Persino i padri della scienza statistica si sono dimenticati che una serie casuale non ha bisogno di esibire alcuna regolarità per sembrare casuale. Tuttavia, dati perfettamente privi di qualsiasi regolarità risulterebbero molto sospetti e potrebbero sembrare creati ad arte". Insomma, "il vero caso non appare casuale", non ha bisogno di apparire senza alcuna apparente regolarità.

domenica 13 febbraio 2011

LHC e i tempi lunghi della conoscenza III

Ma quale conferma o smentita sperimentale si attende? 

Occorre qui considerare il ruolo degli acceleratori in relazione alle cosiddette predizioni della matematica fisica: ossia lo stridente contrasto esistente tra i modelli matematici della fisica delle particelle e le osservazioni della fisica sperimentale. Alla base di questo contrasto c'è la certezza che, per quanti capitali si possano investire, l'uomo non potrà mai produrre acceleratori in grado di generare l'energia "ultima", corrispondente alla lunghezza di Planck, 10^19 GeV, tanto mitizzata dalla fisica quantistica.

Per avere un'idea di questa impossibilità, ricaviamo i seguenti dati da Salam ("La nuova fisica" 1998): con un acceleratore che percorresse il perimetro della Terra, come immaginò Fermi, si potrebbero raggiungere i 10^10 GeV. Con un acceleratore che andasse dalla Terra  al Sole si otterrebbero 10^14 GeV. Infine, per raggiungere la massima energia di 10^19 GeV, occorrerebbe un acceleratore di 10 anni luce di lunghezza. In conclusione, la "distanza di Planck" è per noi infinitamente lontana. Di conseguenza, a che cosa serve concepire una "energia" irraggiungibile?

venerdì 11 febbraio 2011

LHC e i tempi lunghi della conoscenza II

L'inevitabile contrasto tra i teorici  e gli sperimentali

Secondo Suskind ("Il paesaggio cosmico" 2006), i critici della teoria delle stringhe appartengono a due ambienti:

I] "I teorici della materia condensata convinti che la teoria giusta sia "emergente". La fisica della materia condensata è lo studio delle proprietà della materia comune in forma solida, liquida e gassosa. Secondo questa scuola, lo spazio e il tempo emergono da qualche ben definito oggetto microscopico allo stesso modo in cui i reticoli cristallini e i superconduttori emergono dal comportamento collettivo di un gran numero di atomi. In molti casi il comportamento emergente è pressoché indipendente dai dettagli microscopici particolari". Dunque, i punti di partenza sono dettagli  inutili. "I fisici, si sostiene, dovrebbero sforzarsi di capire le regole e i meccanismi dell'emergenza stessa; in altre parole, dovrebbero studiare la fisica della materia condensata", dove evidentemente il ruolo dello sperimentatore prevarrebbe su quello del teorico matematico!

mercoledì 9 febbraio 2011

LHC e i tempi lunghi della conoscenza I

Sulla pretesa bellezza della teoria matematica 

I fisici hanno sempre preteso teorie che per la loro semplicità ed eleganza fossero belle, ma poi si sono ritrovati con qualcosa che assomiglia "molto più alla zoologia o alla botanica", come è costretto ad ammettere Susskind ("Il paesaggio cosmico" 2006), che rincara la dose: "Mi piacerebbe poter dire che [le leggi della fisica] sono eleganti. Ma la verità è che non lo sono. Ci sono troppe particelle, troppi diagrammi di vertice, troppe costanti di accoppiamento. E non ho ancora parlato dell'accozzaglia casuale che sono le masse che caratterizzano le particelle".

Dopo simili premesse, la conclusione suona però un pò strana: "Il tutto sarebbe un minestrone ben poco attraente se non fosse per una cosa: descrive le proprietà delle particelle elementari, dei nuclei, degli atomi e delle molecole con una precisione incredibile". Ma anche su questa pretesa precisione egli ha qualcosa da ridire: il prezzo che si deve pagare è l'aggiunta di ben 30 costanti. Insomma, la "precisione incredibile" altro non è che il risultato di aggiustamenti ad hoc. Infine, se aggiungiamo alla fisica quantistica anche la cosmologia, le costanti ad hoc arrivano al numero di 100. Così ci assicura Susskind.

sabato 5 febbraio 2011

Realtà, realismo e realismo ingenuo IV

Il grido di allarme dell'irrealismo contro il "realismo ingenuo"

Già nel primo articolo della professoressa Elena Castellani nella nuova rubrica "Scienza e filosofia" ("Le Scienze", novembre 2008), che ha sostituito la rubrica di Enrico Bellone, "Il pensiero forte", incontriamo il problema del "realismo" scientifico, ma solo come cenno all'interno di generiche considerazioni sullo scopo della scienza. Legata alla questione del "realismo" c'è anche quella della "verità" di una teoria, ma in questo primo contributo l'autrice si limita soltanto a porle entrambe sul tappeto.

Nel secondo articolo ("Le Scienze", gennaio 2009), il titolo significativo "L'attualità del realismo scientifico" farebbe pensare a un rinnovato interesse per una scienza più realistica e meno convenzionale di quella attuale, ma così non è perché il contenuto si concentra solo sul problema particolare della verità delle "teorie di successo". E qui troviamo subito un'affermazione molto discutibile: "Se la realtà fisica sia davvero come le teorie di successo dicono che debba essere, non è una domanda che rientra nell'ambito delle scienze. Nel gergo filosofico si dice che si tratta di una domanda di natura "metafisica"."

mercoledì 2 febbraio 2011

Realtà, realismo e realismo ingenuo III

Nella crisi dell'irrealismo scientifico, che respinge il realismo ingenuo, un'unica certezza: i tempi lunghi della conoscenza umana

Quasi quarant'anni dopo il Dizionario di Abbagnano, Pietro Greco pubblica il suo Dizionario, dove, sotto la voce "Realtà", si domanda tra il serio e il faceto: "Ma i quark esistono davvero? E la Luna se ne sta lì nella sua orbita intorno alla Terra, anche se non la guardo?" E risponde: "No, non fatevi tentare da queste facili risposte dettate dal senso comune. Passereste per ingenui. Anzi, come dicono i filosofi, per realisti ingenui".

Questo prudente sfottò nei confronti dei filosofi della scienza non riesce a mascherare un pessimismo di fondo che si rivela nel saluto che Greco rivolge ai "benvenuti tra i realisti (non più ingenui)", avvertendoli: "Non avete possibilità alcuna di contrastare la critica più radicale al principio della realtà, quella del solipsista", perché la sua logica: esisto solo io e tutto il resto è costruzione della mia immaginazione, "è dotata di un'intima coerenza interna. E non può essere confutata per via dimostrativa".
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