mercoledì 25 dicembre 2013

L'intelligenza umana da applicare alle macchine? Non montiamoci troppo la testa!

Il determinismo meccanicistico e riduzionistico, mai pago dei propri insuccessi nelle scienze biologiche, dopo la delusione del fallimento della genomica si è lanciato senza freni sulla connettomica: la nuova moda della neurologia sperimentale. Basta leggere il titolo di copertina del numero di Le Scienze di dicembre 2013: "Il linguaggio del cervello" (e il sottotitolo: "Come elabora e trasmette l'informazione la macchina più complessa del mondo"), per avere un quadro eccellente delle indomite illusioni delle scienze biologiche sottomesse alla metafora meccanicistica informatica.  
Nell'articolo, scritto a due mani, da Terrence Sejnowski e Tobi Delbruck, il cervello umano appare subito un raffinato sistema di comunicazione, mediante la conoscenza del quale ottenere macchine intelligenti. Ci possiamo, allora, stupire se escono film futuristici nei quali le macchine "chiacchierano" alla pari con gli umani su molti argomenti complessi, intendendosi molto bene, soprattutto, in faccende di truculenta violenza militare?

"CONNETTOMA" (2012) di Sebastian Seung -Seconda parte

(Continuazione) Prendiamo in considerazione il seguente brano con il quale l'autore, Seung, involontariamente ma sostanzialmente, ridicolizza lo stato attuale della scienza neurologica, allo scopo di offrire una nuova soluzione legata al connettoma: la connettopatia: "In sintesi, gli esperti credono che l'autismo e la schizofrenia siano causati (!) da una neuropatologia, causata (!) a sua volta dallo sviluppo anormale del cervello, causato (!) a sua volta da una combinazione di influssi (sic!) genetici e ambientali anormali. I neuroscienziati stanno muovendo i primi passi verso la scoperta dei geni che potrebbero aiutarli a stringere il cerchio sui processi dello sviluppo, e ciò sembra incoraggiante; ma ammetto con disagio che la domanda più importante è ancora senza risposta: cos'è la neuropatologia? E, visto che mancano i dati, le teorie fioccano".

Come si può osservare, sottolineate dai miei punti esclamativi, per la scienza neurologica le teorie dovrebbero riguardare le cause: dovrebbero essere tutte teorie deterministiche che pretendono scovare rapporti di causa-effetto. E ancora, la stranezza, sottolineata dall'autore, è che si producono teorie deterministiche per sopperire alla mancanza di dati, ossia proprio quando mancano i dati sperimentali! Ed egli, a sua volta, notando che fioccano le teorie in mancanza di dati, si concentra -sono le sue parole- "solo su quella che a mio parere è la più sensata, l'autismo e la schizofrenia sono connettopatie".

"CONNETTOMA" (2012) di Sebastian Seung -Prima parte

Vale la pena di dedicare due post all'autore di "CONNETTOMA", che affronta il tema dell'apprendimento e il tema della memoria. Riguardo al primo, egli osserva "come l'ispessimento della corteccia, così l'aumento del numero di sinapsi è correlato con l'apprendimento, ma la relazione di causa ed effetto non è chiara". La realtà è, infatti, che il determinismo fallisce in neurologia perché, alla prova dei fatti sperimentali, si può solo osservare che si tratta di aumento di singoli, numerosi eventi, i quali si rovesciano dialetticamente nella cieca necessità complessiva, come l'apprendimento, maggiore o minore, di nuove conoscenze e la loro memorizzazione.

L'autore parla di due processi di archiviazione dei ricordi: "Per trovare la soluzione al problema della memoria dobbiamo scoprire se sono coinvolte la ripesatura e la riconnessione e, in caso affermativo, in che modo. In precedenza ho spiegato la teoria secondo cui le associazioni e le catene sinaptiche sono i pattern di connessione relativi alla memoria. Ora farò un passo ulteriore, avanzerò la tesi che i pattern siano creati dalla ripesatura e dalla riconnessione, e affronterò le molte domande conseguenti. Per esempio, i due processi sono indipendenti o funzionano insieme? E per quale ragione il cervello dovrebbe usare entrambi, e non uno solo? E poi, possiamo spiegare alcuni limiti della memoria come deficit di questi due processi di archiviazione?"

