giovedì 8 maggio 2014

2] Il sorgere del neoempirismo logico

Le sue pretese riduzionistiche e le sue divisioni interne

(Continuazione) Dietro le infantili domande dei neoempiristi logici c'è la solita vecchia pretesa riduzionistica: quella di dissolvere i concetti complessi "in asserzioni elementari sui dati sensibili", pretesa che assume, e questa è la novità rispetto al vecchio Cartesio, la forma del divieto di qualsiasi "asserzione" che non sia induttiva. Tutto ciò che non appartiene al riduzionismo neoempirista logico, apparterrebbe così alla metafisica (diabolicamente profonda): ad esempio, il patrimonio di concetti che appartengono all'opposizione diametrale materialismo-idealismo (ribattezzati, rispettivamente, realismo e nominalismo), vengono dichiarati metafisici, ossia "privi di senso, in quanto non verificabili e vacui"!

Ma, dato che siamo in tema, vediamo a chi spettano l'insensatezza, l'inverificabilità e la vacuità. Il manifesto del Circolo di Vienna ha caratterizzato la sua "Concezione scientifica del mondo" con due soli attributi: "Primo, essa è empirista e positivista: si dà solo conoscenza empirica, basata su dati immediati. In ciò si ravvisa il limite dei contenuti della scienza genuina"

Se ripensiamo all'intelligente e profonda critica hegeliana all'immediatismo di Jacob, viene da sorridere di fronte alla vacuità della "scienza genuina" dei neoempiristi. Soltanto la più assoluta ignoranza della storia del pensiero umano poteva essere invocata a sostegno  del primo attributo della "conoscenza scientifica del mondo" neoempirista. E col secondo attributo le cose non vanno affatto meglio: "Secondo, la concezione del mondo è contraddistinta dall'applicazione di un preciso metodo, quello dell'analisi logica. Il lavoro scientifico tende, quindi, a conseguire, come suo scopo, l'unità della scienza applicando l'analisi logica al materiale empirico. Poiché il senso di ogni asserto scientifico deve risultare specificabile mediante riduzione (!) ad asserti sul dato, anche il senso del concetto, quale sia il settore della scienza cui questo appartiene, deve potersi stabilire mediante riduzione graduale (!) ad altri concetti, giù fino ai concetti di livello più basso (!), che concernono il dato medesimo".

Ma che cos'è questo, se non il vecchio riduzionismo cartesiano, ripescato dai neoempiristi logici, e con una presunzione sconosciuta persino al vecchio Descartes? E c'è forse bisogno di sottolineare la vacuità di questa analisi logica che riduce i concetti complessi "giù fino ai concetti di livello più basso"? Non è questa logica che è caduta in basso?

Se fin qui abbiamo seguito il Circolo di Vienna nel suo "genuino" proposito di unificare le scienze mediante la nuova analisi logica, senza però dare alcun credito a questa fisima, ora potremo facilmente renderci conto che non si può far credito a chi se lo nega da solo. Infatti, se il Circolo di Vienna ha ritenuto di farla facile, prima considerando la divisione della scienze come conseguenza dei pseudo problemi, poi proponendo un nuovo metodo "chiaro" e "semplice", alla fine il risultato è stato che il manifesto ha dovuto ammettere: "Attualmente in questo campo si fronteggiano tre correnti di pensiero: accanto al logicismo di Russell e Whitehead, stanno il formalismo di Hilbert (...), nonché l'intuizionismo di Brower, (...). Le divergenze fra i tre orientamenti vengono seguite con il massimo interesse nel Circolo di Vienna" (che dobbiamo considerare un'altra corrente, per non parlare delle dottrine di Wittgenstein, sulla cui base il Circolo, solo nella sua immaginazione, prevedeva una futura confluenza delle tre correnti suddette).*

Insomma, le divisioni, cacciate dalla porta, sono rientrate dalla finestra: così, la nuova logica formale si è trovata più divisa della scienza che essa voleva unificare. Si può dire di più: non esiste oggi ambito nel quale il solipsismo teorico spadroneggi tanto, quanto il neoempirismo logico! (Continua)

* Di fronte alle numerose voci che si contrappongono nel campo della logica formale, viene in mente quel tal personaggio di Chamfort che, capitato in una sala dove tutti si accapigliavano, chiese: "Che ne direste, signori, se parlassimo solo in quattro per volta?"

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Tratto da "Il caso e la necessità L'enigma svelato - Volume primo -Teoria della conoscenza" (1993-2002)

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