mercoledì 29 dicembre 2010

La dialettica repulsione-attrazione della materia (parte seconda)

Riportiamo integralmente il seguente paragrafo:

La legge del dispendio in fisica

Nella concezione dialettica il dispendio dell'energia è fondamentale per la creazione delle forme materiali. In questo paragrafo riassumeremo le riflessioni, fin qui sviluppate, per precisare la natura di questo dispendio  in quanto dipendente dalla dialettica naturale di caso e necessità.

Dire energia significa dire non soltanto che essa è il contenuto essenziale di ogni forma materiale, la cui caratteristica più evidente è la massa, ma soprattutto che originariamente essa rappresenta il caos della materia informe. Il punto di partenza di ogni ciclo universale è il caso: l'energia allo stato primigenio si manifesta in maniera informe e caotica.

Come si rovescia la casualità delle infinite particelle energetiche nella necessità dei complessi o forme materiali? Mediante decadimenti successivi, che comportano un grande dispendio di energia. Abbiamo visto che la questione si riduce a questo: la repulsione genera il suo opposto, l'attrazione; solo così l'energia repulsiva genera la massa attrattiva, e ciò è coerente con la generazione della necessità attraverso il caso, dell'ordine attraverso il disordine.

domenica 26 dicembre 2010

Indagine sulla dialettica hegeliana per la soluzione dei rapporti di caso-necessità, possibilità-realtà, causa-effetto (parte terza)

La critica hegeliana al "sapere immediato" di Jacobi

Sebbene la concezione di Jacobi, fra quelle fin qui esaminate, sia la più ingenua e superficiale, eppure, proprio per questo, permette di togliere loro la maschera: la concezione infantile qui gioca il ruolo del bambino nella favola del re nudo. Basti pensare che, se il criticismo kantiano, giungendo alla conclusione che il pensiero non può comprendere la verità oggettiva, si deve rifugiare nel dover essere, il sapere immediato di Jacobi, giungendo alla stessa conclusione, si rifugia nella fede, nelle credenze. "Nell'uso linguistico di questo modo di filosofare accade che la parola fede venga pronunziata anche in relazione alle cose ordinarie del presente sensibile. Noi crediamo, dice Jacobi, di avere un corpo; noi crediamo all'esistenza delle cose sensibili" (Hegel, "Enciclopedia").

Seguiamo l'indagine di Hegel: "Nella filosofia critica, il pensiero è concepito come soggettivo, e il suo ultimo e invincibile carattere è l'universalità astratta, l'identità formale; il pensiero vien in tal modo opposto alla verità, che è universalità in sé concreta". "Il punto di vista opposto è nel concepire il pensiero come attività solo del particolare e dichiararlo, per questa via, parimenti incapace di comprendere la verità".

Il "punto di vista opposto" di Jacobi porta il riduzionismo alle sue estreme conseguenze: infatti esso ammette, come oggetto della conoscenza, solo le singole cose, e soltanto le connessioni singole tra singole cose. "Spiegare e comprendere significa, secondo questo indirizzo, mostrare una cosa mediata da un'altra: ogni contenuto è perciò solo particolare, dipendente, finito; l'infinito, il vero, Dio, resta fuori dal meccanismo di questa connessione in cui il conoscere è rinserrato". "Questo punto di vista non si accontenta di aver mostrato che il sapere mediato, preso isolatamente, è insufficiente per la verità; ma la sua peculiarità consiste nell'affermazione che il sapere immediato, preso isolatamente, con l'esclusione della mediazione, abbia contenuto di verità". "Il sapere immediato dev'essere preso, dunque, come fatto".

giovedì 23 dicembre 2010

La dialettica repulsione-attrazione della materia (parte prima) (da "Il caso e la necessità -l'enigma svelato- volume secondo Fisica)

Sotto questo titolo compariranno alcuni post nei quali saranno citati ampi stralci del suddetto libro inedito dell'autore di questo blog, sia in forma di interi paragrafi sia in forma di singole citazioni commentate. Questo materiale, concepito nel 1996, permette al lettore di stabilire la precisa periodizzazione del sorgere di una fondamentale tesi sulla evoluzione della materia.

