mercoledì 29 settembre 2010

L'opposizione di Kant a Hume sul concetto di causa

C'è una parte della "Critica della ragion pratica" che Kant dedica al contrasto tra la propria concezione e quella di Hume in relazione al principio di causalità. Seguendo questa critica avremo modo di comprendere le ragioni del fallimento di entrambe le concezioni. Il pensiero di Hume, come abbiamo già considerato, è fondato sulla connessione di causa ed effetto, giustificata solo dall'abitudine. Per Hume non c'era altro da dire sulla inferenza induttiva in particolare, e sulla possibilità della conoscenza umana in generale: di più la conoscenza umana non poteva pretendere, perché la connessione empirica non permette la determinazione della necessità assoluta e, d'altra parte, non esiste alcuna conoscenza a priori. Se l'apriori non esiste, l'aposteriori garantisce soltanto una necessità soggettiva fondata sull'abitudine. E questo scetticismo rappresenta il risultato più ragionevole a cui possa pervenire il determinismo riduzionistico che ha come oggetto di studio la singola cosa.

Kant non ci sta, perché pretende l'esistenza di una conoscenza a priori (sebbene nell'ambito della causalità a posteriori*). In questo modo, però, non supera Hume, perché sostituisce lo scetticismo giustificabile di Hume con una soluzione convenzionale e fittizia. Ma vediamo il nocciolo del contrasto. Kant critica Hume per aver considerato il concetto di causa falso e ingannevole "e, per parlarne nei termini più miti", "un'illusione scusabile, in quanto l'abitudine (una necessità soggettiva) di percepire spesso certe cose, o le loro determinazioni, l'una accanto o dopo l'altra, come associate nella loro esistenza, è presa senza avvedersene per una necessità oggettiva di porre una tale connessione negli oggetti stessi; e così il concetto della causa è usurpato e non è acquistato in modo giusto,...".

sabato 25 settembre 2010

I confini dell'io sono definiti dalla coscienza

Nel suo articolo "I batteri e i confini dell'io", Gottfried Schatz sostiene che il corpo umano è colonizzato dai batteri in una misura tale da dilatare e rendere incerti i confini dell'io. Ponendoci in quest'ordine di idee, potremmo anche accentuare la cosa ricordando che nel nostro corpo ospitiamo (anzi il nostro corpo è costituito di) moltissime colonie di cellule e non solo di tipo eucariotico, bensì anche ancestrali, somiglianti ai batteri (come lo sono i linfociti del sistema immunitario) o ai virus (come lo sono gli spermatozoi del sistema riproduttivo).

La biologia sperimentale ha scoperto nell'ultimo trentennio che il nostro corpo è costituito di numerosissime colonie di cellule di ogni tipo, di batteri e virus, e in quantità molto superiori a quelle che si potevano immaginare al tempo di Schrodinger e del suo famoso "Che cosa è la vita?". Ora, anche se è difficile, per il modo di pensare deterministico riduzionistico della biologia cellulare, accettare questo complicatissimo universo che è l'individuo umano, realmente un contenitore di contenitori assai diversificati, come non vederne l'estrema complessità?

domenica 19 settembre 2010

Tesi del 1996 sulla evoluzione della materia

Tesi di teoria della conoscenza sulla evoluzione della materia

I] Punto di partenza della teoria della conoscenza: la determinazione del reale rapporto caso-necessità. I processi e i fenomeni della natura appaiono a prima vista un groviglio inestricabile di caso e necessità. Il pensiero umano può districare questo apparente groviglio naturale mediante il pensiero dialettico: i concetti di caso e necessità vanno perciò concepiti come opposti polari che si manifestano l'uno mediante l'altro (determinazione reciproca e rovesciamento nell'opposto).

