sabato 30 aprile 2011

Una manciata di aforismi e massime

Parola d'onore

"Coloro che sogliono dare la loro parola come unica garanzia di una asserzione che si basa sulle proprie prove, somigliano a quell'uomo che diceva: "Ho l'onore di assicurarvi che la Terra gira attorno al Sole" . (Chamfort: "Massime")

Sulla attuale visione del cosmo

Potremmo parafrasare Teophile Gautier: sembra non già una visione, ma lo spettro di una visione, "tanto che a parlarne ci vorrebbero le ombre delle parole: i vocaboli soliti paiono, per questo specifico scopo, troppo sostanziosi ". ("Capitan Fracassa")

venerdì 29 aprile 2011

Una legge fondamentale della storia: quanto più casuale tanto più ciecamente necessario 7°

Nella introduzione alla "Dialettica della natura", Engels scrive: "Gli uomini quanto più si allontanano dalla animalità intesa nel senso ristretto della parola, tanto più fanno essi stessi la loro storia consapevolmente, tanto minore diventa l'influenza su tale storia di fatti imprevisti e di forze incontrollate, tanto più esattamente il risultato storico corrisponde allo scopo prestabilito".

Ma, subito dopo, aggiunge: se osserviamo le società umane, anche le più evolute, notiamo "ancora una colossale sproporzione fra le mete prefissate e i risultati raggiunti, che i fatti impreveduti predominano, che le forze incontrollate sono molto più potenti di quelle messe in movimento secondo un piano. E non può essere altrimenti, finché l'attività storica più essenziale degli uomini, quell'attività che ha sollevato l'uomo dall'animalità all'umanità e che costituisce la base materiale di tutte le altre attività: la produzione di ciò che è necessario per vivere (il che significa oggi la produzione sociale), resta soggetta all'alterno gioco di influenze imprevedute e di forze incontrollate e realizza solo eccezionalmente l'obiettivo voluto, molto più spesso invece l'obiettivo opposto".

mercoledì 27 aprile 2011

L'uomo medio di Quetelet: un equivoco della sociologia 6°

Nel pregevole saggio di Paola Dessì, "L'ordine e il caso" (1989), già ampiamente utilizzato nella sezione dedicata al rapporto probabilità-statistica del primo volume di Teoria della conoscenza, troviamo alcune interessanti informazioni sul concetto di "uomo medio", concetto sul quale la sociologia del Novecento, a cominciare da Weber, ha fondato le sue ideologiche concezioni del "tipo ideale", della "devianza", ecc.

Dessì ritrova l'origine storica del concetto di uomo medio nella medicina, che per prima concepì "l'uomo anatomico medio", che è "una riunione di medie anatomiche", e che quindi "non dà un'idea esatta di quello che si deve ritrovare nella dissezione" (Bubois D'Amiens, un avversario dell'uso della statistica in medicina). D'Amiens aveva ragione a sostenere che il medico nella dissezione avrebbe trovato qualcosa di diverso dalle medie anatomiche, -cosa questa rilevata anche da Darwin, il quale osservò ne "L'origine dell'uomo" che gli anatomisti non trovano mai un organo uguale a un altro.

sabato 23 aprile 2011

La contraddizione della democrazia liberale e il "totalitarismo" 5°

La contraddizione nella quale si dibatterono i principali teorici del liberalismo, Constant, Tocqueville e Stuart Mill, rispecchia la contraddizione esistente tra liberalismo e democrazia: ossia la contrapposizione esistente tra l'individuo singolo, la cui casualità è concepita come libertà individuale, e la necessità collettiva, concepita come volontà generale (della maggioranza) e, in quanto tale, considerata come un limite alla libertà individuale stessa.

Nel liberalismo il caso ha alzato la testa: non si è accontentato di dichiarare che la necessità della comunità politica non teneva conto della casualità degli individui, ma, assumendo il nome di una prematura libertà, ha dichiarato che la necessità della volontà generale rappresentava un limite alla libertà individuale e perciò costituiva una forma di oppressione. Questa contraddizione si evidenziò particolarmente nella democrazia elettorale come contrapposizione tra il primato dell'individuo elettore e il primato della maggioranza elettorale.

Ma c'è un'altra forma di contraddizione che si manifesta nella democrazia liberale: la forma del reale primato di una minoranza dominante, la classe capitalistica, che possiede il potere di creare e manovrare l'opinione pubblica, e quindi di determinare la sua "maggioranza elettorale", così che una classe minoritaria diventa necessariamente maggioritaria in parlamento e può governare legalmente la maggioranza del popolo.

mercoledì 20 aprile 2011

Società civile, Stato e individui sociali 4°

Occorre partire dal concetto che l'impossibilità di governare le cose, di ottenere risultati voluti secondo scopi prefissati, è la principale ragione del governo delle persone, e lo Stato rappresenta il principale strumento di governo degli individui della società civile, anche se non l'unico. Questa funzione può essere esercitata in varie forme e con diversa intensità. La forma più oppressiva, quella cosiddetta "totalitaria", si è manifestata in epoca più recente soltanto in occasione di due guerre mondiali. L'imperialismo della prima metà del Novecento ha prodotto forme di governo delle persone che in guerra hanno agito in tutti i settori della società civile, irreggimentando ogni individuo nella direzione dello sforzo bellico. Si è trattato del cosiddetto "fronte interno", nel quale tutti i cittadini sono stati sottoposti a disciplina militare.

