II Il rifiuto del realismo ingenuo per i tempi duri del convenzionalismo fittizio della fisica
Il termine di "realismo" ha avuto fin dall'antichità il privilegio di assumere diverse maschere, dando luogo a molta confusione e incertezza. Per farcene un'idea rivolgiamoci al "Dizionario di filosofia" di Abbagnano, uscito nel 1961. Fino dalle sue origini, il termine di "realismo" non ha privilegiato nessuno dei due poli della opposizione materialismo-idealismo, tanto che "Ad es. Platone è stato classificato realista perché ammette la realtà delle idee (...); ma è stato anche definito idealista in quanto si tratta, per l'appunto, di idee".
A questo proposito, Abbagnano dimentica di citare Berkeley che si diceva realista pur negando l'esistenza della materia, mentre su Kant osserva che il suo realismo empirico "ha assunto vari nomi rimanendo sostanzialmente lo stesso, cioè il riconoscimento della esistenza delle cose indipendentemente dall'atto di conoscere". Però non dice che Kant, eliminando la "cosa in sé" come oggetto di conoscenza, la sostituisce con i "fenomeni", l'esistenza dei quali fa dipendere dalla possibilità dell'intelletto umano, cadendo nel soggettivismo.