II] Come si esprime la dialettica caso-necessità in natura, e come può essere riflessa nel pensiero? Ogni forma  materiale inorganica e organica può sorgere soltanto in un processo di sviluppo, nel quale essa rappresenta un dato stadio o momento. Il raggiungimento di questo momento non è altro che il risultato da nessuno voluto del rapporto polare tra il caso relativo ai singoli numerosi oggetti o eventi e la necessità relativa al complesso specifico di questi numerosi oggetti o eventi. La casualità dei numerosi elementi che partecipano a un fenomeno o a un processo naturale si rovescia nella necessità del risultato complessivo, sia esso un atomo, una molecola, un corpo, ecc.; sia esso una cellula, un tessuto, un organismo, ecc.

giovedì 16 settembre 2010

Tra il "procurato allarme" e il "mancato allarme" la reale imprevedibilità del singolo evento-terremoto

Comunque gli esperti e le autorità si comportino e decidano, ad ogni terremoto è sempre la solita storia: o si rientra nella categoria del "procurato allarme" o si rientra in quella del "mancato allarme", e ciò accade proprio perché non esiste teoria scientifica in grado di prevedere il singolo evento-terremoto, e quindi di decidere correttamente se è meglio comunicare in anticipo l'evento catastrofico, ricadendo nella prima categoria, oppure se è meglio intervenire dopo, ricadendo nella seconda.  

Prendiamo spunto per queste riflessioni dal post uscito su "Scienza e rete", "Il terremoto e la comunicazione", di Luca Carra che appartiene alla prima categoria in polemica con un autorevole rappresentante della seconda categoria, Enzo Boschi (direttore dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia). Carra esordisce così: "Un pensatore non accademico, Peter Sandman, ha escogitato una formula che spiega bene i danni della cattiva comunicazione del rischio: R = H + O, dove R è il rischio percepito, H il rischio misurato (hazard) e O l'outrage, cioè il senso di offesa, oltraggio, ingiustizia patita che il pubblico prova ogni qualvolta non viene informato adeguatamente di un rischio".

mercoledì 15 settembre 2010

L'origine della nuova teoria della conoscenza fondata sulla dialettica caso-necessità

Vicende personali imprevedibili e contingenti orientarono l'interesse dell'autore di questo blog nella direzione del rapporto caso-necessità fin dal 1983, ma inizialmente senza risultati degni di nota. Anche l'approfondimento della "Dialettica della natura", nella quale Engels aveva posto il problema del rovesciamento del caso nella necessità, se era riuscito a indicare una strada, non mostrava però né l'ingresso, né alcuna via d'uscita. Finché, in una calda giornata estiva del 1985, un'improvvisa intuizione: i singoli elementi di un complesso vanno posti nella sfera del caso, mentre i complessi appartengono alla sfera della necessità. In sostanza, i singoli elementi di un complesso, in quanto tali, sono sempre soggetti al caso, caso che si rovescia nel suo opposto dialettico: la necessità del complesso stesso. 

L'intuizione fu il risultato di un confronto tra due esempi empirici: il traffico su strada dell'epoca contemporanea (suggerito dall'esodo estivo) e le battaglie della prima guerra mondiale (suggerite da letture storiche di quel periodo). Nel primo esempio, il singolo incidente mortale può essere concepito come effettivamente casuale, mentre se consideriamo il complesso del traffico automobilistico, troviamo frequenze statistiche effettivamente necessarie, perché rendono conto della regolarità e della costanza degli incidenti mortali nel loro insieme.

Nel secondo esempio, le lunghe battaglie della durata di mesi evidenziavano una statistica di elevata mortalità complessiva, all'incirca di frequenza 1/2. Quindi la cieca necessità era facilmente riconoscibile come statistica complessiva, sebbene il singolo fante fosse abbandonato ai capricci del caso secondo la probabilità 1/2. Insomma, la probabilità in se stessa non garantisce nulla all'individuo, e la sorte del singolo rimane imprevedibile, mentre la frequenza stabilisce la certezza del risultato complessivo. Nel nostro esempio, facile stabilire che su un milione di fanti, cinquecentomila sarebbero morti, ma impossibile stabilire a chi sarebbe toccato morire.

La scienza attuale, serva di due padroni contrapposti

L'uomo contemporaneo continua a non essere padrone di se stesso, perché resta debitore della propria esistenza materiale e spirituale verso due padroni: il capitale e la religione. Di conseguenza, anche quella che dovrebbe rappresentare la più alta espressione della coscienza umana, la scienza, rimane essa stessa debitrice della propria esistenza verso il capitale e la religione. In particolare, la comunità scientifica è sottomessa alla religione riguardo ai principi teorici fondamentali ed è sottomessa al capitale riguardo agli interessi pratici fondamentali, costretta nel primo caso ad autoimporsi limiti nelle elaborazioni teoriche e nel secondo ad autoimporsi determinati interessi nella ricerca sperimentale. Privata della guida teorica sottomessa alla religione e privata del genuino interesse alla reale conoscenza sacrificato al capitale, alla scienza contemporanea non rimane che rendere i suoi servizi pratici a quest'ultimo, guidata dal solo principio dell'interesse economico.