L'indeterminismo dei coniugi Rose e la trascurata dialettica caso-necessità

I coniugi Hilary e Steven Rose hanno scritto a due mani il libro "GENI, CELLULE e CERVELLO" (pubblicato nel 2012), nel quale, per evitare la dialettica caso-necessità, contrappongono al determinismo riduzionistico la soluzione indeterministica, soluzione che  attribuiscono persino a Marx e Darwin: "Entrambi questi giganti delle teorie sociali e biologiche del diciannovesimo secolo erano radicalmente indeterministi (fatte salve la stranezza dell'idea degli stadi del progresso storico di Marx e alcune delle speranze progressistiche di Darwin). Noi condividiamo questo indeterminismo: gli uomini possono costruirsi la propria storia, ma la fanno in circostanze che comprendono sia la loro esistenza sociale corporea sia la loro esistenza biologica incorporata nella società".

Nel precedente libro, come abbiamo visto, Steven Rose aveva attribuito alla società e alla tecnica la capacità di plasmare ogni uomo. Nel contempo, egli aveva lasciato irrisolta la vecchia contrapposizione tra il determinismo democriteo e l'indeterminismo epicureo. Ma, in questo libro, assieme alla moglie Hilary, egli sceglie (a torto) l'indeterminismo di Epicuro, per poter respingere (a ragione) il determinismo riduzionistico  di Democrito. La scelta non deve stupire: l'indeterminismo è un prodotto degli anni Sessanta che ha plasmato la "contestazione" e, con essa, i coniugi Rose.

martedì 24 dicembre 2013

Steven Rose sui singoli individui plasmati da cultura, società e tecnologia

Steven Rose, "Il cervello del XXI secolo" (2005), compie la seguente osservazione conclusiva: "Nel corso di questi sette capitoli ho argomentato che possiamo comprendere il presente solo nel contesto del passato. La storia evolutiva spiega come siamo arrivati ad avere i cervelli che possediamo oggi. La storia di sviluppo spiega come emergono le persone individuali; la storia sociale e culturale fornisce il contesto che vincola e modella quello sviluppo; una storia di vita individuale plasmata dalla cultura, dalla società e dalla tecnologia si conclude con l'invecchiamento e alla fine con la morte".

Siamo nell'anno 2005, e ancora al primo posto continuano ad essere collocati i singoli individui culturalmente, socialmente e tecnologicamente plasmati. Come abbiamo già visto e vedremo ancora, altre questioni si porranno dopo il primo decennio del 2000, in parte suscitate dagli studi e riflessioni di un autodidatta (che nessuno peraltro nomina: non sia mai che i professionisti della scienza si lascino perturbare da un autodidatta!).

lunedì 23 dicembre 2013

Il concetto di emergenza in neurologia

Anche Gazzaniga, in "CHI COMANDA?" (2011), sottolinea il concetto di "emergenza" "come fenomeno comune accettato in fisica, biologia, chimica, sociologia, e persino nell'arte". "Tuttavia -egli aggiunge- l'idea di emergenza viene rigettata da molti neuroscienziati i quali siedono seriosi in disparte e continuano ancora a scuotere la testa. Stavano festeggiando il fatto di aver finalmente rimosso l'omuncolo dal cervello, sconfitto il dualismo, scacciato tutti i fantasmi dalla macchina (!): erano certi che dentro non fosse rimasto nulla. Temono, però, che inserire l'emergenza nella equazione possa implicare che il lavoro sia svolto da qualcosa di diverso rispetto a quella macchina deterministica che è il cervello, e che così si permetta al fantasma di rientrarvi".

E' il timore di dover abbandonare la "precisione" della metafora meccanicistica, sostenuta dal pensiero determinista, che fa scuotere la testa di molti scienziati di tutte le discipline di fronte all'idea dell'emergenza e, peggio ancora, di fronte all'idea della dialettica caso-necessità. Ma che il problema di fondo sia quello di evitare l'abbandono della metafora meccanicista lo conferma persino la posizione di Gazzaniga, pur benevolo, contraddittoriamente, nei confronti dell'emergenza.

domenica 22 dicembre 2013

Le metafore della causalità meccanicistica, dell'informazione e dell'emergenza deterministica

Da "NATURA INCOMPLETA" (2013) di Terrence W. Deacon.

