sabato 18 gennaio 2014

Lo strano paradosso che ostacola la comprensione della dialettica caso-necessità

E' giunto  il momento per l'autore di questo blog di fare un'altra pausa, ma non prima d'aver riflettuto su uno strano paradosso. In estrema sintesi si può affermare: è la superbia dell'individuo, il quale non accetta di appartenere alla sfera del caso singolare, che ostacola la comprensione della dialettica caso-necessità. E non c'è nulla che abbia sorpreso di più l'autore di questo blog, nella sua quasi trentennale indagine, del numero di prove empiriche sul fenomeno della superbia dell'io, persino del peggiore io che sia capitato sulla terra, del più sfortunato, del più sventurato, del più umiliato, del più mortificato e offeso: superbia che si manifesta nella repulsa della propria condizione oggettivamente casuale.

Nessuno vuole accettare di appartenere, come singolo individuo, alla sfera del caso. Con ciò intendendo che eventi individuali -quali momento della nascita, sesso, costituzione fisica, classe sociale dei genitori, reddito familiare passato, presente e futuro, ma persino stupidità o intelligenza- che appartenengono tutti, e sottolineo tutti, alla sfera del caso (come la fortuna e la sfortuna) vengono concepiti come appartenenti alla sfera della necessità e, di conseguenza, alle responsabilità individuali. 

Il giusto mezzo di Aristotele e la debolezza umana di fronte all'improvviso caso imprevedibile

E' noto il giusto mezzo aristotelico tra due estremi. Ad esempio: tra viltà e temerarietà c'è il coraggio, tra avarizia e prodigalità c'è la liberalità, tra ignavia e bramosia c'è l'ambizione, tra umiltà e orgoglio c'è la modestia, ecc. ecc. E il risultato di una autocorrezione è spesso il passaggio da un estremo all'altro, perché, come dice Aristotele: "Chi è cosciente di trovarsi a un estremo chiamerà virtù, non la posizione media, ma l'estremo opposto". E' per questa ragione che spesso il coraggioso può essere considerato un temerario dal codardo e un codardo dal temerario.

Aristotele fornisce una lunga descrizione, quasi un catalogo dell'uomo del "giusto mezzo". Ma per il nostro scopo possiamo limitarci alla seguente conclusione: "Egli è il migliore amico di se stesso ed ha il piacere di stare solo, mentre la persona priva di virtù o di capacità è il peggior nemico di se stesso e teme la solitudine". Qui troviamo, infatti, un elemento fondamentale che ci aiuterà a capire e risolvere l'intera questione: si tratta del termine "capacità".

venerdì 17 gennaio 2014

CHI FINANZIERA' LA PROSSIMA GRANDE SCOPERTA?

Facciamo nostro il titolo del contributo ("politica della scienza") comparso su "Le Scienze" Dicembre 2013, firmato dall'americano David J. Kappos*. Nel sottotitolo, l'autore scrive: "Micro-robot, farmaci personalizzati e altre tecnologie che potrebbero cambiarci la vita restano chiusi in laboratorio, in attesa di finanziamenti. Ecco come possiamo risolvere il problema". Si tratta dunque, principalmente di un problema di finanziamenti, che in sistema capitalistico seguono l'ovvia logica del profitto.

Kappos cerca di essere persuasivo con i seguenti argomenti: i laboratori scientifici continuano a fare continue scoperte. "Ma i successi della scienza non si traducono automaticamente in tecnologie capaci di conquistare il mondo. Questa trasmissione richiede tempo, denaro e pazienza: risorse che oggi scarseggiano". Perciò, "per ora viviamo di rendita e andiamo avanti solo grazie agli investimenti del passato" 

GRANDE SCIENZA = GRANDE TECNOLOGIA !

= GRANDI FINANZIAMENTI = GRANDI GUADAGNI = GRANDI PROFITTI!

La grande tecnologia produce "Una rete globale di idee per l'innovazione": questo è il titolo dell'indagine di "Le Scienze", dicembre 2013, su "Lo stato della scienza 2013", indagine che la redazione della rivista anticipa con un significativo contributo che citiamo qui di seguito:

"Molti di noi pensano alle invenzioni come idee che nascono dalla mente di un singolo individuo. Si tratta di una visione molto romantica ma decisamente lontana dal processo creativo che dà vita alle tecnologie che oggi plasmano il mondo, nel quale la collaborazione ha un ruolo sempre più importante: non c'è una lampadina che si accende nel cervello di una persona, ma tante lampadine, in una rete sociale di menti anche molto diverse tra loro. Oggi la connettività è sempre più pervasiva, e la possibilità di avere il contributo di scienziati e ingegneri di ogni continente ha ampliato più che mai gli orizzonti della creatività umana. Gli articoli delle pagine che seguono celebrano questa evoluzione e fanno luce su alcune sfide che comporta".

giovedì 16 gennaio 2014

III) Pesare l'universo: i supermassicci buchi neri

(Continuazione) Dice Evalyn Gates che i cugini, colossi, dei buchi neri stellari sono "i buchi neri supermassicci che si annidano nel centro della maggior parte delle galassie, incluse la nostra. I buchi neri supermassicci hanno masse pari a milioni o anche miliardi di volte quella solare e si ritiene che siano il motore che alimenta i quasar dell'universo primordiale". (Sempre da "IL TELESCOPIO DI EINSTEIN" 2009)

