sabato 29 aprile 2017

Perché una nuova teoria della conoscenza fondata sulla dialettica caso-necessità??*

Marx ed Engels hanno ripetuto un'infinità di volte che il modo di produzione capitalistico si comporta come un processo naturale. E avevano ragione. Ma non hanno potuto chiarire definitivamente come opera un processo naturale, perché non sapevano quale fosse la sua logica interna. Soprattutto, non sapevano che essa non aveva nulla a che fare con il determinismo, fatto proprio dalla scienza della natura e dalla teoria della conoscenza dell'Ottocento.

Riprendendo in considerazione la questione, nel lontano 1985, non ho fatto altro che cercare il fondamento logico del modo di procedere della natura, ossia del carattere naturale di un processo. Che cosa contraddistingue un processo naturale? E in che cosa si distingue da un meccanismo artificiale creato dall'uomo, secondo un fine voluto e determinato dalla connessione di causa e effetto?

Per rispondere a questa domanda è stato necessario abbandonare la determinazione di causa-effetto ciò che è stato possibile grazie a una felice intuizione del 1985: si doveva porre in connessione il caso e la necessità  in modo da verificare la dialettica caso-necessità come il contrassegno logico di ogni processo naturale, a cominciare dalla teoria della selezione naturale di Darwin.

giovedì 27 aprile 2017

Lenin e il bicchiere della discordia dialettica

Un pò di storia

Alla fine del 1920 sorsero, all'interno del partito bolscevico, divergenze attorno alla questione della funzione dei sindacati nella produzione. Questo problema pratico occasionò un dibattito teorico sulla dialettica, nel quale si confrontarono i due principali dirigenti del partito bolscevico: Lenin e Bucharin. Ad un certo momento, al centro del dibattito, comparve un ... bicchiere. Il 30 dicembre 1920, Bucharin esordì dicendo: "Compagni, le discussioni che qui si svolgono fanno a molti di voi all'incirca questa impressione: arrivano due persone e si chiedono reciprocamente che cos'è il bicchiere che sta sulla scrivania. L'uno dice: "E' un cilindro di vetro, e sia colpita da anatema chiunque dica che non è così". L'altro dice: "Il bicchiere è uno strumento che serve a bere, e sia colpito da anatema chiunque dica che non è così"."

Con questo esempio popolare, Bucharin intendeva ironizzare sul pensiero metafisico unilaterale che attribuiva anche a Lenin. Ma, ponendo come oggetto d'indagine un singolo bicchiere, metteva inconsapevolmente il dito nella piaga del determinismo riduzionistico: quel singolo bicchiere posto su una singola scrivania non poteva essere preso come esempio della determinazione dialettica della necessità, perché, in quanto singolo oggetto, era sotto il dominio del caso indeterminabile.

Nel 1921, Lenin riassunse il dibattito in un opuscolo e, per rispondere a Bucharin, con l'intento di dimostrare la differenza tra la dialettica e l'eclettismo, riprese l'esempio del bicchiere: "Con questo esempio, come il lettore vede, il compagno Bucharin voleva spiegarmi in forma popolare quanto sia dannosa l'unilateralità. Gliene sono grato e, per dimostrargli praticamente la mia riconoscenza, rispondo spiegando in forma popolare che cosa è l'eclettismo, a differenza della dialettica": "un bicchiere non ha soltanto queste due proprietà, qualità, o aspetti, ma un'infinità di altre proprietà, qualità, aspetti, correlazioni e "mediazioni" con tutto il resto del mondo".

venerdì 21 aprile 2017

Delle due l'una

O un'elevata origine per un'umile esistenza o un'umile origine per un'elevata esistenza

Come conseguenza dei risultati di questo studio, si può ricavare che soltanto due grandi concezioni possono contendersi, nella loro reciproca opposizione, la supremazia nella teoria della conoscenza, senza possibilità di alternativa: o è vera o è vera l'altra. L'una, che riguarda il passato e il presente della specie umana divisa, dipendente e sottomessa; l'altra, che riguarda il futuro di una specie umana finalmente unita, libera e padrona di se stessa.

