mercoledì 30 giugno 2010

La legge biologica della evoluzione dispendiosa

Il concetto di evoluzione ci permette di riflettere il movimento della materia organica, praticamente ad ogni livello: da quello dei genomi a quello delle cellule, degli organi, degli organismi, delle specie, ecc.; e, sebbene l'evoluzione ad ogni livello abbia i suoi tempi specifici, occorre aver chiaro che non si può comprendere pienamente l'evoluzione delle specie se non si è compresa l'evoluzione dei genomi, delle cellule, degli organi degli organismi che appartengono alle specie stesse. Così, quando si tenta di spiegare l'esplosione evolutiva del Cambriano, la prima cosa da considerare è l' "esplosione evolutiva" della cellula eucariotica. E’ il salto evolutivo dalla cellula procariotica alla cellula eucariotica che ha permesso l'origine e l'evoluzione delle specie. E il primo contrassegno che dobbiamo sottolineare di questa evoluzione è il numero incredibilmente elevato di specie diverse il cui esito è stato l'estinzione.

La storia delle teorie dell'evoluzione, come ogni storia delle diverse concezioni del pensiero, è sterminata: ma non c'è una sola teoria dell'evoluzione che consideri il dispendio delle specie (e degli organismi di ogni specie) come il contrassegno principale, la chiave, per comprendere l'evoluzione della materia organica. Questo aspetto, in genere, è stato e continua ad essere sottovalutato o considerato come un dato di fatto sul quale non valga la pena di indagare.

martedì 29 giugno 2010

L'erroneo predominio del determinismo in biologia

La prima osservazione da fare, passando dalla fisica alla biologia, è che l'oggetto di quest'ultima si riduce quantitativamente a un'inezia, mentre qualitativamente cresce di complessità in maniera incommensurabile. La materia vivente rappresenta, infatti, una percentuale infima della enorme quantità di materia presente nel cosmo, ma, nel contempo, essa rappresenta il risultato più complesso e maturo della evoluzione. Per riflettere scientificamente questa complessità biologica, il pensiero dialettico è ancor più necessario che in fisica.

Darwin è stato l'unico importante teorico della biologia, perché ha concepito dialetticamente l'evoluzione necessaria delle specie, mentre, se non è stato in grado di riflettere la dinamica di questa evoluzione, lasciando nei pasticci i suoi successori, è soltanto perché ha concepito metafisicamente la selezione necessaria dei singoli organismi. Egli non è riuscito a risolvere la dialettica di caso e necessità, perché, pur avendo intuìto il ruolo del caso, non è riuscito a sottrarsi al dominio del pensiero deterministico-riduzionistico, giungendo alla conclusione contraddittoria che, se il caso è osservabile in ogni singola variazione, la selezione naturale opera necessariamente anche sui singoli organismi che variano.


Se il caso è stato il "terribile pasticcio" di Darwin, esso rappresenta oggi la bestia nera dei biologi di tutte le scuole, a tal punto che un biologo come Dawkins ha scritto un volume di 500 pagine, solo perché "dominato dall'idea del caso", e nella speranza di trovare un modo per ammansirlo e "strappargli gli artigli". Ciò che, invece, in questo volume vogliamo dimostrare è che, grazie alla logica dialettica fondata sulla polarità caso-necessità, è possibile affrontare in modo nuovo la biologia generale e in particolare la biologia molecolare, per raggiungere quei risultati scientifici che rimangono inevitabilmente preclusi all'attuale determinismo finalistico, riduzionistico e meccanicistico della teoria del "codice genetico".

Tratto da "Caso e necessità -  l'enigma svelato - Volume terzo  Biologia." (1993-2002) Inedito

L'irreale cosmologia del nostro tempo

La teoria della relatività di Einstein rappresenta la matrice comune delle principali teorie cosmologiche del Novecento. Questa teoria è fondata su una fittizia e irreale concezione dello spazio a quattro dimensioni, nella duplice forma di "spazio-tempo quadrimensionale" della relatività ristretta e di "continuo quadrimensionale immaginario curvato dalla gravitazione" della relatività generale. Una concezione che non è saltata fuori bella e fatta, come Minerva dalla testa di Giove, ma è stata lo sbocco finale di quel relativismo fittizio suggerito dalla teologia e maturato attraverso successive generazioni di filosofi e scienziati, a partire da Huygens e Leibniz, per continuare con Kant e in seguito con Mach e Poincaré, fino ad arrivare a Einstein e ai suoi garanti, Riemann e Minkowski. Per comprendere il contributo che la teoria della relatività ha dato alla irreale cosmologia del nostro tempo occorrono alcune premesse.

A partire dagli ultimi decenni dell'Ottocento, sostenuti dall'agnosticismo di Hume e Kant, assecondati dalla più completa ignoranza della teoria della conoscenza, i fisici hanno confuso la realtà del mondo esterno con i loro modelli. La distinzione tra realtà, concetti che servono a rifletterla, geometrie che servono a rappresentarla, formule ed equazioni che servono a misurarla è stata considerata dai fisici come un attentato alle loro "libere creazioni della mente", come un insulto alla elevata considerazione che merita la loro scienza. Così, per sciocca presunzione, essi hanno umiliato la realtà del mondo esterno sostituendola  non solo con concetti e modelli che non riescono a rifletterla, ma persino con denominazioni di cose fittizie e irreali.

domenica 27 giugno 2010

L'eterno movimento ciclico della materia

L'idea che la materia, nel suo ciclo attuale, partendo da uno stato originario di pura energia termica, sia evoluta fino alla forma dell'organismo cosciente, è un'idea recente che fatica ad imporsi, ma l'idea che i cicli della materia si rinnovino in perpetuo con quella necessità cieca che ha per fondamento il caso, e che di conseguenza la coscienza sarà sempre il prodotto più elevato di ogni ciclo, è un'idea che non viene neppure presa in considerazione.