I   L'evoluzione delle forme materiali e la legge del dispendio

Partiamo dal primo paragrafo del capitolo IV: "Il dispendio si manifesta nel "difetto di massa", che rappresenta il deficit di energia delle forme materiali rispetto all'energia degli elementi che, per dirla alla Hegel, sono tramontati nelle forme materiali stesse. Questo deficit è il risultato di emissione di energia, il che equivale a una diminuzione di repulsione, cui corrisponde un aumento di attrazione che stravolge l'esistenza indipendente degli elementi e li fa "annullare" nel complesso. Ma, viceversa, ogni assorbimento di energia, che raggiunga e superi la soglia del difetto di massa, fa prevalere di nuovo la repulsione la quale provoca la distruzione della forma materiale e la espulsione degli elementi, ricostituiti nella forma originaria.

Ciò che alla fisica contemporanea continua ad apparire come forza di legame tra componenti, tenuti insieme in un composto, è invece il reale prevalere dell'attrazione sulla repulsione che crea un complesso, o forma materiale, nel quale i singoli costituenti, ovvero le forme materiali di livello inferiore, scompaiono come entità autonome".

domenica 19 dicembre 2010

Indagine sulla dialettica hegeliana per la soluzione dei rapporti caso-necessità, possibilità-realtà, causa effetto (parte seconda)

La critica di Hegel all'impostazione metafisica dell'empirismo Humiano e del criticismo kantiano

La prima concezione che Hegel prende in considerazione è la vecchia metafisica, il cui modo di procedere ingenuo "senz'ancora aver coscienza del contrasto del pensiero in sé con se stesso, contiene la credenza che, mediante la riflessione, si conosca la verità e si acquisti la coscienza di ciò che gli oggetti veramente sono. In questa credenza, il pensiero va diritto agli oggetti, riproduce il contenuto delle sensazioni e delle intuizioni facendolo contenuto del pensiero, e ne è soddisfatto come della verità. Tutta la filosofia nei suoi cominciamenti, tutte le scienze, ed anche il modo di procedere quotidiano della coscienza, vivono di tale credenza". (I passi qui riportati sono tratti dall'"Enciclopedia")

E' questo il senso comune metafisico, "che divenne dommatismo, perché, seguendo la natura delle determinazioni finite, doveva ammettere che di due affermazioni opposte, come ne porgevano quelle proposizioni, l'una dovesse essere vera, l'altra falsa". Questo modo di pensare procede, quindi, per antitesi assolute, tra le quali, le principali sono: "accidentalità e necessità; necessità esterna ed interna; cause efficienti e finali, o causalità in genere e finalità; essenza o sostanza ed apparenza; forma e materia; libertà e necessità; felicità e dolore; bene e male". Dunque, le principali polarità del pensiero dialettico furono originariamente concepite in opposizione diametrale tra loro, nella filosofia, e continuarono ad esserlo nella scienza moderna e nel senso comune.

giovedì 16 dicembre 2010

Le illusioni perdute della "più fondamentale delle scienze"

In più occasioni abbiamo criticato il riduzionismo di origine cartesiana nella forma che pone come oggetto della scienza il singolo elemento semplice di un complesso; mentre abbiamo trascurato come inessenziale la seconda forma, quella che riconduce tutte le scienze della natura alla "più fondamentale delle scienze": la matematica-fisica. Sembrano due forme distinte e indipendenti: in realtà la seconda è uno sproposito madornale derivato dalla prima che costituisce un profondo errore di teoria della conoscenza.

In sintesi, che cosa sosteneva Cartesio? Il suo metodo della riduzione dalle idee complesse alle idee semplici partiva dal presupposto che le prime sono involute e oscure, perciò devono essere ridotte per gradi alle seconde, "e poi dall'intuito di tutte le più semplici" si deve "salire per i medesimi gradi alla conoscenza di tutte le altre" ("Discorso sul metodo"). In questo modo egli separò metafisicamente il semplice dal "composto", senza alcuna consapevolezza del fatto che il "semplice" rappresenta il singolo elemento casuale dei numerosi elementi che costituiscono il complesso necessario.