Se non consideriamo rilevanti le molteplici concezioni di piccolo cabotaggio che sono sorte sul terreno economico e politico, sociale e culturale dell'epoca capitalistica, quindi anche le recenti concezioni teorico scientifiche, denominate paradigmi, è solo perché queste riflettono semplicemente quel pluralismo relativistico senza fine che il mondo capitalistico ha creato per le proprie esigenze particolari e contingenti.

Le due grandi concezioni sulla natura e sulla società sono  la concezione metafisica teologica e la concezione dialettica materialistica. I] La prima che si è sempre avvalsa del modo di pensare metafisico (in quanto separa la necessità dal caso), deterministico (in quanto concepisce la necessità come causalità), riduzionistico (in quanto attribuisce la necessità al singolo individuo, oggetto, evento), teologico (in quanto attribuisce tutte le cause a una causa prima divina). II] La seconda, che si avvale del pensiero dialettico che attribuisce la necessità soltanto ai complessi; che concepisce la necessità come cieca (in quanto rappresenta il rovesciamento del caso relativo ai singoli numerosi costituenti dei complessi stessi). Questa concezione si avvale della polarità dialettica caso-necessità come chiave di volta delle polarità dialettiche che riflettono l'evoluzione della materia nel cosmo.

mercoledì 19 aprile 2017

Individuo casuale e classe sociale necessaria

Marx* è stato, forse, il primo e anche l'unico a comprendere la reale, oggettiva differenza tra individuo casuale e classe sociale necessaria, e quindi l'unico a intuire la dialettica caso-necesstà nella storia. E' sufficiente volgere lo sguardo sull'"Ideologia tedesca" per rendersi conto del risultato teorico raggiunto dal maestro della dialettica materialistica.

Per Marx gli individui partono sempre da se stessi, "ma naturalmente da sé nell'ambito delle loro date condizioni e situazioni storiche". "Ma nel corso dello sviluppo storico, e proprio attraverso l'indipendenza inevitabile che entro la divisione del lavoro acquistano i rapporti sociali, emerge una differenza tra la vita di ciascun individuo in quanto essa è personale, e in quanto è sussunta sotto qualche ramo di lavoro e sotto le condizioni relative". Il brano che segue è di una chiarezza esemplare, ma il suo messaggio sembra ... che sia stato compreso soltanto da un autodidatta.

"Nell'0rdine (e ancor più nella tribù) questo fatto rimane ancora nascosto: per es. un nobile resta sempre un  nobile, un roturier sempre un roturier, a prescindere  da ogni altra sua condizione: è una qualità inseparabile dalla sua individualità. Ma la differenza fra l'individuo personale e l'individuo come membro di una classe, la casualità delle condizioni di vita per l'individuo, si ha soltanto con la comparsa della classe che a sua volta è un prodotto della borghesia. Solo la concorrenza e la lotta degli individui tra di loro produce e sviluppa questa casualità come tale"
.

Marx non si lascia incantare dall'immaginario nesso epicureo tra caso, occasione e libertà. Per lui più casualità significa meno libertà. "Quindi sotto il dominio della borghesia gli individui sono più liberi di prima, nell'immaginazione, perché le loro condizioni di vita sono casuali [NB]; nella realtà sono naturalmente meno liberi perché più subordinati a una forza oggettiva". Per Marx il lavoro e le condizioni di esistenza nella società odierna "sono diventati qualcosa di casuale, su cui i singoli proletari non hanno alcun controllo e su cui nessuna organizzazione sociale può dare loro il controllo. E ancora, gli individui di una classe, egli sottolinea, appartengono ad essa "soltanto come individui medi, soltanto in quanto" vivano nelle condizioni di esistenza della loro classe. Quindi essi partecipano alla vita sociale "non come individui, ma come membri di una classe".

Che cosa comporta quest'ultima osservazione? In questo modo Marx ha colto la differenza che esiste tra l'individuo in quanto tale e individuo in quanto singolo elemento di un complesso: in quanto membro di una classe l'individuo è soggetto al caso, mentre la classe cui appartiene è soggetta alla necessità, una necessità cieca, però, e da nessuno voluta. Potremmo anche dire che già all'epoca della "Ideologia Tedesca" Marx era molto vicino alla soluzione definitiva del rapporto caso-necessità. E' sufficiente leggere il seguente brano per rendersene conto.

