venerdì 5 maggio 2017

Il "tipo ideale" di Weber: una razionalizzazione sociologica

La sociologia di Weber rappresenta il vano tentativo di razionalizzare il comportamento individuale casuale: il suo "tipo ideale" non rappresenta, infatti, altro che un ideale comportamento razionale del singolo individuo sociale, depurato dalla casualità. La differenza tra il "tipo ideale" di Weber e il "tipo puro" di Marx è, in primo luogo, la differenza che passa tra la determinazione del comportamento del singolo individuo, fittizia astrazione del caso, e la determinazione dell'individuo collettivo, reale astrazione della necessità. Per questo motivo la sociologia weberiana non appartiene al campo delle teorie scientifiche, ma allo sterminato campo delle costruzioni ideologiche.

Nella sua  maggiore opera, "Economia e Società", Weber si pone il problema dell'oggetto della sociologia: "la sociologia ... deve designare una scienza la quale si propone di intendere in virtù di un procedimento interpretativo l'agire sociale, e quindi spiegarlo causalmente nel corso dei suoi effetti. Inoltre, per "agire", si deve intendere un atteggiamento umano (sia esso un fare o un tralasciare o un subire, di carattere esterno o interno), se e in quanto l'individuo che agisce o gli individui che agiscono congiungono ad esso un senso soggettivo. Per agire "sociale" si deve intendere un agire che sia riferito [...] all'atteggiamento di altri individui, e orientato nel suo corso in base a questo".

La principale preoccupazione di Weber è stata quella di fondare una scienza che avesse come oggetto "deterministico", necessario e prevedibile, il comportamento del singolo individuo in rapporto al comportamento di altri singoli individui. Come si vede, questa impostazione teorica è nel contempo deterministica e riduzionistica: ovvero sacrifica il caso, l'accidentalità alla stregua di un disturbo, come se l'individuo, oggetto della sociologia, potesse comportarsi da oggetto di esperimento scientifico (ed è noto che gli esperimenti più riusciti, in ogni ramo della scienza, sono quelli nei quali il caso viene il più possibile neutralizzato), e non fosse, invece, un reale individuo vivente che parte da se stesso e va incontro, in ogni momento, a ogni sorta di eventi accidentali, dai quali il suo comportamento è condizionato spontaneamente, spesso in maniera irriflessa o ciecamente necessaria, come quando, ad esempio, un uomo aggredito uccide il suo aggressore sulla base soltanto di una immediatistica sensazione di pericolo per la propria vita.

Ma vediamo le pretese della sociologia borghese dichiarate dal suo fondatore: "Da parte della considerazione scientifica, la quale procede all'elaborazione di tipi, tutte le connessioni di senso irrazionali, e condizionate affettivamente, del comportamento, che influiscono nell'agire, vengono indagate e presentate -per poterle meglio dominare- come "deviazioni" da un corso costruito in maniera puramente razionale rispetto ad uno scopo." Da questo punto di vista,  un uomo che uccide un aggressore rappresenta una "deviazione" dal corso normale, razionale; ma il termine di "deviazione" qui sta al posto di "situazione eccezionale" o "emergenza straordinaria" che può spiegare facilmente il panico di un singolo individuo aggredito. Ma come stanno le cose quando si prende in considerazione una collettività di individui sociali?

Weber cita come esempio il "panico in borsa". In questo caso, dice, "si stabilisce anzitutto, per motivi di opportunità (!?), come senza l'influenza da parte di effetti irrazionali si sarebbe svolto l'agire, e quindi vengono inserite come elementi "disturbanti" quelle componenti irrazionali". Come si vede egli usa i concetti di razionalità e irrazionalità nel senso, rispettivamente, di necessità e di caso. Per il sociologo la necessità è il razionale e il caso è l'irrazionale del comportamento sociale. "In maniera analoga, nel caso di un'azione politica e militare, si stabilisce anzitutto, per motivi di opportunità (sic!), come l'agire si sarebbe svolto se vi fosse stata conoscenza di tutte le circostanze e di tutte le intenzioni dei partecipanti, e se la scelta dei mezzi fosse stata rigorosamente razionale rispetto allo scopo, cioè orientata sulla base dell'esperienza che ci appare valida".

Allo stesso modo della scienza deterministica della natura, ad esempio della fisica, dove si riteneva che la conoscenza di tutti i dati relativi all'istante iniziale avrebbe permesso la previsione dello sviluppo futuro di qualsiasi fenomeno, la sociologia weberiana pretendeva conoscere le singole circostanze, le singole intenzioni, i singoli comportamenti dei partecipanti, per la previsione dei fenomeni sociali. Non diversamente dalla scienza, ad esempio, della fisica teorica, Weber non era interessato alla conoscenza delle reali singole circostanze, intenzioni e comportamenti individuali, al contrario egli pretendeva determinare un ideale, ovvero razionale (necessario), tipo di circostanze, intenzioni e comportamenti individuali, separando da esso gli elementi "disturbanti", ovvero irrazionali (casuali). Il fatto è che gli elementi "disturbanti" di "un panico in borsa" caratterizzano il fenomeno stesso come fenomeno "naturale", ossia non guidato dal binomio scopo-necessità, ma dalla dialettica dell'imprevedibile caso e della cieca necessità che ne deriva.

