venerdì 23 novembre 2012

3. Il moderno calcolatore al servizio della scienza, rispecchiando il dispendio naturale

(Continuazione) Con questo titolo, qui s'intende un'ipotesi già accennata in questo blog, e cioè che i grandi numeri, tipici dei processi naturali, possano essere rispecchiati dal collegamento di numerosi computer, ciò che già avviene nell'ambito di LHC e in altre situazioni tecnologiche. Come abbiamo più volte sostenuto in questo blog, i processi della natura si svolgono sulla base di un grande dispendio. Dai processi cosmici ai processi della vita è tutto un dispendio di grandi numeri. Perciò dice bene Capovani: "Una sfida per il futuro: trovare un efficiente sfruttamento di un gran numero (milioni) di calcolatori collegati in rete per reperire e strutturare grandissime quantità di dati".

Tutto ciò ha valore soprattutto là dove anche i più ostici deterministi devono ammettere il caso nella forma della complessità dei grandi numeri, come nell'esempio del metodo Monte Carlo. Scrive Capovani: "Gli algoritmi probabilistici, come il metodo Monte Carlo, furono introdotti con l'esplicito scopo di ridurre la complessità di determinate procedure algoritmiche o di aggirare delle vere impossibilità di risoluzione con metodi standard. Utilizzando algoritmi probabilistici è possibile trattare problemi difficili anche introducendo una incertezza, legata al valore assunto da opportune variabili casuali, sulla correttezza del risultato".

Naturalmente nessuno, eccetto l'autore di questo blog, ha la precisa consapevolezza della cieca necessità complessiva della natura, la quale ottiene risultati, da nessuno voluti, per mezzo di un grande dispendio. E' proprio con simili premesse che le macchine calcolatrici, inventate e prodotte dall'uomo, potrebbero essere fondamentali per affrontare sempre più e sempre meglio i dispendiosi processi naturali, regalandoci una conoscenza, altrimenti impossibile e senz'altro irrealizzabile con l'economico metodo deterministico.

giovedì 22 novembre 2012

2. Matematica, Scienza e Tecnologia

(Continuazione) Scrive Capovani: "Il rapporto tra matematica e natura, che è un rapporto armonioso tra astrazione e applicazione, è stato enormemente espanso con i calcolatori, favorendo la diffusione della matematica nei vari settori della scienza e della tecnologia. Anche la matematica più astratta, generata da motivazioni estetiche, ha profondi legami con il mondo reale". E per avvalorare questa convinzione cita Einstein e Galilei. Il primo che si domandò "... come va che la matematica, essendo fondamentalmente un prodotto del pensiero umano, indipendente dall'esperienza, spiega in modo così ammirevole le cose reali?" Il secondo che affermò "L'Universo... Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola..."

mercoledì 21 novembre 2012

1. Matematica, equivoci e incertezze

Per questa disanima ci serviremo di un breve saggio dal titolo "La matematica e il calcolatore" (2004) di Milvio Capovani. La validità di quest'opera deriva dalla considerazione della matematica non solo come astrazione pura, ma anche come strumento di calcolo. Tra questi due poli sono sempre esistite differenze, le quali rappresentano l'oggetto della nostra indagine.

Le motivazioni del sorgere della matematica sono indicate dall'autore nel suo incipit: "Fin dall'antichità l'uomo ha cercato di realizzare strumenti per agevolare i calcoli e per questo nel tempo ha, via via, ideato e realizzato strumenti di calcolo sempre più potenti e raffinati, fino alla creazione dei calcolatori dei giorni nostri".

La matematica, dunque, come calcolo, ossia misura, del mondo esterno. Certo, Capovani è interessato soprattutto a rifare la storia dei calcolatori, a cominciare da Blaise Pascal "che ha realizzato la prima calcolatrice meccanica capace di eseguire somme e sottrazioni" e da Gottfried Leibniz "che ha progettato una macchina in grado di eseguire somme, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni". Questa storia ci racconta, appunto, la matematica applicata alle macchine.

lunedì 19 novembre 2012

Il formalismo matematico applicato alla scienza e la conoscenza reale

Nel 1978 uscivano "I fondamenti della matematica dall'800 a oggi", composti da tre saggi scritti, in ordine, da Casari, Marchetti e Israel. Per i nostri scopi prenderemo in considerazione i primi due. Il primo tratta "Il problema dei fondamenti della matematica". Da questo saggio possiamo apprendere che anche in campo matematico si sono opposte le due linee pensiero riduzionistica e olistica. Cominciamo da quella riduzionistica.