"Gli individui sono sempre e in ogni circostanza "partiti da se stessi", ma poiché non erano unici nel senso di non avere necessità di relazioni reciproche, poiché i loro bisogni, e quindi la loro natura e il modo di soddisfarli, li metteva in relazione tra loro (...), essi dovettero entrare in rapporti. Poiché inoltre entravano in rapporti non come puri Io, ma come individui a un certo grado di sviluppo delle loro forze produttive e dei loro bisogni, fu proprio la condotta personale, individuale, degli individui, la condotta che avevano come individui l'uno verso l'altro, che creò e ricrea ogni giorno i rapporti esistenti..."

Qui Marx continua ed è molto prolisso, quasi a voler rafforzare una tesi spiacevole per i singoli individui, quella d'essere soggetti al caso. Comunque, arriviamo al passo conclusivo: "Nell'epoca presente la dominazione dei rapporti oggettivi sugli individui, il soffocamento della individualità da parte della casualità, ha assunto la sua forma più acuta e più generale e ha assegnato con ciò agli individui esistenti un compito affatto determinato. Essa ha assegnato loro il compito di sostituire alla dominazione dei rapporti e della casualità sugli individui la dominazione degli individui sui rapporti e la casualità". Questo l'obiettivo posto da Marx a metà dell'Ottocento!

Se oggi consideriamo l'epoca attuale del capitalismo senescente e del confronto strategico tra i continenti, per l'egemonia mondiale, l'obiettivo posto da Marx nella prima metà dell'Ottocento appare fin troppo ambizioso. E, da parte sua, l'autodidatta non ha scoperto nulla di nuovo, ha semplicemente riscoperto qualcosa di fondamentale che altri, accecati dal determinismo riduzionistico, non hanno voluto o potuto comprendere. Non sarebbe ora di aprire gli occhi, accettando la dialettica caso-necessità?

* con Engels

domenica 16 aprile 2017

Gould, un esempio di pluralismo teorico della scienza biologica

Il biologo, paleontologo, Stephen Jay Gould, considerato uno dei maggiori storici contemporanei della natura vivente, essendosi convinto che "la prova dell'evoluzione risiede nelle imperfezioni che ne rilevano la storia", cercò la sudddetta "prova" proprio in quei fenomeni biologici eccezionali, straordinari, "buffi" come, ad esempio, "Il pollice del Panda", che egli ha scelto come titolo di un suo recente libro sulle "Riflessioni della storia naturale".*

Per mostrare il metodo storico di Gould, cominciamo con la seguente rappresentazione della "Sintesi moderna" in biologia: "La versione contemporanea del darwinismo che ha dominato per trent'anni considera il modello della sostituzione adattativa del gene all'interno delle popolazioni come una spiegazione che, per estensione e accumulazione, può essere applicata all'intera storia della vita"

Pur non essendo d'accordo con questa generalizzazione, Gould la considera valida per i casi di minore importanza, dimostrando così di non aver compreso l'essenza della evoluzione e della selezione naturale. Infatti, scrive: "Il modello può funzionare efficacemente a livello empirico nei casi di modificazione adattativa localizzata di minore importanza: la Biston Betularia è effettivamente (!) diventata nera a causa della sostituzione di un singolo gene avvenuta come risposta selettiva che garantiva una minore visibilità dell'insetto sugli alberi che l'inquinamento industriale aveva annerito".

sabato 15 aprile 2017

La teoria di Monod: al mulino della divina provvidenza del teologo Oreison

"Questa chimica molecolare... ho la testa che mi ronza: enzimi allosterici, azione repressiva delle proteine, azione induttiva dei galattosidi, DNA; polimerasi, RNA... basta, chiudo i libri e mi siedo. Benedetti libri, nei quali si parla continuamente di combinazioni fortuite, di necessità e di logica". Il teologo francese Oreison* interviene nel dibattito suscitato dall'uscita del libro di Monod (1971), con recitata noncuranza, forse eccessiva per uno che ha l'abitudine di sedersi non prima, ma dopo aver chiuso i libri, quando in genere ci si siede per aprirli e studiarli. Del resto, se si ha l'abitudine di studiare in piedi portandosi appresso i libri, al plurale, si comprende facilmente la stanchezza fisica.