Nell'ipotesi, sostenuta dall'autore di questo blog (dell'universo costituito da contenitori di contenitori), ciò che dai cosmologi viene erroneamente definito "buco nero" altro non è che materia oscura della massima densità possibile, che si trova nel centro di ciascun contenitore: dalle galassie ai gruppi locali, agli ammassi, ai superammassi e, infine, all'universo intero. In questa ipotesi, la prima a formarsi è stata l'enorme, quasi infinita, materia oscura al centro del big bang (50%); successivamente si sono formate le materie oscure al centro dei superammassi (25%), ecc.

Scrive Gates: "Gli ammassi sono gli oggetti più grandi e massicci dell'universo e la maggior parte della loro massa è costituita da materia oscura. Studiarli significa dunque studiare la massa oscura dell'universo", della quale i fisici e i cosmologi non sanno ancora di che cosa si tratti realmente, non avendo ancora compreso che essa altro non è che la massima densità della materia, che ha perso tutta la sua energia radiante nella forma chiamata erroneamente "buco nero".

II) Massa o energia oscura?

(Continuazione) Sempre da Evelyn Gates veniamo a sapere che "L'energia oscura non si raggruppa come la massa, ma sembra permeare il cosmo in maniera più o meno omogenea". In realtà, dopo aver recuperato per l'ennesima volta la costante di Einstein come entità matematica, e questa volta per poter rendere conto dell'energia oscura, di quest'ultima, però, non si sa assolutamente nulla, mentre si sa da tempo che nel cosmo c'è una forma di energia invisibile che si fa sentire, ed è l'energia potenziale gravitazionale, tanto maggiore quanto maggiore è la massa che la esprime.

L'autrice parla di "una gigantesca ragnatela di materia oscura, cosparsa di galassie e di più rari ammassi che si collocano nei punti di intersezione come colossali ragni cosmici. Questa ragnatela è oscura, ma massiccia, e la sua formazione è stata influenzata dall'energia oscura". Nulla di più generico si poteva concludere dopo le numerose osservazioni cosmologiche!

I) Massa o energia oscura?

Ricaviamo da Evalyn Gates, "IL TELESCOPIO DI EINSTEIN la caccia alla materia oscura e all'energia oscura" (2009), la seguente osservazione: "La gravità, che si pensava fosse l'entità dominante alla scala dell'universo sta cedendo il controllo del cosmo a questa sostanza sconosciuta e invisibile": l'energia oscura! Ma "La materia oscura, qualunque cosa sia e ovunque si aggreghi, deforma anch'essa lo spazio che la circonda. La radiazione luminosa che si propaga nell'universo segue le pieghe di questa increspatura e descrive una traiettoria curva intorno a un oggetto massiccio, esattamente come se una lente gigantesca fosse stata collocata nello spazio. Le deformazioni nella trama dello spazio si comportano come lenti gravitazionali che deviano la luce in maniera del tutto simili a quanto fanno le lenti meno esotiche, di vetro o di plastica".

Così è sorto "un nuovo mistero: che cosa sono queste sostanze oscure che dominano il cosmo?" Se i fisici avessero dato ascolto ad Engels, avrebbero saputo da molto tempo che il cosmo è dominato soltanto dalla polarità dialettica repulsione (energia) - attrazione (gravitazione). Allora, la questione principale sarebbe stata quella di stabilire l'entità del dispendio riguardante questa polarità, ossia, quanta energia esiste originariamente e quanta va perduta rovesciandosi nel proprio opposto polare: la massa gravitazionale.

Dal 1998, i cosmologi, partendo dalla concezione dell'universo "a salire", hanno creduto di scoprire l'accelerazione dell'allontanamento delle galassie invece del loro rallentamento, e hanno creduto di poterne attribuire la causa a una pretesa energia oscura. Secondo la teoria dialettica, è invece da ritenere che, nella evoluzione del cosmo, in un universo "a scendere", siano i successivi collassi (che formano all'interno i cosiddetti buchi neri e proiettano all'esterno "schegge" di materia luminosa) ad essere responsabili di accelerazioni soltanto locali.

mercoledì 15 gennaio 2014

Boncinelli cita il sommo poeta per ribadire il riduzionismo

Già nel titolo "Prove tecniche di trasmissione", Boncinelli manifesta una impostazione meccanicistica. Poi, prendendo in considerazione l'inizio della formazione degli occhi e della vista nell'uomo, osserva: "Gli occhi sono ancora incompleti, e comunque rigorosamente chiusi. Quindi non potrebbero inviare nessun segnale di tipo visivo: ma lo fanno inviando pseudosegnali visivi di natura elettrica ai corrispondenti centri cerebrali".

Insomma, all'origine della vista ci deve essere una preparazione che per Boncinelli avrebbe una doppia finalità meccanicistica: metaforicamente si tratterebbe di "una sorta di proiezione cinematografica interna in attesa del vero e proprio spettacolo della vita, che non potrebbe aver luogo se non fosse stato preceduto a tempo debito dalla proiezione precoce".

