lunedì 30 agosto 2010

Il potere del cervello umano

Balzac, che ha studiato la natura umana in modo ineguagliabile, sia pure utilizzando la forma del romanzo, è giunto a una intuizione profonda del problema storico della conoscenza umana. Nelle sue note che accompagnano "La pelle di zigrino", egli si domanda: "Gli uomini hanno il potere di far venire l'universo nel loro cervello, o il loro cervello è un talismano col quale aboliscono le leggi del tempo e dello spazio?" La sua risposta coglie l'essenza del problema: "La scienza esiterà a lungo a scegliere tra questi due misteri ugualmente inesplicabili..."

sabato 28 agosto 2010

Il dispendio nella religione e nell'etica

"La chiesa riconosce sette peccati capitali e non ammette che tre virtù teologali. Noi abbiamo dunque sette prìncipi di rimorso contro tre fonti di consolazione! Triste problema questo qui: 3:7 = L'uomo: x". Balzac, nel suo "Trattato della vita elegante", intuisce che persino la chiesa è costretta ad ammettere la prevalenza dei peccati sulle virtù: insomma, c'è una sorta di dispendio, ammesso come dogma, nel rapporto tra il male e il bene. E Balzac intuisce il dispendio con il suo corollario, l'eccezione statistica: "Il male sa concludere degli accomodamenti, il bene segue una linea severa. Da questa legge eterna noi possiamo ricavare un assioma... il bene non ha che un modo, il male ne ha mille".

venerdì 27 agosto 2010

Il dispendio naturale nell'intuizione del grande Balzac

La natura realizza con enorme dispendio i suoi prodotti più elevati, primo fra tutti la specie umana, come il "sublime dell'atroce". Nell'usare questa efficace espressione, tratta da "Casa di scapolo", intendiamo rendere omaggio alla penna feconda di idee geniali e locuzioni felici del grande Balzac, il quale aveva intuito il "sublime dell'atroce" della natura.

giovedì 26 agosto 2010

La catastrofe che sconvolse il secolo dei lumi

Il disastroso terremoto che rase al suolo Lisbona nel 1755 mise in crisi la concezione della tendenza economica verso il meglio della natura, ponendo in risalto un dispendioso fenomeno naturale. Ne seguì un dibattito, a livello europeo, sull'ordine e la benignità del mondo. In questo dibattito si mise in luce Voltaire definendo ottimistica la visione di Leibniz e ridicolizzandola nel Candido (pubblicato nel 1759). La canzonatura è riassunta nel motto di Leibniz, "Noi viviamo nel migliore dei mondi possibili", ripetuto dal protagonista alla fine di tutte le sue numerose disavventure.

venerdì 20 agosto 2010

Il serio e il comico del pensiero condizionato

Quando, nel 1794, uscì la seconda edizione de "La religione", Kant fu accusato dal gabinetto del governo prussiano di screditare la religione, e venne invitato a usare meglio della sua fama e del suo talento, secondo le "intenzioni sovrane". La conseguenza fu che egli dovette rispondere scusandosi e promettendo di non trattare più argomenti religiosi.

Questo episodio, fra i tanti che si potrebbero citare, del dominio delle "intenzioni sovrane" sul pensiero degli studiosi, filosofi e scienziati di ogni tempo, può spiegare più facilmente di qualsiasi puntigliosa critica delle loro tesi, il fatto che quelle tesi dovevano essere pur sempre un compromesso tra i risultati raggiunti dal libero cervello e gli aggiustamenti apportati dal cervello "suddito", per renderli accettabili agli occhi sovrani.

martedì 17 agosto 2010

Scienza della natura oggi: lode ai tecnici e biasimo ai teorici

Per criticare il soggettivismo con un semplice motto, diventato un luogo comune, si è sempre detto: "la matematica non è un opinione". Oggi si dovrebbe dire che non solo la matematica, ma tutti i rami della scienza e della teoria della conoscenza sono diventati opinioni. Il pluralismo delle opinioni è stato l'inevitabile conseguenza del pluralismo relativistico, entrambi prodotti della crescita esponenziale di gruppi di scienziati (nell'accezione di Kuhn) che creano paradigmi per ogni quisquiglia. Ormai la comunità scientifica può vantare un numero di addetti ai lavori superiore alla somma di tutti quelli esistiti nel passato.

lunedì 16 agosto 2010

Cattiva diceria sul concetto

"Recentemente ci si poté credere tanto più dispensati dall'affaticarsi attorno al concetto, in quanto che, come fu di moda durante un certo tempo di dire ogni male possibile della immaginazione e della memoria, è da un pezzo diventata un'abitudine in filosofia (...) di accumulare ogni cattiva diceria sul concetto, di rendere spregevole questo, che è il sommo fastigio del pensare, e di riguardare all'incontro come la più alta cima, tanto scientifica quanto morale, l'incomprensibile e il non comprendere". (Hegel, "Scienza della logica).

domenica 15 agosto 2010

Sulla possibilità della conoscenza della verità

Già Hegel, nei primi decenni dell'Ottocento indicava "la grande questione dei tempi moderni: se sia possibile la vera conoscenza, cioè la conoscenza della verità, che, se noi ci accorgiamo che non è possibile, dobbiamo abbandonare l'impresa". Così, se si pone "in questione la possibilità del conoscere vero in genere", diventa solo una "faccenda di possibilità e di arbitrio l'esercitare la conoscenza o ammetterla". Ma per Hegel "il concetto del conoscere ci si è mostrato come la conoscenza stessa, la certezza della ragione: la realtà  dell'intelligenza è, dunque, il conoscere stesso. Segue da ciò, che è una discordanza parlare dell'intelligenza e poi, insieme, della possibilità o arbitrio del conoscere".
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