Comunque, stanco di studiare, il nostro teologo peripatetico si concede una meritata ricreazione: "Prendo il disco di Sinfonia di César Franck (ottima registrazione) e lo metto sul piatto del giradischi. Poi, comodamente seduto in poltrona con la cuffia stereofonica in capo, mi abbandono a quell'oceano di musica". "In quelle condizioni, vivo attimi di felicità e di esaltazione. E sento allora irresistibilmente, il bisogno imperioso di ringraziare qualcuno".

Chiunque si aspettasse, ora, un ringraziamento a Dio, rimarrebbe deluso: "Ringrazio, ovviamente, César Franck, il direttore d'orchestra e gli esecutori, i quali hanno dato vita ad un'interpretazione così felice"..."E' un'autentica vertigine". La vertigine ha, però, tutt'altra origine che l'oceano di musica: il fatto è che il bravo teologo, felicemente abbandonato "a quell'oceano di musica", risale con la mente "a quelle combinazioni innumerevoli e inesplorabili, articolate fra loro, per effetto delle quali un dato giorno si è prodotta l'elaborazione della materia vivente e della sua potenza di espansione".

venerdì 14 aprile 2017

Mayr: meccanicismo teleonomico, chimerica terza via tra l'assoluto caso e l'assoluta necessità

Non sorprende il fatto che l'incomprensione del rapporto dialettico caso-necessità in biologia si sia manifestata con reiterati tentativi di eludere ora il caso, ora la necessità, ora l'uno e l'altra, nell'illusione di potersi sottrarre alla difficile questione. Darwin ha lasciato in eredità alla biologia una concezione ambigua della selezione non avendo risolto il "terribile pasticcio" del rapporto caso-necessità. Per Mayr, invece, Darwin avrebbe offerto "il modo di evitare il dilemma del caso e della necessità". C'è in queste parole il programma di un biologo che ha tentato di eludere la difficile questione della biologia, cercando una soluzione che rappresentasse la terza via tra la concezione fondata sul caso e la concezione fondata sulla necessità.

In "Biologia ed evoluzione" (1982), Mayr scrive "Sia la maggioranza dei filosofi sia gli altri oppositori di Darwin non hanno capito che la selezione naturale costituiva una terza soluzione, indipendente, del problema della casualità del cambiamento evolutivo". A questo proposito cita Sewall Wright, per il quale, "il processo darwiniano della interazione continua tra un processo aleatorio e un processo selettivo non è una mediazione tra il caso puro e il determinismo puro, ma, per le conseguenze, è qualitativamente del tutto diverso da entrambi". Come vedremo, nessuno può eludere la dialettica caso-necessità, neppure chi ha creduto di trovare una terza soluzione interpretando il "processo darwiniano" con i nuovi strumenti dell'informatica.

giovedì 13 aprile 2017

L'origine del concetto di teleonomia*

Se la biologia non è stata in grado di sbarazzarsi dalla teleologia, ciò va attribuito all'incomprensione del rapporto dialettico caso-necessità intrinseco alla selezione naturale. Il biologo Mayr, in "Biologia ed evoluzione" (1982), scriveva: "Colui che non capisce la selezione naturale è obbligato ad accettare una delle due soluzioni che restano: il caso o la necessità. Dal momento che è impossibile credere che tutti i meravigliosi adattamenti del mondo vivente siano il risultato di un caso cieco, l'ultima risorsa è l'accettazione della necessità, cioè delle cause finali".


Avrebbe fatto meglio a scrivere: chi non capisce il rapporto dialettico caso-necessità è obbligato a cavarsela o soltanto appellandosi alla necessità o soltanto affidandosi al caso, e quindi non potrà comprendere la selezione naturale. Ma, come si era accorto Darwin, il caso è un grosso pasticcio per chi si appella alla necessità, d'altra parte, il solo caso non può rendere conto della evoluzione della specie. Così, la difficile questione della biologia si trascina dalla seconda metà dell'Ottocento sino ad oggi senza soluzione.

