martedì 31 ottobre 2017

La cieca necessità dell'impero nell'antichità 1)*

Il dispotismo asiatico delle satrapie era fondato sul tributo, ma anche Atene utilizzava il tributo oltre al commercio e all'artigianato. Nell'impero romano troviamo non solo il tributo ma anche l'usura su larga scala. Il tributo è, comunque, una costante nell'antichità. L'impero si distingue dalle città stato, dalle satrapie e dai popoli nomadi perché rappresenta, nell'antichità, la concentrazione politica che garantisce la centralizzazione dei tributi.

Che cosa mancò ad Atene per divenire Impero? Non certo la capacità di riscuotere tributi, ma la loro riscossione su larga scala. Roma diventò un impero perché riuscì a sottomettere vasti territori e numerosi popoli ottenendo una base tributaria molto ampia, e perché la sua "industria" della guerra realizzò quella centralizzazione economica del tributo a cui doveva corrispondere, nell'antichità, la forma politica dell'impero.

sabato 28 ottobre 2017

Una bizzarra conseguenza del rifiuto teologico del grande dispendio naturale

Può sembrare paradossale, ma  nel momento stesso in cui si affermò l'economica concezione meccanicistica cartesiana, e si cercarono vari princìpi economici del "minimo" per dimostrare la saggezza della provvidenza divina, s'impose la teoria della pluralità dei mondi, da quella più ristretta, che solo la luna fosse popolata, a quella più ampia, che l'universo fosse infinito e ogni stella rappresentasse il centro di un sistema planetario.

Insomma, per non dovere accettare il grande dispendio naturale, gl'ingegni del Seicento finirono con l'accettare la pluralità dei mondi: così pensavano Brahe, Keplero e Galileo; e Descartes pensava che esistessero nell'universo una pluralità di sistemi solari abitati, e il prete puritano John Wilkins si diede da fare per conciliare questa concezione cosmologica con la teologia.

Ricaviamo queste notizie dallo storico della scienza, S.F. Mason**: si tratta di fatti poco noti, perché quasi dimenticati dalla letteratura ufficiale, la quale, per sua natura, smussa gli angoli acuti delle contraddizioni come qualcosa di sconveniente. Ma la tendenza a mostrare la storia del pensiero scientifico come qualcosa di assolutamento assennato e giudizioso, che mostra imbarazzo per concezioni come quella della pluralità dei mondi, non fa che nascondere le vere difficoltà che questo pensiero ha trovato nel suo percorso: la principale fra tutte, la necessità della coerenza logica.

lunedì 9 ottobre 2017

Dimenticare non è una falla

Su "Le scienze" del 22 giugno 2017, troviamo un articolo dal titolo "Le dimenticanze che ci rendono più intelligenti"

"Dimenticare non è una falla nella nostra capacità di ricordare, ma un processo che ci consente di trattenere solo le informazioni essenziali per adattarci in modo intelligente a nuove situazioni, tralasciando i dettagli inutili: è questo il nuovo modello che emerge da una revisione di studi sui processi di memoria e di oblio e da alcune sperimentazioni."

E' proprio vero che gli "scienziati" che pretendono sperimentare, riducendole a piccole dimensioni, faccende gigantesche come la memoria umana, o meglio che pretendono sperimentare faccende complesse riguardanti i prodotti del cervello umano, finiscono sempre col cadere nelle amenità.

giovedì 5 ottobre 2017

9] La discutibile metafora della "freccia del tempo"

L'astrofisico D. Layzer, in un suo articolo "La freccia del tempo" (1976), dopo aver accennato all'evoluzione della materia, scrive: "Tutti questi processi hanno qualcosa in comune: generano ordine, ossia informazione, trasformano uno stato semplice in uno più complesso. Per usare un'espressione di Sir Arthur Eddington, indicano in che direzione è orientata la "freccia del tempo", definiscono quella che chiamerò la freccia "storica" del tempo. Paradossalmente è possibile definire la direzione del tempo anche per mezzo di una classe completamente opposta di processi: quelli che distruggono l'informazione e generano disordine".