Casari, indica tre tratti essenziali del riduzionismo: riguardo al primo, "questa riduzione fu sempre concepita in ogni sua fase, come un'analisi di ciò che era più complesso in termini di ciò che era più semplice, mediante l'uso di strumenti genericamente insiemistici e logici". Rispetto al secondo, "il lavoro riduttivo venne concepito in maniera determinata": ossia gli enti ottenuti per via di riduzione potevano anche subire una ulteriore analisi, ma erano qualcosa "di determinato in sé", perciò enti in qualche modo autonomi "sensatamente presupponibili". Infine: "Il terzo tratto importante è che, avendo l'esperienza insegnato a diffidare della intuizione, il rigore era d'obbligo e la necessità di definizioni esatte e dimostrazioni rigorose era fortemente sentita".

domenica 18 novembre 2012

La matematica appartiene alla scienza, e non viceversa, prof Elena Castellani

Nel recente numero di "Le Scienze", il contributo di Elena Castellani, nella sua rubrica, s'intitola "L'efficacia della matematica", sottotitolo: "Breve riflessione sul perché la matematica ci apre le porte del mondo fisico". Infine l'incipit recita: "Perché la matematica si applica con tanto successo allo studio dei fenomeni naturali?"

Se è indubitabile che la matematica appartiene alla scienza, essendo utile alla conoscenza come strumento di calcolo e di misura, sorgono molti dubbi sul fatto che essa possa essere, con i suoi modelli, un chiavistello che apra sempre le porte del mondo reale e non invece, come nelle fiabe, possa aprire soltanto mondi fantastici come ad esempio quello delle stringhe. Domandiamoci: che cosa prova che la matematica si applichi con tanto successo allo studio dei fenomeni naturali? Forse la pretesa scoperta del bosone di Higgs che ha confermato il modello standard? Ma se così fosse, avremmo nel contempo la prova che il matematico modello superstandard non "ci apre le porte del mondo fisico"!

Castellani cita il premio nobel Eugene Wigner e il suo contributo intitolato "L'irragionevole efficacia della matematica nelle scienze della natura", nella quale egli vedeva rappresentato "qualcosa che confina con il misterioso e per la quale non c'è una spiegazione razionale". Da cui ne deduceva che "non si può sapere se una teoria formulata nei termini di concetti matematici sia l'unica appropriata". Tutto ciò non sembra, però, favorire l'idea espressa dal titolo della breve riflessione di Castellani.

venerdì 16 novembre 2012

Ricerca teorico scientifica di un autodidatta

Ricerca ventennale di un autodidatta, negli anni 1993-2012. Questa ricerca è ormai giunta a scadenza. Alcuni dei suoi risultati sono comparsi in un libretto di 100 pagine di biologia, edito nel 2009, e in un blog aperto nell'estate del 2010, che ospita attualmente 282 post di teoria della conoscenza, fisica, biologia e storia, rappresentando 1/4 delle pagine in bella copia prodotte nel ventennio: pagine che ammontano complessivamente a circa 3000, divise in 10 volumi di diverse dimensioni.

Non c'è che dire, questa è una comunicazione affatto laconica, ma lo scopo è di mostrare, senza troppe lungaggini, che si può fare ricerca anche lontani dalle università e dalla comunità scientifica, con risultati non disprezzabili, soprattutto se, come in questa circostanza, si tratta di una nuova teoria della conoscenza che risolve la millenaria contrapposizione tra l'indeterminismo epicureo e il determinismo democriteo

giovedì 15 novembre 2012

IV Conclusioni sulla critica a Paola Dessì: il paradosso del determinismo statistico

(Continuazione) Passando al capitolo 6 "Complessità, cause, fini", primo paragrafo dal titolo significativo di "Causalità, probabilità e determinismo", potremo trovare i più recenti spropositi della teoria della conoscenza, dei quali la professoressa Dessì si fa garante. "Molti sono i filosofi, scrive l'autrice, che, a partire dagli anni Sessanta del Novecento, hanno cercato di analizzare la causalità in termini probabilistici", in altre parole "Si può rendere conto di questo fatto in termini di rilevanza statistica positiva". Il seguente esempio, citato da Dessì, ci permette di comprendere questa paradossale combinazione di causalità e probabilità.