I biologi sono stati capaci soltanto di operare dei distinguo sui vari significati di teleologia, non potendo fare a meno del concetto di finalismo. Essi non hanno potuto rinunciare all'idea che "il fatto che i processi siano diretti a un fine è forse uno degli aspetti più caratteristici nel mondo degli organismi". Ma non hanno potuto neppure accettare la vecchia teleologia aristotelica, dopo che Darwin  l'aveva rifiutata per la spiegazione dell'evoluzione organica. Darwin, però, non era riuscito a liberarsi completamente dal concetto di finalità: la selezione naturale sembrò, così, finalizzata all'adattamento del singolo organismo. L'equivoco darwiniano ha dato origine a una lunga controversia mai risolta.

mercoledì 12 aprile 2017

"Il cancro non gioca a dadi" di Paolo Vineis

Si potrebbe rispondere fin da subito al titolo di Vineis: come no? Il cancro gioca, eccome, a dadi, ma, nei decenni dedicati al caso e alla necessità mi sono reso conto che nessuno comprende il caso e il suo nesso con la necessità, a cominciare dal semplice gioco dei dadi del quale nessuno conosce il suo reale significato...  Immaginare di trovare le cause dei tumori perchè il cancro non può esere casuale significa non capire la polarita caso-necessità. "Facendo seguito al loro primo controverso articolo 1, che invocava la “sfortuna” (bad luck) per spiegare la maggior parte dei tumori, Tomasetti e Vogelstein hanno nuovamente ottenuto una grande copertura mediatica con il secondo articolo 2, anch’esso comparso su Science (con un terzo autore)".

L'argomento trattato da Vineis mi riporta indietro di diversi decenni, da quando nel 1985 presi come come esempi 1) il traffico automobilistico e 2) la prima guerra mondiale. Esempi che mi permisero di distinguere il caso che riguarda i singoli dalla necessità che riguarda i complessi. Ma di questo si può  leggere in questo blog. Comunque, rifacendomi al più semplice dei due esempi, il traffico automobilistico, potrei paragonare il cancro agli incidenti stradali, considerando che ci sono strade dove capitano frequenti incidenti mortali, così come ci sono tumori più frequenti che dipendono ad esempio dal fumo.  Ma che proprio tizio sia colpito da un determinato tumore o investito da una determinata automobile è soltanto un caso individuale che si trasforma in cieca necessità statistica solo se consideriamo non più il singolo ma il complesso... degli incidenti stradali e dei tumori.

martedì 11 aprile 2017

Engels su Darwin e la selezione naturale

Per comprendere la differenza teorica che passa tra l'"Antidhuring" e la "Dialettica della natura", riguardo ai concetti di evoluzione e di selezione delle specie, occorre tenere presente che Engels, pur iniziando a interessarsi di "filosofia della natura" fin dall'estate del 1858, fu in grado di formulare le sue prime idee autonome soltanto all'inizio del 1873 (risale, infatti, al marzo di quell'anno l'abbozzo che egli inviò per lettera a Marx). Di fatto, Engels si diede allo studio sistematico delle scienze naturali solo dopo essersi liberato dagli affari, ossia dopo il 1870.

Per otto anni fece quella che chiamò una "muda" matematica e naturalistica, nel bel mezzo della quale dice di essere stato interrotto dalla necessità di dover rispondere a Duhuring (1876). Il suo studio riprese due anni dopo, nel 1878, e proseguì fino al 1883, anno in cui la morte di Marx lo costrinse a dedicarsi a tempo pieno al lavoro fondamentale: la sistemazione del secondo e del terzo libro de "Il Capitale". Quindi, degli otto anni dedicati allo studio sistematico delle scienze naturali, circa tre precedono l'"Antidhuring" e circa cinque lo seguono. E sono proprio questi ultimi cinque anni che rappresentano il periodo della maturazione delle idee di Engels che hanno dato vita alla "Dialettica della natura".

domenica 9 aprile 2017

Conclusioni sulla "Dialettica caso-necessità nella storia"