Ma Cartesio poteva ritenere di risolvere le "oscurità" riducendole alla determinazione del semplice, per poi indagare come il semplice viene a comporsi, perché partiva dalla premessa, allora comunemente accettata, che la natura fosse immutabile, a somiglianza di una macchina. Il riduzionismo cartesiano aveva la sua ragion d'essere in una natura immutabile, data una volta per tutte, per la quale ogni cosa era posta sullo stesso piano, come parte di un meccanismo complicato.

mercoledì 15 dicembre 2010

Due forme di memoria in reciproca contraddizione

Un argomento che vale la pena di approfondire, poco sviluppato nella teoria della conoscenza, è la contraddizione esistente tra la forma di pensiero filosofico-concettuale e la forma di pensiero matematico-fisica: forme polarmente opposte che derivano dalla fondamentale contraddizione esistente tra la memoria concettuale e la memoria visiva. Abbiamo già preso in considerazione la memoria straordinaria in senso generale. Come tutti i fenomeni la memoria si manifesta con minore o maggiore intensità fino ai due estremi opposti di esagerazione per difetto o per eccesso:  la smemoratezza o la memoria straordinaria.

Se ora consideriamo le due forme di memoria polarmente opposte, possiamo affermare che valgono per entrambe le situazioni estreme e quella intermedia. Avremo così non solo per la memoria visiva ma anche per quella concettuale individui molto o poco dotati. Hegel, ad esempio, era dotato di una memoria concettuale straordinaria, tanto da non riuscire a perdersi neppure nelle sue elucubrazioni più lambiccate e oscure. Al contrario, Fermi ha rappresentato un esempio di eccezionale memoria visiva, una memoria enciclopedica.

martedì 14 dicembre 2010

La super memoria: il peggior nemico della riflessione

Il punto fondamentale è la contraddizione esistente tra la riflessione concettuale sulla essenza delle cose, dei fenomeni e dei processi e l'eccessiva memoria dei loro minuti particolari. Se questo vale per il singolo individuo, vale anche per l'intera comunità di studiosi, scienziati e storici. Ma vale anche per la tecnologia dei computer che assicura una smisurata memoria e il supercalcolo veloce. L'eccesso di memoria, già individuato in rari individui, è oggi a disposizione di tutti, persino degli smemorati cronici, grazie alla tecnologia dei computer. Il guadagno ottenuto con la quantità dei dati incamerati, registrati, e con la velocità del calcolo, si rovescia nella perdita di comprensione: più cresce l'oceano dei dati empirici e numerici che ci investe, più diminuisce la capacità della comunità scientifica di comprendere l'essenza della realtà.

La novità, rispetto al passato, è che i problemi creati ai rari individui dalla loro supermemoria si estendono a tutti in proporzione all'uso del computer, con la pratica di Internet. Ora qual è il principale problema creato all'individuo dalla supermemoria? Il fatto che non riesce a dimenticare nulla, neppure i momenti peggiori, le offese e persino le impressioni più insignificanti. Con una mente così ingombra e continuamente soggetta a sensazioni e impressioni sempre vive, viene a mancare quel distacco, quella calma della riflessione, quella concentrazione della mente distaccata dal sé, in definitiva la possibilità di riflettere freddamente sulle questioni fondamentali.

lunedì 13 dicembre 2010

Memoria della conoscenza e conoscenza della memoria: Hegel e Diderot

Per Hegel l'individuo è un "serbatoio" di sensazioni, conoscenze, pensieri "senza esistenza". Nell'enciclopedia, egli osserva: "Ogni individuo è una ricchezza infinita di sensazioni, rappresentazioni, conoscenze, pensieri ecc.; ma io sono, tuttavia, perciò affatto semplice: un fondo indeterminato, nel quale tutto ciò è serbato, senza esistere. Solo quando io richiamo alla mente una rappresentazione, io la porto fuori da quell'interno all'esistenza innanzi alla coscienza". Le conoscenze sono conservate senza esistere; ed esistono solo quando sono richiamate alla mente: "Così l'uomo non può mai sapere quante conoscenze egli di fatto serba in sé, quantunque le abbia dimenticate: -esse non appartengono alla sua attualità, alla sua soggettività come tale, ma soltanto al suo essere in quanto è in sé".

La questione del serbatoio di conoscenze, che non esiste se non è richiamato all'attualità della coscienza, viene semplicemente concepita come faccenda di memoria: così appare che il ricordare sia l'aspetto principale. Se così fosse, che cosa accadrebbe se, ad esempio, la conoscenza acquisita dallo studio di migliaia di volumi fosse sempre immediatamente presente alla coscienza? La risposta a questa domanda va cercata nel paradosso della cosiddetta memoria prodigiosa di rari individui nei quali il serbatoio di conoscenze è sempre immediatamente presente alla coscienza, essendo sempre appartenente alla loro attualità.