L'imperialismo, in tempo di pace, ha però seguìto un altro principio: la divisione sociale del lavoro governa le persone, mentre lo Stato interviene soltanto come regolatore sociale, svolgendo la funzione di "moderatore dei conflitti sociali". A parte rari casi di legislazioni repressive nei confronti di una classe o di una organizzazione politica, l'azione dello Stato si manifesta di regola come azione sugli individui. Il diritto penale e civile è una questione che riguarda i singoli: il principio giuridico fondamentale è la responsabilità personale.

domenica 17 aprile 2011

Due criteri di valutazione dell'azione umana 3°

Per chiedere lumi sulla questione della valutazione dell'azione umana più che ai filosofi occorre rivolgersi a uomini d'azione che abbiano riflettuto sul loro campo di attività. E chi meglio di Napoleone si presta a questa istanza? Questo genio dell'arte militare può insegnare qualcosa sul tema in questione, perché, per compiere la sua opera, ha dovuto necessariamente valutare gli uomini sia singolarmente che complessivamente. Così è giunto a comprendere il rapporto caso-necessità concependo il caso come l'imprevedibile probabilità singola e la necessità come la prevedibile e calcolabile statistica complessiva.

"Mai sono stato padrone delle mie azioni -dice Napoleone nelle sue Massime-, non sono mai stato completamente me stesso. Ho sempre governato il mondo secondo le circostanze". "Proprio perché so quanta parte abbia il caso mi sono mantenuto lontano dai pregiudizi e indulgente sulle vicende umane". Poiché il caso ha molta rilevanza sulle vicende dei singoli uomini, nessuno può essere completamente se stesso e pretendere di attuare ciò che la propria costituzione fisica e mentale predilige, perciò nessuno può essere giudicato implacabilmente.

venerdì 15 aprile 2011

Il rapporto individuo-comunità nello Stato di diritto di Kant 2°

Nella concezione della politica di Kant, prioritaria è la comunità rispetto al singolo individuo; anzi, il primato dell'interesse collettivo è espresso come principio così generale da abbracciare l'intera specie umana. In un saggio "Sul rapporto della morale con la politica" del 1788, egli, infatti, dichiara: "La suprema legge pensabile di tutte le azioni umane è di fare ciò che è più utile al genere umano nel suo complesso".

Dalla legge generale che riguarda l'intera umanità, Kant deduce, però, una legge più ristretta: "Una società numerosa di uomini ha dunque un vantaggio rispetto a un singolo uomo: la conservazione di quella è più importante della conservazione di questo, e il suo bene è una parte più grande della felicità totale...".

Dopo aver ristretto il principio della legge suprema (ciò che è più utile al genere umano), al principio particolare della conservazione di una generica, "società numerosa di uomini", Kant attribuisce lo stesso principio allo Stato monarchico; così può scrivere: "Il sovrano, che ha nelle mani la potenza riunita di una tale società, ne è il genuino rappresentante: difende i suoi interessi, vuole assicurare la sua conservazione ed accrescere le sue ricchezze. A così grande obiettivo egli può senza dubbio sacrificare il privato all'interesse proprio".

mercoledì 13 aprile 2011

la questione della "scelta" e della "decisione" nell'azione umana 1°

Nell'analizzare la questione della valutazione dell'azione umana, ci imbattiamo in un'altra questione: quella della "scelta" o "decisione". Come vedremo, questi due termini vengono confusi tra loro pur essendo di natura opposta. Secondo Abbagnano ("Dizionario filosofico"), il termine decisione "corrisponde a ciò che Aristotele e gli Scolastici chiamavano scelta (!), cioè al momento conclusivo della deliberazione nella quale si determina l'impegno verso una delle due alternative possibili". E sebbene Aristotele definisse la scelta "un'appetizione deliberata che concerne cose che dipendono da noi", Abbagnano sostiene: "Ma libera o determinata, la decisione è costantemente intesa dai filosofi come l'atto della discriminazione dei possibili o dell'impegno in una delle alternative possibili".

Definire la decisione in termini di scelta è lo stesso che dire: la decisione è una scelta, ma la decisione sembra essere, nella definizione di Abbagnano, una scelta fra più possibilità, nonostante Aristotele avvertisse molto giustamente che si può scegliere solo ciò che dipende da noi.

martedì 12 aprile 2011

Nessuna fretta, nei tempi lunghi della conoscenza

La difficoltà di comprendere, ma soprattutto accettare, una nuova teoria fondata sulla dialettica caso-necessità è comprensibile: la realtà di due millenni di determinismo riduzionistico, al quale l'ultimo secolo trascorso ha aggiunto un indeterminismo altrettanto riduzionistico, ha creato un modo di pensare possibilista che oscilla tra certezza e incertezza, che si nutre di probabilità, caos e complessità, senza per altro chiudere definitivamente con il rapporto di causa ed effetto.