Esiste una sostanziale differenza fra una teoria scientifica sulla natura e una teoria scientifica sulla società umana: nel primo caso si tratta di risolvere problemi che riguardano l'intera specie umana, nel secondo i problemi riguardano opposti interessi materiali e differenti ideologie che la mantengono divisa. L'autore di una teoria scientifica sulla natura può sempre affermare: "Questi sono i fatti e le sue leggi. Potranno dispiacere alla tradizione della scienza ufficiale e della religione, ma se vengono assunti come fondamenti per ricerche che produrranno risultati reali, alla fine, nonostante ostracismi e resistenze, il vantaggio per l'intera specie umana sarà indubbio". 

Ma l'autore di una teoria scientifica sulla società umana non può sapere come verrà utilizzata nella lotta tra partiti politici e tra Stati. Inoltre, se il vantaggio per l'intera specie umana è troppo distante nel tempo, nel breve periodo molti sono i vantaggi personali, i diritti esclusivi, i privilegi che vengono rimessi in discussione; perciò molti sono i motivi di lotta. E la lotta per gli interessi materiali che dividono la specie umana, che possono essere condizionati da nuove scoperte sulla società umana, è senza confronto più dura e spietata della lotta per gli interessi che dividono le comunità scientifiche e religiose, e che possono essere condizionati da nuove scoperte sulla natura. E' la differenza che passa tra le conseguenze prodotte dalla teoria di Marx e quelle prodotte dalla teoria di Darwin, entrambe rivoluzionarie.

sabato 8 aprile 2017

La logica capitalistica della necessità fondata sul caso

Abbiamo visto, nel precedente paragrafo, che la soluzione statistica del saggio generale del profitto non poteva appagare l'istanza deterministica dei contemporanei di Marx, delusa dal concetto di media. E non è riuscita a dissuaderli dalla pretesa di determinare le singole manifestazioni delle "oscillazioni incessanti", anche perché lo stesso Marx non ha fatto del concetto di media una questione di teoria della conoscenza, allo scopo di sostituire il determinismo con una nuova concezione della necessità fondata sul caso. Non ci resta, perciò, che approfondire il motivo di questa lacuna.

Nelle "considerazioni complementari" del capitolo 12* troviamo un passo nel quale l'analogia tra singolo capitalista e semplice azionista si trasforma in una identità: "L'idea fondamentale è quella del profitto medio, vale a dire che i capitali di pari grandezza devono dare nel medesimo spazio di tempo profitti uguali. Essa si fonda a sua volta sul principio che il capitale di ogni sfera di produzione deve partecipare, pro rata della sua entità, al plusvalore complessivo estorto agli operai dal capitale complessivo sociale; ossia che ogni capitale individuale deve essere considerato come una frazione del capitale complessivo, e che ogni capitalista non è in realtà che un semplice azionista dell'impresa complessiva della società, che partecipa al profitto complessivo in proporzione della sua quota di capitale".

Il caso e la necessità nella storia

Il mio primo volume sulla storia ha avuto una lunga gestazione: più volte interrotto per liberare il tempo da dedicare ai volumi sulla fisica e sulla biologia, finalmente ha trovato il tempo della sua stesura anche grazie a una intuizione che ha permesso, all'inizio del terzo millennio, di confermare la "Dialettica caso-necessità nella storia".

Considerando, inoltre, le vicende attuali che confermano la crisi dell'egemonia americana, l'emergere dell'Asia come primo attore del capitalismo senescente in crisi, infine, l'inevitabile confronto per l'egemonia tra Stati continentali che hanno praticamente iniziato a sostituire gli Stati nazionali, ritengo che sia venuto il momento di "pubblicare" alcuni paragrafi di questo primo volume di storia. Cominceremo dal saggio medio del profitto che nessuno al tempo di Marx comprese, eccetto Engels che contribuì ad aprirmi gli occhi.

mercoledì 5 aprile 2017

Peer review, publish or perish, e non certo per amore della scienza come conoscenza

Nel Dicembre 2016, la rivista "Le Scienze" presentava un editoriale di Marco Cattaneo molto più pessimista del solito nei confronti della scienza contemporanea, che ormai pullula di equipe di scienziati in concorrenza tra loro per la sopravvivenza. Basta leggere le seguenti righe per farsene un'idea. "C’era una volta la peer review. Poi è arrivato il publish or perish, perché nella scienza moderna la pubblicazione del proprio lavoro di ricerca è lo strumento d’eccellenza per giudicare il lavoro di uno scienziato, ma anche – o forse soprattutto – la sua reputazione e il suo accesso ai finanziamenti, per i quali si è scatenata una competizione senza precedenti" .