L'illusione era che il metodo sociologico permettesse di applicare la causalità agli elementi irrazionali che determinano le deviazioni rispetto al corso immaginato come razionale.  "Soltanto in questa maniera diventa allora possibile l'imputazione causale delle deviazioni rispetto a tale corso agli elementi irrazionali che le hanno determinate. La costruzione di un agire rigorosamente razionale rispetto allo scopo serve alla sociologia, in tali casi per intendere l'agire reale, influenzato da elementi irrazionali di ogni specie (affetti, errori, ecc.), quale "deviazione" dal corso che avrebbe luogo nel caso di un atteggiamento puramente razionale". Insomma, "la costruzione di un agire rigorosamente razionale rispetto allo scopo" a che cosa serviva? serviva a determinare necessariamente gli elementi irrazionali, ossia tutto ciò che appartiene alla sfera del caso, che si manifesta necessariamente come deviazione! Deviazione da che cosa? Non certo dal movimento reale sociale, ma dalla costruzione ideale (il tipo ideale), ovvero soggettiva del sociologo.

Con questa impostazione di metodo, Weber affronterà il rapporto probabilità-statistica. Avendo determinato il caso come devianza dalla necessità (ideale), egli considererà la statistica come connessione deterministica di causa ed effetto. Quindi, non sarà più in grado di vedere il caso come fondamento della frequenza statistica. Poiché, però, la frequenza media statistica è qualcosa che ha significato soltanto per un complesso di individui, mentre alla sociologia weberiana interessava il comportamento del singolo individuo, il "tipo ideale" diventò una maledizione per chi casualmente si trovasse al di fuori della media. Sarebbe stata un'eccezione e, in quanto tale, una devianza. Di conseguenza, anche l'eccezione statistica straordinaria, rappresentata da una intelligenza fuori del comune, da un comportamento scientifico fuori del comune, insomma, da un'opera di genio, sarebbe stata pur sempre una devianza. *

Ma Weber andò ancora oltre pretendendo determinare anche il puro caso. Se ciò che è probabile, ossia possibile, è, dal punto di vista del singolo individuo, qualcosa che può accadere e anche non accadere, dal punto di vista della collettività accadrà necessariamente come frequenza. Ma ciò che accade per il complesso, con una data frequenza media, comprese le "deviazioni" dalla media e persino le eccezioni statistiche, se riferito al singolo individuo, non permette alcuna determinazione perché la sua appartenenza a una data fascia di frequenza è imprevedibile e puramente casuale.

Per Weber, invece, la statistica forniva regole sociologiche per predire il comportamento razionale, normale, corretto dell'individuo tipico. Ma il determinismo sociologico, per togliersi dai piedi il trambusto provocato dal caso, così da far apparire il comportamento degli individui assolutamente necessario, doveva necessariamente sacrificare tutti quegli individui che non rientravano nella media, facendoli apparire devianti e irrazionali. Poiché, però, è un puro caso che Tizio rientri nella norma dettata dalla statistica, e che Caio non vi rientri, ecco che, alla fine, tutta l'operazione ideologica deterministica finisce in una bolla di sapone: le deviazioni dalla media saranno puramente casuali.

A questo punto, ciò che occorre sottolineare è l'errore fondamentale della sociologia weberiana, dal quale, poi, derivano tutti gli altri: essa non indagò l'agire sociale collettivo nel suo complesso, ma l'agire individuale. L'agire, secondo Weber, "si presenta sempre soltanto come atteggiamento di una o più persone singole". "D'altra parte, per differenti scopi conoscitivi (ad esempio giuridici) o per fini pratici (sic!) può essere opportuno (!?), e addirittura inevitabile considerare le formazioni sociali". Insomma, per Weber, le formazioni sociali avevano soltanto un ruolo di sfondo affatto secondario: nel proscenio stava il protagonista degli eventi, l'individuo singolo: "per l'interpretazione intelligibile dell'agire, a cui la sociologia aspira, queste formazioni sono semplicemente processi e connessioni dell'agire specifico di singoli uomini, perché questi soltanto costituiscono per noi il sostegno intelligibile di un agire orientato in base a un senso".

Quale senso orienti l'agire, o meglio, il concepire del sociologo del Novecento può ormai essere chiarito e sbrigato in poche parole. Abbiamo visto, in teoria della conoscenza, che l'individuo singolo, non potendo essere oggetto della scienza, è stato assunto come oggetto dalla religione. La sociologia, nella impostazione di Weber, appare, perciò, come una nuova religione, i cui precetti normativi appartengono al regno dei dogmi etico-religiosi. Non è un caso, quindi, che Weber abbia dedicato alla sfera della religione ben un terzo della prima parte della sua opera, e che i personaggi da lui più citati, in assoluto, siano stati Gesù, Maometto e Budda. Weber sembrava proprio ossessionato dalla concorrenza: la chiesa sociologica, sorta come forma ideologica e consolatoria per mascherare e lenire le contraddizioni sociali determinate dall'imperialismo (che ha dato vita a ben due guerre mondiali nel Novecento), ha avuto in Weber il suo santone.


* Sulla cattiva reputazione che le persone di genio hanno presso il pensiero comune, basta ascoltare ciò che Diderot fa dire al nipote di Rameau: "Sono buone a una sola cosa; fuori di questa niente, Non sanno che cosa sia essere cittadini, padri, madri, fratelli, parenti, nemici". Eppure è l'invidia che spinge il nipote di Rameau ad aggiungere: "Quando vengo a sapere, della loro vita privata, qualche particolare che li degrada, l'ascolto con piacere. Questo ci avvicina. Sopporto più facilmente la mia mediocrità". E così il pensiero comune, meschino, preferisce del genio gli aspetti che lo degradano, mentre respinge quell'unico aspetto per il quale il genio è genio, e che potrebbe, invece, utilizzare per elevarsi.

Tratto da "La dialettica caso-necessità nella storia" (2003-2005)





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