(Continuazione) Qui possiamo osservare il massimo del capovolgimento operato dalla relatività generale. Qui tutto è pura apparenza: a muoversi sarebbe solo lo spazio che si trascinerebbe dietro le masse presenti in esso, e De Robertis avvalora la banale immagine di un universo che si espande come un panettone, grazie alla pretesa espansione dello spazio stesso (sic!).
"La relatività generale ci consente di capire meglio l'origine del redshift. Non sono le galassie che si muovono, ma è il sistema di riferimento (la "metrica"), cioè lo spazio stesso, che si espande. Le galassie restano ferme rispetto allo spazio in espansione, come le uvette restano ferme nella parte del panettone che si espande lievitando. Ma se tutte le lunghezze cosmologiche si allungano a causa dell'espansione del sistema di riferimento, la relatività generale dimostra che si allungano nello stesso modo anche le lunghezze d'onda delle onde elettromagnetiche che viaggiano nello spazio. Più lontane sono le galassie osservate, più lungo è il tempo di percorrenza, maggiore è l'espansione dell'universo durante il viaggio della luce, maggiore sarà l'allungamento delle sue lunghezze d'onda. Se le lunghezze dell'universo si espandono di un certo fattore dal momento in cui la luce lascia la galassia osservata al momento in cui arriva ai nostri occhi, le lunghezze d'onda della luce proveniente da quella galassia si devono espandere dello stesso fattore. E' la spiegazione del fenomeno del redshift ".
Il paradosso è che sulla base di una teoria come quella della relatività generale sortisse una spiegazione che non piacque al suo autore. Einstein fu scettico, infatti, su questi risultati (di Friedman), preferendo l'universo statico. Ma poiché la matematica, con le equazioni di Einstein, porta l'universo a espandersi o a contrarsi, egli concepì una costante cosmologica per renderlo statico. In seguito, però, venuto a conoscenza dei risultati di Hubble, gli fece visita, si rese conto e gli diede ragione rinnegando la sua costante. Questo è soltanto un modesto esempio dei tanti aggiustamenti ad hoc, questa volta respinto per l'esistenza di osservazioni sperimentali, che dimostra, però, la tendenza dei fisici teorici a maneggiare equazioni, costanti, variabili, ecc. a loro piacimento
Ma cambiamo argomento. Passiamo alla densità della materia nel cosmo. E' molto bassa, ricorda De Robertis, solo 5 protoni per metro cubo di universo, nonostante la presenza di cospicui addensamenti di materia-massa. Se è possibile una densità così bassa è solo per l'esistenza di spazi vuoti incommensurabilmente enormi. Insomma, l'universo come serbatoio di materia appare praticamente vuoto. E' questo un formidabile esempio di dispendio naturale praticamente ignorato nel suo significato teorico.
Ma se l'enormità dello spazio vuoto si può già osservare a livello del Sistema solare con i suoi pianeti, satelliti, ecc., dice l'autore: "Ancor più vuoto è lo spazio tra le stelle, e più vuoto ancora lo spazio tra le galassie". E questo rapporto pieno-vuoto si rarefa sempre più quanto più grandi sono i contenitori considerati: i gruppi locali, gli ammassi e, infine, i superammassi. E c'è da pensare che i vuoti tra i filamenti dei superammassi e il centro stesso dell'universo siano di dimensioni incredibili, inimmaginabili.
Ma allora, se questa è la situazione, come fa la materia a dire allo spazio come curvarsi, semmai sarà lo spazio a dire alla materia: tu, nell'economia dell'universo, non conti proprio nulla. Ma è quando De Bernardis parla di sistemi materiali legati, grazie alla perdita di energia, che le cose tornano: + energia = - legame / - energia = + legame. Dunque lo sanno, ma preferiscono le spiegazioni antropomorfiche. E così impongono all'universo il concetto di organizzazione.