Così, ogni scienza, ogni ramo o disciplina scientifica presenta l'opposizione irrisolta  tra determinismo e indeterminismo (tra causa e caso), alternando nella prevalenza ora l'uno ora l'altro. In tale situazione è difficile, soprattutto per gli addetti ai lavori teorici della scienza, fare a meno dei rassicuranti luoghi comuni, accumulati (dal continuo contatto con queste contraddizioni secolari) nei manuali universitari, nella "letteratura", e nei libri di divulgazione, scientifica.

domenica 10 aprile 2011

Caso individuale e avventurosa precarietà della vita

In "Letteratura e vita nazionale", Gramsci notava che la maggior parte degli uomini è come Sancho Panza "che non vuole 'avventure', ma certezza di vita", ed "è tormentata proprio dall'ossessione della 'non prevedibilità' del domani', dalla precarietà della propria vita quotidiana, cioè da un eccesso di 'avventure' probabili".

In altre parole, si tratta "di troppa avventurosità della vita quotidiana, cioè di troppa precarietà dell'esistenza", che, secondo Gramsci, colpisce sempre di più i ceti medi e gli intellettuali, i quali si convincono "che contro tale precarietà non c'è modo individuale di arginamento; quindi si aspira all'avventura 'bella' e interessante, perchè dovuta alla propria iniziativa libera, contro l'avventura 'brutta' e rivoltante, perchè dovuta alle condizioni imposte da altri e non proposte".

sabato 9 aprile 2011

La dialettica estinzione-selezione naturale

La totalità dei naturalisti, dopo aver accettato le estinzioni in massa di specie, generi e ordini ecc., hanno ritenuto doveroso e necessario ricercarne le cause. Poiché sono passati ormai quasi due secoli da quando Cuviér ammise lo spopolamento di interi continenti, attribuendolo a immani catastrofi, e nel frattempo nessuna connessione necessaria di causa ed effetto è riuscita ad imporsi, nonostante il gran numero di ipotesi formulate, delle quali si è tentata ogni sorta di verifica, c'è da chiedersi se la ragione del fallimento non vada ricercata più nella teoria che nella ricerca empirica.

Dal punto di vista della teoria della conoscenza, occorre superare il punto di vista limitato, proprio del determinismo, per affermare una concezione dialettica che interpreti, in generale, il fenomeno delle estinzioni come la principale prova della legge del dispendio biologico, che guida l'evoluzione delle specie animali imponendo una selezione caratterizzata dall'affermazione di specie statisticamente eccezionali, sorte sulla base dell'estinzione stessa. 

mercoledì 6 aprile 2011

In attesa dei risultati di LHC III


Una storia "esemplare" del modo di operare della matematica in fisica

Sebbene nella fisica quantistica la produzione matematica degli infiniti fosse stata considerata una disgrazia, cui mettere riparo con le "rinormalizzazioni", nella fisica cosmologica non solo essi furono accettati ma, concepiti come singolarità, vennero considerati persino come risultati reali dei collassi di stelle di grande massa. Il principale responsabile di questa svolta della fisica cosmologica è stato il matematico-fisico indiano Chandra (diminutivo di Chandrasekhar).

Arthur Miller, nel suo libro dal titolo molto espressivo "L'IMPERO DELLE STELLE Amicizia, ossessione e tradimento alla ricerca dei buchi neri" (2005), che può essere considerato anche una biografia scientifica di Chandra, ripercorre le varie tappe di una "ricerca" matematica, che iniziò dallo studio delle nane bianche, alla corte di Eddington, incontrastato sovrano di Princeton. Utilizzando questo testo, potremo in breve farci un'idea del modo in cui dei talenti matematici finirono con l'accettare gli infiniti matematici, giungendo a concepire la singolarità dei "buchi neri".

sabato 2 aprile 2011

Concetti fondamentali della teoria della conoscenza II

Concetti della sfera della necessità

Cominciamo dal concetto di necessario. Con questo termine si è inteso fin da Aristotele "ciò che non può non essere, o che non può essere". Abbagnano dice che la seconda definizione indica l'impossibile che è il contrario opposto di necessario, mentre il possibile è, sempre a suo avviso, il "contradditorio" del necessario, cioè il non necessario. Questa è solo confusione. Proviamo, perciò, a fare un pò di chiarezza.

Le due definizioni di Aristotele mostrano che necessario è sia ciò che non può evitare d'essere, sia ciò che non può essere, cioè l'impossibile. Allora come fa Abbagnano a considerare l'impossibile il "contrario opposto" di necessario, pur essendo a sua volta necessario? Perché Abbagnano ragiona metafisicamente e concepisce degli opposti diametrali, non polari, non dialettici. L'opposto dialettico della necessità è il caso. Se si considera opposto dialettico del necessario il casuale, e opposto dialettico dell'impossibile il possibile, allora si può arrivare a concepire due serie di concetti polari omogenei: l'impossibilità è omogenea alla necessità, come la possibilità è omogenea al caso. Perciò se l'impossibile è tale per necessità, il possibile è tale per caso.
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