Astronomia e fisica delle particelle: due metodologie opposte
(Continuazione) Nel 2007 sorse una questione fondamentale sulla quale vale la pena di riflettere. Scrive Panek: "L'argomentazione centrale era che l'astronomia e la fisica delle particelle sono due culture distinte. Gli astronomi sono "generalisti" che esplorano la complessità dell'universo caso per caso. I fisici delle particelle sono "fondamentalisti" che affrontano la complessità dell'universo nella speranza di trarne un "fondamento ultimo": una "verità". "L'energia oscura -scrisse*- è un legame unico tra esse, che riflette gli aspetti profondi della teoria fondamentale, apparentemente accessibili, però, soltanto attraverso le osservazione astronomiche"."
Nelle ultime pagine conclusive del suo libro, Panek riassume la situazione rivelando cose molto interessanti. Innanzi tutto scrive: "Gli osservatori avevano fatto il proprio lavoro. Avevano usato supernove, lenti gravitazionali, BAO, ammassi di galassie e la radiazione cosmica di fondo per accumulare dati sempre più solidi a sostegno dell'espansione accelerata, finché la comunità fu concorde: l'effetto era genuino. Poi gli osservatori avevano continuato a fare la loro parte, tentando di capire se l'energia oscura fosse la quintessenza o la costante cosmologica. E avevano continuato a fare il loro lavoro. "L'energia oscura è il pifferaio magico -scrisse White- che attrae gli astronomi al di fuori del territorio a loro familiare e li induce a seguire i fisici delle alte energie in un percorso che porta all'estinzione professionale"."
"Da oltre vent'anni la fisica delle particelle dava la caccia a una sola preda: il bosone di Higgs, l'ipotetica particella che spiegherebbe la presenza di massa nell'universo. Il Tevatron al Fermilab aveva tentato di crearla e ora la sua identificazione era l'obiettivo del Large Hadron Collider di Ginevra. La ricerca della materia oscura aveva già condotto una generazione di astronomi sulla china della caccia alla particella. Quando giunse il decimo anniversario della scoperta dell'accelerazione cosmica, gli astronomi cominciarono ormai a chiedersi se la loro stava diventando una scienza in cerca di un solo numero: W".
In questo modo, continua Panek, l'astronomia entrava nell'arena della "Big Science" grazie a Schmidt. "E nulla era così avido di risorse quanto la ricerca dell'energia oscura". La NASA pose, però, dei limiti (un badget di soli 600 milioni di dollari) a fronte di 1 miliardo di dollari per i satelliti da specchio in orbita. Insomma, per poter pretendere grossi investimenti occorreva dimostrare di poter fare "buona scienza". Ma, in definitiva, che cosa stavano cercando? Cercavano il valore di W, la cui previsione più ragionevole indirizzava su W = -1.
Alla fine, comunque, l'autore confonde un pò le acque con una cattiva sintesi. Ma qui di seguito ci offre qualcosa di molto interessante. "Significava che i teorici si trovavano di fronte allo stesso problema che angustiò Einstein negli ultimi trent'anni della sua vita: come conciliare la fisica del molto grande, la relatività generale, con quella del molto piccolo, la meccanica quantistica". E' proprio su questo punto che si arriva alla questione fondamentale. Vediamo come la riassume Panek.
"I teorici sapevano usare simultaneamente le due teorie, come dimostra la radiazione di Hawking: l'idea di Stephen Hawking secondo cui, mentre la meccanica quantistica comporta l'esistenza di coppie di particelle virtuali all'orizzone di un buco nero [prima assurdità, quantistica], la relatività generale stabilisce che talvolta una delle due particelle di una coppia attraversi l'orizzonte e sparisca nel buco nero, mentre l'altra venga respinta nel "nostro" universo [seconda assurdità, cosmologica]. Ma i teorici non erano ancora riusciti a capire come far funzionare insieme le due teorie: come conciliare una soluzione pari a 0,7 cm con una pari a 10^120. Ciò che rendeva incompatibili le due teorie -e non aveva ancora trovato una descrizione adeguata- era il fondamento della fisica degli ultimi quattro secoli: la gravità stessa". Ben detto! Il problema è sempre stato la comprensione teorica della gravità.
Occorre sottolineare: 1) la questione principale è la gravità che nessuno ha ancora compreso; 2) la seconda questione fondamentale incompresa è il molto piccolo spazialmente che coincide con il molto grande dal punto di vista dell'energia. Il regno della gravità (in atto) è il regno del molto grande spazialmente; il regno dell'energia (in atto) è il regno del molto piccolo spazialmente. Sono due opposti diametrali che si possono "incontrare" soltanto nella materia oscura, a torto chiamata buco nero, la quale manifesta il massimo della gravità e dell'energia nel minimo spazio occupato dalla massima densità della materia.
Ecco come si manifesta la dialettica nella polarità energia-massa o repulsione-attrazione! Il regno delle grandi masse è quello dei grandi spazi e della gravitazione; il regno delle particelle è quello dei piccoli spazi e della repulsione. Entrambi i regni si manifestano come polarità infinito-infinitesimo. Una prima conseguenza è che il concetto di gravità quantistica è un assurdo ossimoro: alle distanze "quantistiche" può esistere soltanto l'energia repulsiva con i suoi "decadimenti", non l'attrazione gravitazionale.
Un'altra conseguenza è la seguente: dire che "si è arrivati a misurare l'attrazione gravitazionale fino a una distanza di 56 micrometri", senza aggiungere che a quella distanza si verifica una crescita di repulsione, anche se siamo ancora molto distanti dalle distanze quantistiche, non aiuta a comprendere, ossia a raffigurarsi, il rapporto polare esistente tra l'energia repulsiva della fisica delle particelle e la massa gravitazionale attrattiva della fisica cosmologica.
Confermano questa tesi le due seguenti domande di Panek: "Ma gli astronomi sanno quale rischio corrono nell'accettare acriticamente la gravità? Perché è così debole?" Poi aggiunge, scetticamente: qualcuno ha proposto come soluzione il fatto che "la gravità è la testimonianza di un universo parallelo". Ma come è possibile che a nessuno sia mai venuto in mente di collegare la perdita di energia all'acquisto di gravitazione e viceversa (fatta eccezione per l'autore di questo blog)?
Siamo all'Epilogo. Scrive Panek: "A volte gli scienziati dicono che occorrerebbe "un nuovo Einstein"." Per lui, invece, occorrerebbe un nuovo Newton: "qualcuno che codifichi la matematica di questo nuovo universo, che unifichi la fisica del molto grande con la fisica del molto piccolo, esattamente come Newton unificò la fisica celeste con la fisica terrestre. Qualcuno che ridefinisca la gravità in forma quantistica". Questa conclusione, pur accettabile come esigenza teorica, conferma la mancanza del pensiero dialettico nella scienza fisica contemporanea.
Ma per la conclusione che segue occorre congratularsi con Panek: "All'inizio del 2010 i risultati del settimo anno di WMAP hanno fornito ultimi aggiornamenti sui parametri che definiscono la nostra realtà, o "realtà". L'età dell'universo è 13,75 miliardi di anni. La costante di Hubble è 70,4. L'equazione di stato (W) è -0,98, o entro il margine di errore di -1,0. E l'universo è piatto, costituito per il 72,8 per cento di energia oscura, per il 22,7 per cento di materia oscura e per il 4,56 per cento da materia barionica (quella di cui siamo costituiti): una misurazione straordinariamente precisa della profondità della nostra ignoranza". Ben detto!
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* Simon White, articolo dal titolo "Fisica fondamentalista: perché l'energia oscura è un male per l'astronomia".
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