La pretesa concezione scientifica del mondo nel manifesto del Circolo di Vienna
Il matematico Hahn, il sociologo Neurath e il logico Carnap, nella "Concezione scientifica del mondo", ricostruiscono la storia del Circolo di Vienna e ne riportano il manifesto, che rappresentò una specie di documento programmatico il cui intento principale fu quello di "depurare" la scienza della natura, considerata puramente empirica, da nozioni metafisiche.
Il punto di partenza fu un seminario del 1923, diretto da Moritz Schlick, professore di filosofia dell'università di Vienna dal 1922. Due anni più tardi, nel 1925, si formò un gruppo di discussione al quale parteciparono studiosi di varie discipline. La prima conferenza, dove fu distribuito il manifesto, nel 1929. I principali membri attivi, oltre allo stesso Schlick specializzatosi in fisica sotto la guida di Max Planck, furono il matematico Hans Hahn, il sociologo Otto Neurath, lo storico delle idee Victor Kraft, il giurista Felix Kaufmann, il matematico Kurt Reidmeister e il fisico Philips Franck.
Antecedenti al seminario, come racconta Franck nella sua autobiografia, furono, dal 1917, le discussioni filosofiche tra studenti universitari che si riunivano ogni giovedì sera in un antico caffé viennese: i più assidui a queste discussioni, oltre a Franck, erano proprio Hahn e Neurath. Quindi, il circolo di Vienna fu il risultato di due gruppi: in ordine cronologico, il primo, quello del caffè viennese (Franck, Hahn, Neurath, ecc.); il secondo, quello sorto dal seminario (Schlick, Waisman, Feigl, ecc.). Entrambi i gruppi erano influenzati dal pensiero di Ernst Mach, al quale va attribuita l'idea di "depurare" la fisica, intesa come scienza empirica, da nozioni metafisiche, idea che egli condivideva con altri fisici come Duhem e Poincaré. Infine, non va neppure sottovalutato l'influsso che su di loro ebbe Einstein con la sua teoria della relatività.
La prima cosa che salta agli occhi nel valutare la formazione del Circolo di Vienna è la composizione specialistica: prevalgono i fisici e i matematici, completamente assenti i biologi; al loro posto, alcuni rappresentanti delle cosiddette scienze umanistiche: un sociologo, un giurista e uno storico-logico. Non mancò neppure l'avvallo del diritto giuridico a un'operazione ideologica che, come vedremo, si è arrogata il dovere di mettere fuori legge il pensiero teorico accumulato in secoli e millenni di storia del pensiero umano.
Il manifesto del Circolo di Vienna inizia così: "La concezione scientifica del mondo è caratterizzata non tanto da tesi peculiari, quanto piuttosto, dall'orientamento di fondo, dalla prospettiva, dall'indirizzo di ricerca. Esso si prefigge come scopo l'unificazione della scienza". Anni di discussioni tra studenti, riprese in seguito dagli stessi, divenuti nel frattempo specialisti in varie discipline, discussioni che non avevano prodotto alcun risultato teorico, produssero una decisione programmatica: quella, nientemeno, di unificare tutta la scienza. Ma su quali basi? "Da questo programma -continua il manifesto- derivano l'enfasi sul lavoro collettivo, sulla intersoggettività, nonché la ricerca di un sistema di formule neutrali, di un simbolismo libero dalle scorie delle lingue storiche, non meno che la ricerca di un sistema globale di concetti. Precisione e chiarezza vengono perseguite, le oscure lontananze (?) e le profondità impenetrabili (!) respinte. Nella scienza non si dà profondità alcuna; ovunque è superficie (sic!)."
Insomma, non riuscendo a risolvere le difficili questioni di teoria della conoscenza, in quanto troppo profonde e impenetrabili per loro, questi specialisti nelle più diverse discipline hanno deciso che la scienza è solo superficie! Hanno stabilito che le "lingue storiche" (ovvero le teorie del passato), con i loro concetti impenetrabili sono inservibili! Di conseguenza, hanno programmato di ricercare "un sistema globale di concetti" e di "formule neutrali" nell'illusione di poter guadagnare in "precisione e chiarezza".