Come esempio di processo di secondo tipo Layzer cita il dissolversi della zolletta di zucchero in una tazza di tè caldo, e conclude: "I processi irreversibili che distruggono l'informazione macroscopica (nel nostro esempio la diffusione molecolare, la viscosità e la conduzione del calore) sono manifestazioni del secondo principio della termodinamica. Questo principio stabilisce che tutti i processi naturali generano entropia, essendo l'entropia una misura del disordine. La distruzione irreversibile dell'ordine macroscopico  definisce quella che chiamerò freccia "termodinamica" del tempo".

Se i due tipi di processi sono diametralmente opposti, in relazione al concetto di ordine e di informazione, allora tempo storico e tempo termodinamico dovrebbero essere, nella concezione di Layzer, opposti diametrali. In realtà, essi  vanno nella stessa direzione e indicano l'irreversibilità dei processi sia storici che termodinamici. Per quale ragione, allora, distinguere due opposti tipi di processi che seguono due tempi diversi pur nella stessa direzione irreversibile? I concetti di tempo storico e di tempo termodinamico servono a Layzer per mascherare il circolo vizioso secondo il quale, definita l'entropia come misura del disordine, rimane inspiegabile il fatto che la maggior parte dei processi irreversibili della natura si sviluppino nella direzione dell'ordine e della complessità.

Marco Cattaneo e la crisi della teoria scientifica

A Dicembre del 2016, la rivista "Le Scienze" presentava un editoriale di Marco Cattaneo molto più pessimista del solito nei confronti della scienza contemporanea, la quale, ormai, pullula di equipe di scienziati. Basta leggere le seguenti righe per farsene un'idea: "C’era una volta la peer review. Poi è arrivato il publish or perish, perché nella scienza moderna la pubblicazione del proprio lavoro di ricerca è lo strumento d’eccellenza per giudicare il lavoro di uno scienziato, ma anche –o forse soprattutto– la sua reputazione e il suo accesso ai finanziamenti, per i quali si è scatenata una competizione senza precedenti."

Insomma, non è soltanto la caccia ai finanziamenti, ma è la sperimentazione (che fa guadagnare consensi, fama ecc.) a imporsi sulla teoria scientifica. Quindi si sperimenta tutto e non si teorizza niente. I finanziamenti ne sono una conseguenza, perché si sperimenta su tutto ciò che può avere una ricaduta economica.

lunedì 2 ottobre 2017

8] L'entropia impone alla natura l'involuzione dall'ordine al disordine

E' destino del pensiero metafisico interpretare il mondo mediante teorie diametralmente opposte. Così, le opposte concezioni, il determinismo e l'indeterminismo, l'uno fondato sulla necessità e l'altro fondato sul caso, hanno concepito uno svolgimento lineare che privilegia, rispettivamente, l'ordine (la necessità) e il disordine (il caso).

Riguardo al cosmo si sono avvicendate, però, due concezioni che sembrano, a prima vista, non seguire il passaggio o dall'ordine all'ordine o dal disordine al disordine. Il motivo è che se si concepisce uno svolgimento dei processi naturali e sociali che degrada verso il disordine, come fa la termodinamica, si è costretti a immaginare un inizio ordinato. All'opposto, se si concepisce uno svolgimento di quei processi che progrediscono sempre più verso la necessità e l'ordine, come hanno fatto i deterministi dei secoli passati, è inevitabile pensare a un inizio caotico e disordinato.

Ma questo apparente passaggio dell'ordine al disordine o, viceversa, dal disordine all'ordine, è fittizio, perché rappresenta soltanto una faccenda iniziale. Infatti, per gli indeterministi termodinamici, l'ordine iniziale viene meno di colpo perché sostituito da un continuo aumento del disordine; viceversa, per i deterministi, il disordine iniziale viene subito sostituito da un ordine crescente che realizza un progressivo aumento dell'ordine grazie alla connessione di causa ed effetto.
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