Poiché non possiamo concepire una evoluzione che sia soltanto casuale, altrimenti sarebbe solo il caos eterno, o soltanto necessaria, altrimenti sarebbe predeterminata e affidata a un continuo atto di creazione sovrannaturale, sembra logico presupporre che caso e necessità siano tra loro in rapporto reciproco: non di caso assoluto o di necessità assoluta si può trattare, ma di caso e necessità relativi. Relativi a che cosa? All'unica certezza assoluta: il movimento della materia. Tutto è creato dal movimento della materia. Tutti i processi naturali dipendono dal movimento della materia in tutte le direzioni.

Poiché non possiamo concepire gli infiniti singoli movimenti in altro modo che come casuali, e del resto il caso da solo non può rendere ragione della evoluzione della materia, non rimane che concepire una casualità originaria che si rovesci dialetticamente in necessità, così da creare una polarità caso-necessità, dalla quale dipenda l'evoluzione stessa.

venerdì 25 giugno 2010

L'oggetto reale della conoscenza scientifica e la sua sfera d'azione

Riflessioni conclusive

Il Novecento, dopo la seconda guerra mondiale, sembra aver avuto un sacro timore della storia umana, rinnegando il passato e immaginando un presente autosufficiente, indipendente dalla storia. Così ha cominciato a produrre una menzogna dopo l'altra: menzogne in tutti i campi, da quello sociologico a quello filosofico e scientifico. La realtà è stata sommersa dalla finzione e da quella fittizia convenzione che già all'inizio del secolo e nei successivi decenni si era imposta nelle scienze della natura.

Il pensiero scientifico, invece di riflettere le leggi della natura, si è assoggettato all'ideologia dominante, seguendo la moda del fittizio e convenzionale pensiero filosofico, sociologico e storiografico. Perciò il "secolo della menzogna" è stato il secolo dell'umiliazione della scienza reale, sostituita da una mediocre scienza di piccolo cabotaggio, priva di bussola teorica e rollante ai margini di un oceano di dati empirici incomprensibili. Nessuna teoria scientifica, ridotta al miserabile status di paradigma, è stata in grado di comprendere il senso delle grandi questioni naturali e sociali che assillano la specie umana; di conseguenza non c'è ramo della scienza che non si senta impotente nell'indagine dei processi naturali e sociali che sono fondamentali per l'esistenza stessa della nostra specie.

mercoledì 23 giugno 2010

Prefazione tratta da “Caso e necessità. L’enigma svelato – Volume primo – Teoria della conoscenza” (1993-2002) (Inedito)

"L'arte di operare con dei concetti non è innata e neppure acquisita con la coscienza comune di tutti i giorni, ma richiede invece un pensiero reale e questo pensiero ha una lunga storia sperimentale, né più né meno dell'indagine naturalistica sperimentale. Appunto imparando a far propri i risultati dello sviluppo della filosofia durante venticinque secoli, essa si libererà da un lato da ogni filosofia della natura che stia a parte e al di fuori e al di sopra di essa, ma anche, d'altro lato, dal suo proprio metodo limitato di pensare, ereditato dall'empirismo inglese" (F. Engels, seconda prefazione all'Anti-Dühring).

E' passato più di un secolo da quando Engels espresse questo suo convincimento, offrendo alla comunità scientifica di fine Ottocento lo strumento del pensiero dialettico, come l'unico in grado di operare una sintesi generale dei risultati delle scienze della natura. Ma l'offerta non fu neppure presa in considerazione. A parziale giustificazione di quel rifiuto potremmo addurre il fatto che nemmeno Engels poté, allora, offrire la chiave di volta del pensiero dialettico, perché i tempi della scienza non erano ancora maturi.

Fino a tempi molto recenti, la pretesa dell'assoluta verità ha potuto appoggiarsi soltanto sull'assoluta necessità, garantita dalla connessione causale di tutte le cose; mentre, all'opposto, il relativismo possibilista ha fatto affidamento sul caso. Se la connessione di causa ed effetto ha sempre rappresentato il fondamento della necessità, il caso è sempre apparso come il fondamento del generico possibile, del probabile. Si tratta di due concezioni diametralmente opposte, metafisiche, le quali ammettono o solo la causa che assicura la necessità o solo il caso che concede, con la probabilità, una scappatoia dalla necessità stessa.

Chi ha frainteso Darwin? Tutti e ciascuno a modo suo

Avvertenza

L'autore di questo opuscolo ha dedicato quasi un ventennio allo studio delle scienze della natura e alla teoria della conoscenza per poter risolvere l'annoso problema del caso e della necessità. Studio che si è materializzato in quattro volumi ancora inediti, concernenti la teoria della conoscenza, la fisica, la biologia e la storia umana.

Terminato il lavoro nel 2007, dall'anno successivo l'autore si è limitato a seguire gli sviluppi di queste discipline, continuando i suoi studi e le sue riflessioni, passando dall'una all'altra a seconda delle occasioni del momento.
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