Scrive l'autore: "Viene da pensare che la maestosa gerarchia di strutture legate dalla forza di gravità che riempie oggi il cosmo -fatta di materia organizzata (sic!) in pianeti e stelle, a loro volta organizzata in galassie, a loro volta organizzate in ammassi di galassie, e filamenti e piani di galassie- non esistesse nell'universo primordiale. A causa dell'altissima temperatura, l'energia cinetica era elevata e non potevano esistere sistemi legati". Le ultime due righe sono corrette: dunque lo sanno, se vogliono rimanere in un ambito realistico, che i cosiddetti sistemi legati sorgono quando la repulsione dell'energia diminuisce e subentra l'attrazione gravitazionale, la quale è semplicemente la conseguenza di una privazione di energia-repulsione. Ecco la soluzione!
Ma poi questa conseguenza come viene interpretata? Nel capitolo sulla formazione delle strutture cosmiche, De Bernardis concepisce fittizie "organizzazioni" materiali: "L'universo attuale è organizzato (sic!) in una meravigliosa gerarchia di strutture eterogenee: stelle organizzate in galassie di forme e dimensioni diverse (...), galassie organizzate in ammassi di galassie (...), ammassi organizzati in una ragnatela di filamenti e piani di galassie (...) Tutte strutture tenute insieme dalla gravitazione." Ma una domanda non poteva mancare: "Come si è formata questa gerarchia di strutture eterogenee, a partire dall'omogeneità iniziale?"
Prima ci sarebbe la fase disgregante dell'agitazione termica da superare. In seguito "Laddove c'è un leggero addensamento di materia, la materia circostante viene attratta, rinforzando sempre di più l'addensamento, che potrebbe alla fine formare una galassia o un ammasso di galassie, separato dalle strutture circostanti, che si sono formate nello stesso modo, da regioni vuote. L'idea sembra ragionevole, ma non funziona per la materia ordinaria. Il processo di espansione dell'universo rende molto difficile l'aggregazione della materia per via gravitazionale".
Secondo certi calcoli, sostiene De Robertis, ci sarebbe voluto troppo tempo, molto più della decina di miliardi di anni. L'enigma è così rimasto irrisolto per molti anni "finché non è stata ipotizzata per altri motivi (...) l'esistenza di un tipo di materia che non interagisce con la luce (la cosiddetta materia oscura). Questa ipotetica materia può iniziare ad aggregarsi in addensamenti anche prima della formazione degli atomi (sic!)..."
Insomma, ancora una volta mediante un'ipotesi ad hoc che li traesse fuori dagli impacci, certi fisici, tra cui l'autore di questo libro, hanno inventato la preesistenza di una imprecisata materia oscura precedente la formazione della materia ordinaria. Ed è solo dopo questo exploit che De Bernardis prende in considerazione le due opposte ipotesi, a salire e a scendere: "Per anni si è discusso se la formazione delle diverse strutture fosse di tipo bottom-up (nel quale si formano prima le strutture piccole e poi le grandi, per aggregazione) oppure top-down (nel quale si formano prima le strutture grandi e poi le piccole per frantumazione".
Partendo da un big bang che proietta in tutte le direzioni l'intera energia cosmica, in seguito il raffreddamento può dare origine primariamente ai grandi corpi cosmici, i superammassi, e poi a scendere a strutture sempre più ridotte, fino alle galassie, ecc. La soluzion top-down è la più ovvia. Secondo l'autore, invece, "Oggi molte osservazioni favoriscono il primo scenario": il bottom-up. Ma è mai accaduto a una scienza della natura di ipotizzare inizialmente qualcosa che non fosse l'esatto capovolgimento della realtà? Bisognerebbe non smettere mai di ringraziare Marx per aver scoperto questa tendenza al capovolgimento, tendenza da correggere con il suo rovesciamento!
Invece, per De Bernardis: "la legge fisica che governa questo processo [visto capovolto] è la semplice legge di gravitazione universale"! Legge, in realtà, così poco semplice e così tanto fraintesa, che finora non è stata ancora risolta. (Continua)
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