Dopo aver considerato brevemente, sulla questione della causalità, la posizione di pensatori e studiosi delle origini della scienza moderna (come Francis Bacon, René Descartes, Baruch Spinoza) l'autore, Deacon, conclude: "Ciascuno alla sua maniera, questi pensatori riconoscevano che fare appello a contenuti mentali come cause fisiche serve poco più che a indicare una scatola nera senza aprirla".

Ed è qui che egli si scontra con una questione che solo chi scrive ha finora sollevato, riguardo alla concezione degli organismi intesi come macchine: e cioè che si tratta di una pura e semplice metafora. Infatti scrive: "La metafora della macchina è una semplificazione eccessiva e fuorviante. La tacita impostazione di una visione modellata sugli artifici umani, con la sua implicita logica del progetto, nel quadro di una metafisica materialistica che restringe l'introduzione di ogni cosa che somigli a una relazione di causa finale, genera la necessità logica di un universo caratterizzato dal telos ex machina, ove cioè disegno e finalità possono essere soltanto imposti dall'esterno. In un mondo simile noi sembriamo accidentali robot in cui girano ciecamente programmi generati dal caso".

sabato 21 dicembre 2013

Splendori e miserie della neurologia

Balzac per ben 13 anni (1835-1847) ha elaborato la sua opera principale, il cui titolo "Splendori e miserie delle cortigiane" ha acquistato una fama imperitura. Si può, allora, immaginare la sorpresa dell'autore di questo blog, lettore di molte opere di Balzac, nel leggere il seguente titolo del libro di Semir Zeki, uscito con "le Scienze" nel 2011: "Splendori e miserie del cervello": sottotitolo "L'amore, la creatività e la ricerca della felicità". Se queste sono le qualità del cervello umano, perché Zeki le ha paragonate alle cortigiane di Balzac, che vivevano nel vizio, nella prostituzione, nella delinquenza e nell'ipocrisia?

Nell'introduzione, l'autore svela le motivazioni del titolo balzachiano, ma lo fa con due considerazioni che si contraddicono: prima afferma che il cervello è "una macchina neurologica di complessità immensa",  "uno splendido trionfo evolutivo di ingegneria neurale, che consente al cervello non solo di ricavare conoscenza ma anche di generalizzarla". Poi sostiene che "Tale splendida facoltà implica sovente un prezzo da pagare, l'infelicità (!). Prezzo che, come vedremo, in quanto strettamente connesso alla creatività, può a sua volta tramutarsi in un vantaggio (sic!). Di qui il titolo del libro, che ho tratto dal grande romanzo di Balzac". Capisca chi può!

venerdì 20 dicembre 2013

Conferme parziali sulla critica dialettica alla genomica

Le idee di questo blog sembrano iniziare a girare, anche se parzialmente e non del tutto correttamente. E' ciò che intendiamo mostrare affrontando alcuni libri pubblicati di recente*. Possiamo cominciare dalle considerazioni tratte da "L'ULTIMO MISTERO DELLA EREDITARIETA'" (2011) di Richard C. Francis. L'autore sostiene che "La mente umana sembra essere predisposta verso il preformismo", soprattutto "quando si tratta di spiegare fenomeni complessi come lo sviluppo (o l'evoluzione)". Insomma, ci si richiama al preformismo, e di conseguenza al "creazionismo" e alla "mente di dio", perché tutto appare troppo complicato: questo sostiene Francis. Possiamo aggiungere questa personale riflessione: che la complessità naturale è troppo ostica per il determinismo umano; perciò il determinismo doveva necessariamente essere attribuito a una entità superiore, onnipotente: una divinità, appunto.

Ma rilevante è il fatto che Francis neghi il determinismo genomico come processo reale, per considerarlo semplicemente una metafora. Non è più il genoma che dirige: "L'idea del ruolo direttivo del genoma è piuttosto una interpretazione metaforica di questo processo..." Peccato, però, che, subito dopo, introduca egli stesso un'altra metafora: "la prospettiva del ruolo direttivo della cellula".
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