Ogni cosa al suo posto, caro Hawking

Qual è il posto della scienza? E qual è quello della religione? La religione è forse il più antico prodotto storico sociale dell'umanità: un'esigenza di spiegare l'inspiegabile, di capire e nel contempo di trovare conforto dai mali del mondo, un'esigenza di protezione e anche di sollievo. La stessa esigenza ha dato origine alla scienza, che, per usare una metafora, è stata partorita dalla stessa teologia: dunque una figlia che, cresciuta, ha preteso camminare con le proprie gambe, inciampando però su un sacro divieto.

domenica 5 settembre 2010

Un'ipotesi banalmente realistica sulla "materia oscura"

Punto di partenza il collasso estremo della materia, che produce la massima densità (erroneamente concepita come singolarità del "buco nero"). Ne consegue che il "big bang" è il primo e il più grandioso collasso estremo. L'ipotesi è dunque la seguente: ogni collasso estremo della materia si risolve nella produzione di "materia oscura" in forma di spinar, disco appiattito con grande momento angolare, e di energia-materia irradiata nello spazio circostante, la quale ruota attorno al suo centro, costituito appunto dallo spinar.

Ipotizziamo inoltre che nel primo collasso estremo (big bang) la materia dell'universo in espansione si divida in parti uguali tra "materia luminosa" e "materia oscura". Avremo così che il 50% della materia nella forma luminosa ruota attorno al suo centro costituito dall'altro 50%, che si trova nella forma oscura della massima densità.

sabato 4 settembre 2010

LHC: da 10^2 GeV a 10^3 GeV: che cosa dobbiamo aspettarci?

Per ottenere la crescita di un fattore 10, risultato ancora incerto, sono state spese energie economiche e tecnologiche formidabili. Ma che cosa può rappresentare il raggiungimento di una “distanza” equivalente a 10^3 GeV, se il distacco dalla “lunghezza di Planck” (10^16 GeV) è praticamente incolmabile? Eppure, “Le Scienze” di Bellone avvalora l’attesa entusiastica di una nuova rivoluzione scientifica. Ma delle due, l’una: o a ogni fattore 10 occorrerà rivoluzionare la fisica, e di conseguenza la specie umana dovrà vedere molte di queste rivoluzioni, oppure bisognerà che la materia faccia la cortesia di confermare tutte le aspettative dei fisici teorici (compresa la Teoria del Tutto) già al livello di 10^3 GeV.

giovedì 2 settembre 2010

Il tempo irreversibile e lo spazio reversibile

La vera contrapposizione, nella questione del tempo, è tra una concezione statica, immutabile dell'universo, in genere concepita dai "geometri" (Platone, Cartesio, Einstein) e una concezione evolutiva della materia del cosmo, che nessuno riesce ancora a concepire. Nel primo caso il tempo è un di più, tanto che Einstein, dopo averlo concepito assieme allo spazio nella forma dello "spazio tempo",  lo ha poi abbandonato a favore di un astratto continuum quadridimensionale immaginario a quattro coordinate generiche: x1, x2, x3, x4.

mercoledì 1 settembre 2010

Riflessione notevole sulla discrepanza storica tra scienza e teoria della conoscenza

Will Durant, in "Gli eroi del pensiero" (1926), ha osservato che "la filosofia greca spiccò un salto ad altezze mai più raggiunte, mentre la scienza greca fece un balzo indietro. Il pericolo di noi moderni è quello precisamente opposto: dati induttivi affluiscono da tutte le parti, come la lava del Vesuvio: noi soffochiamo sotto una congerie di fatti non coordinati: la nostra mente è sopraffatta dalla moltitudine delle scienze coltivate che si moltiplicano nel caos della specializzazione per mancanza di pensiero sintetico e di una filosofia unificatrice. Siamo tutti frammenti di quel che dovrebbe essere un uomo solo e completo".
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