E questa non sembra proprio una competizione per amore della scienza come conoscenza. Infatti, non è solo caccia ai finanziamenti, ma è soprattutto la ricerca e la sperimentazione (che procura  consensi, fama e facili guadagni) a imporsi, non certo la teoria scientifica. Quindi si finisce con lo sperimentare tutto e col teorizzare niente. Insomma, i finanziamenti sono solo una premessa, perché poi si sperimenta, soltanto, tutto ciò che può avere una ricaduta economica.

martedì 4 aprile 2017

4 contributi di Boncinelli nell'anno 2013

Cominciamo con "Le Scienze" di febbraio 2013

"Vedere la doppia elica
Scienziati italiani hanno ottenuto la prima immagine diretta della doppia elica di DNA"

Grazie a nuove tecnologie e a sempre più raffinate capacità sperimentali si è riusciti a compiere il risultato di vedere l'immagine diretta della molecola di DNA. Ma aggiunge Boncinelli: "Ora bisognerà aumentare considerevolmente l'ingrandimento e la risoluzione per passare direttamente alla visualizzazione di singoli nucleotidi. A questo punto il DNA potrà essere toccato con mano e osservato nella sua essenza più intima"

Bisogna proprio essere degli inguaribili riduzionisti deterministi per credere che la visione di singoli nucleotidi possa permettere di arrivare all'essenza intima del DNA. Il passo che segue è istruttivo in tal senso.

I compagni di viaggio di ... Boncinelli

Da "Le Scienze"  Ottobre 2012

"Microscopici compagni di viaggio.
Pubblicato un identikit approfondito delle comunità microbiche con cui conviviamo"

Si potrebbe dire che senza queste "comunità" non potremmo neppure vivere! Altro che convivenza! Le comunità di batteri e virus appartengono al nostro organismo come qualsiasi altra specie cellulare, ad esempio i linfociti B! L'organismo umano è un complesso variegato di complessi cellulari e altro. E così, nell'epoca delle strumentazioni avanzate prodotte dall'uomo, è stato possibile individuare e conoscere la quasi totalità delle specie di microrganismi presenti nel corpo umano.

La questione dei meccanismi in natura

Il messaggio dell'autodidatta è questo, chiaro e netto: "Scienziati, non offendete la natura con i vostri meccanismi. La natura produce fenomeni e processi, non  meccanismi".  Il problema dei prodotti naturali, tra i quali soprattutto la specie umana è il seguente: "Possono essere chiamati meccanismi? oppure devono essere chiamati con un altro termine che li distingua dai prodotti della fabbricazione umana?"
  
Nel linguaggio scientifico, senza alcun distinguo, soprattutto tra i biologi, il termine meccanismo ha, ormai, soppiantato qualsiasi altro vocabolo, dando ad intendere, o meglio, facendo credere che i prodotti naturali siano analoghi a quelli artificiali. E così, a ogni piè sospinto, i biologi parlano di nuovi e vecchi meccanismi.

Avendo deciso oggi di procurarmi "Le Scienze"  Aprile 2017,  rivista che non leggo da alcuni anni, ho potuto confermare la mia tesi sui fittizi meccanismi biologici tirati sempre in ballo ad ogni questione irrisolta.