E questa sarebbe una concezione scientifica non fondata su "una tesi particolare", che esprime soltanto un "orientamento di fondo"? No, dichiarare l'abolizione delle teorie del passato e sentenziare che la scienza è solo superficie sono tesi particolari! E neppure nuove, tanto assomigliano alla concezione immediatistica di Jacobi criticata da Hegel. La dichiarazione d'aver fatto tabula rasa delle "lingue storiche" non è perciò esatta: il Circolo di Vienna, nonostante il suo presuntuoso verbalismo programmatico, non ha fatto altro che rifugiarsi nel vecchio empirismo, anzi nella sua versione più ingenua, a suo tempo ridicolizzata da Hegel nella Logica.
Vantando affinità con i sofisti e gli epicurei e dissociandosi dai platonici e dai pitagorici, il manifesto del Circolo di Vienna, con una presunzione che non ha eguali per infondatezza, dichiarava: "La concezione scientifica del mondo non conosce enigmi insolubili. Il chiarimento delle questioni filosofiche tradizionali conduce, in parte, a smascherarle quali pseudo-problemi, in parte, a convertirle in questioni empiriche. soggette, quindi, al giudizio della scienza sperimentale". Essendo stati incapaci non solo di risolvere, ma persino d'impostare correttamente le difficili questioni della teoria della conoscenza, gli specialisti del Circolo di Vienna le hanno negate come inesistenti, etichettandole come pseudo-problemi, e risolvendosi di accettare soltanto questioni futili, immediatamente empiriche, "soggette al giudizio della scienza sperimentale". Nulla di nuovo dunque fin qui, se non per una adesione quasi manichea all'empirismo.
La novità viene ora e consiste nel fatto che questi signori, per realizzare il loro programma di empirismo estremo, chiamato neoempirismo, liberato "dalle scorie delle lingue storiche" (sic!), hanno preteso inventare e imporre persino una nuova lingua, quasi un esperanto delle scienze, tanto artificiale quanto vuoto. E questa nuova lingua è stata chiamata analisi logica che "distingue essenzialmente il nuovo empirismo e positivismo da quello anteriore che era orientato in senso più biologico-psicologico". E tanto per avere un'idea del nuovo metodo di analisi logica: "Se qualcuno afferma: "esiste un dio", "il fondamento assoluto del mondo è l'inconscio", "nell'essere vivente vi è un'entelechia come principio motore", noi non gli rispondiamo: "quanto dici è falso", bensì a nostra volta gli poniamo un quesito: "che cosa intendi dire con i tuoi asserti?"
Come abbiamo già osservato in altro luogo, i nuovi logici formali pretendono sapere il significato del significato di questa o quella singola asserzione, come se fosse possibile considerare, ad esempio, la singola asserzione "esiste un dio", isolata dalle molteplici dottrine fondate sulla esistenza di questo o quel dio (che nei secoli hanno accumulato milioni di volumi). Del resto, spiegare una qualsiasi proposizione presuppone sempre che questa sia ricondotta al suo contesto complessivo, ciò che richiede una notevole conoscenza del tema in questione, e non solo da parte di chi spiega, ma anche da parte di chi pone domande e riceve risposte. Questo è il motivo per cui è sempre improbo rispondere a domande poste da bambini, quali "perché il Sole tramonta?"
Ma se anche persone di cultura chiedessero spiegazioni sull'evoluzione del cosmo persino gli specialisti, gli astrofisici, si troverebbero in grave imbarazzo. E per quale motivo? Perché l'asserzione "evoluzione del cosmo" è un concetto complesso che riassume una serie di concetti dai più complessi ai più elementari. Comunque, se immaginassimo che un logico formale, per nulla imbarazzato, chiedesse, ad esempio, all'autore di questo blog: "Che cosa intendi tu per "evoluzione del cosmo""? Potrei solo rispondere: "te la senti di ricevere una lunga spiegazione dell'evoluzione della materia a partire dal big bang fino all'uomo, e poi ancora fino alla contrazione dell'universo e alla fine di questo ciclo?" Dopo di che gli metterei i miei volumi sotto il naso*. (Continua)
* All'epoca, negli anni '90, avrei risposto ipoteticamente così. Oggi, lo inviterei a leggere tutti i post di questo blog che riguardano l'argomento.
------
Tratto da "Il caso e la necessità - L'enigma svelato - Volume primo Teoria della conoscenza (1993-2002)
Nessun commento:
Posta un commento