domenica 12 dicembre 2010

Il fenomeno e la legge scientifica

Possiamo affermare che la dialettica hegeliana ha in sé la soluzione del "rapporto del pensiero con la realtà", aspetto questo che, come abbiamo già visto, fu affrontato da Marx nel suo saggio giovanile sulla differenza tra la filosofia di Democrito e quella di Epicuro. In questo paragrafo ci occuperemo del rapporto del pensiero con la realtà nella forma del rapporto delle leggi scientifiche con il mondo reale. Hegel prima distingue il mondo riflesso in sé dal mondo dei fenomeni, poi considera la relazione dell'uno con l'altro. Poiché l'essenza deve apparire, "l'essenza che esiste è la cosa, e questa è apparenza o fenomeno". Ora, la cosa che esiste è diversa dalla cosa che è: "La cosa viene distinta dalla sua esistenza, come il qualcosa può venir distinto dal suo essere". Ne consegue "la differenza di cosa in sé e di esistenza esteriore". Semplificando, il fenomeno contiene in sé questa distinzione, la quale si presenta come differenza tra ciò che nel fenomeno è destinato al sorgere e al perire, e ciò che invece permane.

giovedì 9 dicembre 2010

Passato e futuro: i tempi lunghi della necessità. Presente: il tempo breve della casualità

"Tutto, si dice, nasce e muore nel tempo, se si astrae da tutto, vale a dire dal riempimento del tempo, e anche dal riempimento dello spazio, restano il tempo vuoto e lo spazio vuoto, -cioè si pongono e si rappresentano allora codeste astrazioni dell'esteriorità come se esse fossero per sé. Ma non è già nel tempo che tutto nasce e muore; il tempo stesso è quel divenire, nascere e morire; è l'astrarre che insieme è; è Kronos, produttore di tutto e divoratore dei suoi prodotti". L'idealista Hegel pone in luogo della evoluzione della materia, dove le forme materiali nascono e muoiono, il tempo astratto, simile a Kronos. La maschera mitologica nasconde la dispendiosa evoluzione della materia che produce e divora tutti i suoi prodotti.

Per Hegel, "Il finito è passeggero e temporale". "Perciò solo le cose naturali sono soggette al tempo, essendo finite: il vero, per contrario, l'idea, lo spirito, è eterno". Le cose naturali sono le forme materiali passeggere e temporali. Come si vede, nel concetto di tempo è contenuta l'idea dell'inizio e del termine: tutto ciò che è temporale, è soggetto al nascere e al perire. L'eternità appartiene a ciò che non ha inizio né termine, ossia, che non ha tempo. Con buona pace di Hegel e di tutti gli idealisti, è la materia che non ha tempo ed è perciò eterna, mentre sono le forme materiali prodotte dalla evoluzione della materia in ogni ciclo universale che hanno un tempo e perciò sono finite. E lo spirito, il prodotto più elevato di una forma materiale: il cervello umano, è tra le cose più brevi e passeggere che l'evoluzione della materia eterna possa produrre ad ogni ciclo.

lunedì 6 dicembre 2010

Indagine sulla dialettica hegeliana per la soluzione dei rapporti caso-necessità, possibilità-realtà, causa-effetto (parte prima)

Premessa al pensiero di Hegel

L'introduzione di Hegel alla "Enciclopedia" può servire come premessa al pensiero hegeliano sulle difficili questioni riguardanti i rapporti di caso e necessità, possibilità e realtà, causa ed effetto, in relazione ai quali egli ha criticato l'empirismo scettico di Hume, la critica trascendentale di Kant, il sapere immediato di Jacobi e ha elaborato la sua concezione dialettica. 

Hegel inizia distinguendo le rappresentazioni dai pensieri: "Sentimenti, intuizioni, appetizioni, volizioni, ecc., in quanto se ne ha coscienza, vengono denominati, in genere, rappresentazioni: si può dire perciò, in generale, che la filosofia pone, al posto delle rappresentazioni, pensieri, categorie e, più propriamente, concetti. Le rappresentazioni in genere possono essere considerate metafore dei pensieri e dei concetti". Egli poi deplora la "mancanza d'abitudine a pensare astrattamente": "alla coscienza sembra come se, col toglierle il modo della rappresentazione, le sia tolto il terreno, che era suo fermo e abituale sostegno". E ne attribuisce la responsabilità sia alla coscienza ordinaria, i cui pensieri "sono vestiti ed uniti con la consueta materia sensibile e spirituale", sia alla "impazienza di voler innanzi a sé in forma di rappresentazione ciò che nella coscienza sta soltanto come pensiero e concetto".