Si tratta della valutazione di validità della somministrazione dei farmaci, utilizzando l'esperimento del doppio cieco su due gruppi di malati e di medici. Se il risultato del farmaco testato è positivo si può parlare di causa della guarigione? Secondo la nuova forma di determinismo, sì. Anche se gli sperimentatori si accontentano di buone percentuali di guarigione. Si tratta, insomma, di statistiche con percentuali diverse che non danno la garanzia assoluta di quella causalità che tuttavia viene invocata.  Per Dessì si tratterebbe di causalità, anche se in una forma indebolita! Il lungo brano che segue illustra perfettamente questa nuova impostazione.

martedì 13 novembre 2012

III Paola Dessì: disfarsi della causalità?

(Continuazione) Con questo titolo, Dessì apre il terzo capitolo citando Bertrand Russell, che nel 1912 scrisse: "La legge di causalità, secondo me, come molto di ciò che viene apprezzato dai filosofi, è relitto di un'età tramontata e sopravvive, come la monarchia, soltanto perché si suppone erroneamente che non arrecchi alcun danno". Anche Mach, qualche anno prima, aveva considerato la causa come un concetto vecchio, superato. Ma Dessì giustamente ricorda che nel 1864 Claude Bernard aveva pensato di applicare il determinismo in medicina; e così fece du Boys-Reynoud.

Per entrambi "l'esigenza di rigore scientifico" "si concretizzava nell'assumere a modello per la fisiologia la causalità meccanica e il determinismo, anche se la fisica alla fine dell'Ottocento andava evolvendo verso esiti lontani dalla ricerca delle cause". Ma indagare in un solo paragrafo il passaggio "dalle causalità all'indeterminismo" non permette di sviluppare la questione del rapporto caso probabilistico - necessità statistica, che molti, nel periodo più favorevole all'indeterminismo probabilistico, confusero.

lunedì 12 novembre 2012

II Paola Dessì: conoscenza reale della natura, la statistica dei complessi annulla la causalità

(Continuazione) Nel secondo capitolo dal titolo "Le cause alla prova dell'esperienza", scrive Dessì che per Hobbes "l'uomo può ricostruire con certezza soltanto le cose che egli stesso produce come accade con la geometria e con l'etica e la politica"... "Conosciamo completamente ciò che siamo in grado di fare, di costruire, e questo vale, secondo Hobbes, per tutto ciò che è riconducibile all'azione dell'uomo, delle macchine e della politica. Conoscere qualcosa significa saperlo fare, conoscere la ragione che presiede alla sua costruzione. Nel caso della natura, prodotta da Dio e non dall'uomo, questi non può avere certezza e deve accontentarsi di ricostruire per via ipotetico-deduttiva il possibile processo che ha generato un particolare stato di cose".

Qui Dessì non coglie il punto fondamentale che rende onore al merito di Hobbes, e cioè l'aver riconosciuto la validità del principio di causalità per l'opera dell'uomo. Ma, dati i tempi, egli non poté liberarsi da una visione religiosa che concepiva la natura come opera di dio, quindi non potè concludere che il principio di causa-effetto apparteneva solo all'opera dell'uomo, dovendo accettare il principio della causa suprema, divina, della natura. E così, là dove il concetto di causa-effetto avrebbe potuto essere la semplice constatazione del determinismo specifico dell'opera umana, che è sempre stato alla base dello sviluppo tecnologico, sorsero questioni meschine, tautologiche, per giustificare la causalità divina.

venerdì 9 novembre 2012

I Paola Dessì: ma che cosa è la causalità?

Domandarsi "che cosa è la causalità", come fa Paola Dessì nel suo libro del 2008, "Alla ricerca delle cause", significa cominciare dalle origini, perché la questione della "causa" e dell'inevitabile "effetto" è stata posta almeno dal V secolo avanti Cristo (Leucippo). Dessì vi aggiunge il problema del libero arbitrio, ovvero dei "due termini coinvolti, cioè libertà e determinismo...". Poi, esprime la seguente tesi: che dalla concezione della causa di Aristotele alla concezione odierna sarebbe sopravvissuta soltanto la "causa efficiente".