Per Boncinelli tutto è meccanismo

da "Le Scienze" Marzo 2011
                               
"Spazio, tempo e numero nella mente -uno studio fa il punto sulla ricerca che riprende le teorie di Immanuel Kant"

"Oggi le conoscenze scientifiche sono arrivate a un punto tale che ci possiamo permettere di porre sul tappeto per la prima volta (!) questioni filosofiche fondamentali e tentare di dare loro un'impostazione scientifica, se non direttamente sperimentale. Vita, libertà, memoria, coscienza sono parole antiche che di recente hanno acquistato nuovi significati, mentre dal canto loro le neuroscienze permettono di porci i problemi della sensazione e della percezione inquadrandoli in una nuova cornice di riferimento. In quest'ottica, l'impostazione che il grande filosofo Immanuel Kant ha dato del problema generale della conoscenza sta diventando una specie di programma di lavoro per molte ricerche nel campo delle neuroscienze, che cercano tra le altre cose di dare una veste concreta alle sue "forme pure a priori"."

Dopo questa sorprendente presa di posizione a favore della metafisica kantiana, Boncinelli prosegue: "Tra queste un posto a parte lo meritano quelle di spazio e di tempo, che Kant appunto propose come prerequisito essenziale per ogni nostro atto conoscitivo che definì forme pure a priori dell'intuizione, le quali dunque sussisterebbero prima di ogni esperienza e ne rappresenterebbero il fondamento. Un'intuizione questa sua che appare corroborata in pieno dalle recenti ricerche nel campo delle neuroscienze, che promettono anche di aggiungere sempre maggiori dettagli al quadro appena delineato".

lunedì 3 aprile 2017

Boncinelli: l'inguaribile riduzionista assoluto

Per farsi un'idea delle convinzioni riduzionistiche, affermate con molta decisione da Boncinelli nella sua rubrica "Appunti di laboratorio" scritta per i numeri mensili di "Le Scienze", in questo blog uscirà una breve serie di post critici, iniziando oggi dal numero di Aprile 2010.

"MicroRNA. Piccoli ma potenti"

Dove Boncinelli si domanda: "Che cosa succede alla cellula che cessa di essere staminale?" E risponde "Ovviamente (sic!) si attiva un programma genetico specifico. Ma quali sono i determinanti di questo processo e i meccanismi di attuazione? Stiamo appena cominciando a capire tutto questo, ma sembra che un ruolo rilevante lo svolgano piccolissimi RNA, chiamati microRNA (miRNA), che non codificano per proteine ma regolano l'espressione dei geni più convenzionali e la traduzione delle proteine corrispondenti".

Dopo questa spiegazione meccanicistica riduzionistica, Boncinelli prende in considerazione le cellule staminali pluripotenti (ESC) che si trovano precocissime nell'embrione, e le cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC), scoperte di recente, nel senso di essere riusciti a crearle. Quindi scrive: "Il differenziamento delle cellule staminali embrionali ESC e il passaggio delle cellule adulte a staminali pluripotenti indotte iPSC sono quindi due fenomeni complementari: nel primo si può osservare il passaggio da cellule staminali a cellule differenziate, nel secondo il passaggio opposto". Da ciò conseguirebbe che "Nel complesso quindi questi due eventi ci offrono un'opportunità unica per studiare la natura più profonda della "staminalità", osservando l'entrata delle cellule staminali nello stato differenziato o viceversa l'uscita dallo stesso per entrare nello stato staminale".

domenica 2 aprile 2017

Boncinelli, un amico del riduzionismo

"L'optogenetica e la memoria" 


Prendendo in considerazione un esperimento (che una volta si sarebbe chiamato di riflesso condizionato) su un moscerino -le cui cellule nervose sono ovviamente molto meno numerose, e i cui rapporti reciproci sono assai meno complessi di quelli dell'uomo- Boncinelli vorrebbe confermare il riduzionismo con un nuovo metodo di indagine neurologica sull'uomo. *

Si tratta della optogenetica, "un'altra parola nata nel mondo della ricerca scientifica". "Si tratta di una tecnica grazie a cui con un opportuno raggio di luce -un fascio laser ovviamente- si possono modificare cellule nervose specifiche in modo che portino o non portino, per esempio un dato ricordo". In pratica, prima i ricercatori condizionano un moscerino della frutta, la drosophila, ad aver paura di un dato odore con una contemporanea scossa elettrica, poi riescono a decondizionare il riflesso.
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