Così, anche Hegel inizia la sua indagine distinguendo ciò che riguarda l'esperienza sensibile, che chiama rappresentazione, da ciò che riguarda l'intelletto, ossia il concetto; distinzione questa, che riflette la differenza tra ciò appare e ciò che è reale. Dopo aver sottolineato che "l'esistenza è, in parte, apparizione, e solo in parte realtà", egli osserva che a parecchi sono sembrate strane le seguenti "semplici proposizioni": "Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale". E giustamente obietta: "Nella vita ordinaria si chiama a casaccio realtà ogni capriccio, l'errore, il male e ciò che è su questa linea, come pure qualsivoglia difettiva e passeggera esistenza. Ma già anche per l'ordinario modo di pensare, un'esistenza accidentale non meriterà l'enfatico nome di reale": "l'accidentale è una esistenza che non ha altro maggior valore di un possibile, che può non essere allo stesso modo che è".

domenica 5 dicembre 2010

L'inevitabile fallimento della fisica teorica - parte terza

Che cosa mai potrà garantire l'LHC?

Dice Smolin (sempre in "L'UNIVERSO SENZA STRINGHE", 2006)  che uno modo "di reagire al fallimento di una grande teoria consiste nel cercarne un'altra più grande". Le simmetrie non funzionano? Allora dovranno funzionare le supersimmetrie! Ma sono passati decenni senza alcun risultato! Così tutto è affidato alle risposte del Large Hadron Collider.

Se al momento della stesura del suo libro, nel 2006, l'autore prevedeva che l'LHC sarebbe entrato in funzione nel 2007, dopo il guasto del 2008 l'acceleratore ha ripreso a funzionare soltanto nella primavera del 2010 e, al momento (22 agosto 2010), ancora nessun risultato. Chi scrive, da molti anni, ha previsto che l'LHC non risolverà i problemi della fisica teorica non potendo né verificare né falsificare le cosiddette previsioni, a meno di imprevedibili e strani aggiustamenti "ad hoc".

Sembra che anche Smolin sia assai scettico se scrive: "I fisici delle particelle sperano ardentemente che questa macchina porrà fine alla nostra crisi. Innanzi tutto, vogliamo che l'LHC osservi la particella di Higgs (...) Se non succederà, ci ritroveremo in un mare di guai. Tuttavia il settore in cui la posta è più alta è quello della supersimmetria. Se l'LHC osserverà la supersimmetria, i suoi ideatori riceveranno senza dubbio un Nobel. In caso contrario, saranno distribuiti berretti d'asino: non a loro, poiché ideare un nuovo genere di teoria non ha nulla di vergognoso (!), ma a quelli della mia generazione che hanno trascorso tutta la carriera a sviluppare questa teoria".

giovedì 2 dicembre 2010

L'inevitabile fallimento della fisica teorica - parte seconda

Le ragioni della crisi della fisica teorica

Scrive Smolin (Sempre in "L'UNIVERSO SENZA STRINGHE" 2006) che "Negli ultimi trent'anni, i teorici hanno propo­sto almeno una dozzina di nuovi approcci, tutti motivati da ipotesi convincenti (sic!), ma finora nessuno ha avuto successo. Nel regno delle particelle questi approcci comprendono la teoria del technico­lor, i modelli basati sui preoni e la supersimmetria; nel dominio dello spazio-tempo (!), la teoria dei twistor, gli insiemi causali, la supergravità, le triangolazioni dinamiche e la gravità quantistica a loap. Alcune idee sono proprio bizzarre come sembrano".

Ma "Una teoria ha suscitato più attenzione di tutte le altre messe insieme: la teoria delle stringhe" che "pretende di spiegare il gran­de e il piccolo - la gravità e le particelle elementari - e a tale fine formula l'ipotesi più audace di tutte le teorie, postulando che il mondo contenga dimensioni finora inosservate e molte più particelle di quante ne conosciamo oggi. Allo stesso tempo, avanza la proposta che tutte le particelle elementari abbiano origine dalle vibrazioni di un'unica entità -una stringa- che obbedisce a leggi semplici e meravigliose. Sostiene di essere la sola teoria che unifica tutte le particelle e tutte le forze in natura e, come tale, permette di for­mulare previsioni chiare e inequivocabili per qualsiasi esperimento si sia mai fatto e che mai si potrà fare".
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