Ma sul principio di causa ed effetto, ella ricorda che "continua ancora oggi ad aleggiare il fantasma di David Hume, il quale riteneva che la necessità del rapporto causa-effetto fosse il risultato di un nostro istinto naturale e non di ragionamento". In sostanza, Hume attribuì la causalità all'abitudine di trovare frequentemente un dato "effetto" da una data "causa" (soggettivismo).

Nonostante Hume avesse contribuito, nel Settecento, alla decadenza della causalità, dice Dessì (esagerando, perché il secolo successivo, l'Ottocento, è stato dominato dal determinismo fondato sul rapporto di causa ed effetto) che, dagli anni Sessanta del XX secolo, ci sarebbe stata una ripresa del concetto di causa, soprattutto in discipline pratiche come la medicina e il diritto. L'idea è interessante e da tenere presente per i motivi che vedremo  in seguito, nei prossimi post.

giovedì 8 novembre 2012

Condanna implacabile quanto l'ignoranza scientifica

La condanna di sei uomini di scienza in relazione alla difficile questione della previsione di singole scosse sismiche disastrose, previsione la cui possibilità è strettamente dipendente da un'altra difficile questione: quella della connessione deterministica di causa-effetto, è per l'autore di questo blog uno stimolo a riprendere in considerazione il concetto di causalità. Stimolo che trova soddisfazione proprio nello specifico ambito pratico della attività umana. Perchè una cosa è valutare la connesione causa-effetto nella natura incontaminata (dall'uomo) come può essere l'universo, altra cosa è valutarla nella natura terrestre dove l'uomo vive e muore grazie anche al suo intervento sulla natura stessa.

Da tempo sostengo che i processi naturali sono soggetti alla dialettica naturale caso-necessità, ragion per cui la necessità naturale è cieca non essendo assoggettabile né a predeterminismi di origine divina né a determinismi di origine umana. Ma i sostenitori del determinismo hanno sempre avuto, per così dire, una carta a proprio vantaggio: il riferimento alla pratica umana, in relazione alla quale sono intenzionati a far valere le ragioni della causalità. E i campi che pretendono l'azione del rapporto diretto causa-effetto sono principalmente due: il diritto e la medicina, che hanno bisogno, per garantire il valore della propria funzione e attività, di argomenti più solidi delle probabilità.

mercoledì 7 novembre 2012

Riflessioni personali e questioni di metodo

I miei libri, i miei scritti sono le mie sintesi per la conoscenza: senza di esse gran parte del mio serbatoio di conoscenza andrebbe perso anche per me, perchè perderei la memoria delle riflessioni, dei ragionamenti, delle dimostrazioni svolte e delle soluzioni trovate. I miei scritti rappresentano la sintesi di vent'anni di lavoro su una nuova teoria della conoscenza, per comprendere la quale occorrono cervelli allenati da anni di studio e disposti a verificarla nell'ambito delle loro specifiche discipline. Personalmente ho cercato, dopo lunghi studi, di osservarla in ogni ramo scientifico a livello generale e su temi a me più noti. Gli specialisti dovrebbero verificarla non solo nei fondamentali delle loro discipline, ma anche sui problemi specifici, particolari e soprattutto più urgenti, da risolvere.

Occorre partire distingendo ciò che appartiene alla sfera del caso da ciò che appartiene alla sfera della necessità. Ad esempio, pioggia = necessità, ma che piova quando il grano deve maturare o deve essere raccolto, per quanto possa favorire o danneggiare gli interessi della produzione contadina, rientra nella sfera del caso. Occorre, però, considerare la seguente circostanza: il fatto che la necessità riguardi il complesso e che il caso riguardi i singoli elementi del complesso considerato non è spontaneamente accettato dal senso comune (soprattutto da quello matematico), e non viene facilmente accettato nemmeno dal pensiero filosofico e scientifico più profondo. Il motivo principale è psicologico: l'uomo, fin dai primordi, non ha accettato di essere individualmente soggetto al caso.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...