La scoperta della cieca necessità complessiva in esperimenti neurologici

Nel febbraio 2007 usciva su "Le Scienze" un interessante articolo su esperimenti neurologici che confermano le tesi di questo blog, e cioè che i risultati necessari in natura sono conseguenza di complessi di numerosi elementi casuali. Si tratta dell'articolo di Miguel A.L. Nicolelis e Sidarta Ribeiro dal titolo "Decifrare il linguaggio del cervello". Gli autori hanno eseguito esperimenti neurologici su Esche, un topo: in particolare sulla sensibilità delle vibrisse. Ma prima citano esperimenti degli anni Novanta dove si scoprì l'esistenza di aggregati di migliaia di neuroni chiamati poi barili.

Partendo da quei risultati gli autori, anzi uno di loro, Nicoleis, "decise di applicare un nuovo metodo per ascoltare l'attività elettrica simultanea di numerosi neuroni". Per farla breve, arrivarono al risultato che "fu insieme chiaro e scioccante: singole deflessioni delle vibrisse in animali svegli innescavano complesse onde di attività elettrica, che attraversavano molteplici aggregati a barile in ciascuna struttura del sistema trigeminale (...).

domenica 5 gennaio 2014

II] Costituenti ultimi, senza fine, della materia

Don Lincoln, fisico del Fermilab, ha scritto un articolo dal titolo "L'universo è un luogo complesso e intricato" (pubblicato su "Le Scienze" del gennaio 2013), la cui ultima parte va presa in considerazione perchè molto significativa. Egli comincia riassumendo in breve la storia di LHC.

"Nel 2011 il Large Hadron Collider ha fatto collidere fasci di protoni a un'energia di 7000 miliardi di elettronvolt (7 teraelettronvolt), 3,5 volte il precedente primato mondiale (detenuto dal Tevatron del Fermilab per più di un quarto di secolo). In un anno LHC ha generato una quantità di dati pari a metà di tutti i dati raccolti dal Tevatron nel corso dei suoi 28 anni di attività. Nel 2012 il CERN ha portato l'energia di LHC a 8 teraelettronvolt, prevedendo di quadruplicare la raccolta di dati prima di uno spegnimento temporaneo di un anno e mezzo per riparazioni e migliorie. LHC dovrebbe riprendere le operazioni alla fine del 2014 o all'inizio del 2015, facendo collidere i protoni a 13 o 14 teraelettronvolt e a un ritmo molto maggiore"

Secondo l'autore "Il piccolo incremento di energia del 2012 può sembrare una cosa da poco, ma significa molto per la ricerca dei preoni. La piccola variazione nell'energia del fascio quintuplicherà il numero di collisioni alle massime energie, nelle quali si sondano le dimensioni minime, che sono esattamente il tipo di eventi di cui abbiamo bisogno per cercare prove dei preoni. Le migliorie del 2014 e del 2015 porteranno a un entusiasmante aumento di potenzialità". Come si vede, si rincara la dose dell'entusiasmo tecnologico solo per "riscaldare" gli investimenti raffreddati da scoperte risibili come quella del bosone di Higgs,  mentre si finge grande entusiasmo per la ricerca di un fantasma chiamato preone.

I] Costituenti ultimi, senza fine, della materia

Altrove abbiamo spiegato perché è erronea la visione della materia costituita di parti o componenti sempre più piccole. Per i fisici teorici, invece, dopo aver teorizzato i quark come costituenti ultimi, adesso è la volta dei preoni, concepiti come componenti dei quark. Come abbiamo già affermato, l'errore consiste nel fatto che il cosiddetto componente è più massivo del composto, tanto che per "trovarlo" occorre restituirgli un'energia sempre più grande: è il famigerato "difetto di massa" che dovrebbe essere chiamato più correttamente difetto di energia, perché è l'energia che si dissipa nel dar luogo al cosiddetto composto.

Ne consegue che il preone dovrebbe avere molta ma molta più energia del suo composto, il quark: energia che si è persa nel raffreddamento dell'universo e perciò è inesistente, allo stato attuale, persino nei nuclei galattici. Ora, poiché occorrerebbe recuperare un livello di energia duraturo molto elevato per vedere, per così dire, i quark liberi, che energia primordiale dovrebbe esistere per riprodurre i preoni liberi?

Ciò che si dovrebbe chiarire, una volta per tutte, è che, se l'energia ha un suo massimo (supposto che sia il livello della cosiddetta massa di Planck), i processi umani, ossia i processi fisici riprodotti con energie possibili sulla terra, saranno sempre troppo, troppo lontani da quel livello massimo. Ma ciò che conta scientificamente non è raggiungere l'impossibile particella ultima coincidente con la massa di Planck, l'importante è comprendere l'evoluzione del cosmo scandita dalla dialettica repulsione-attrazione. Tutto il resto è solo una patina di bugie interessate, prodotte da fisici teorici che non sanno come giustificare economicamente la loro attività in luoghi come Fermilab o LHC.

sabato 4 gennaio 2014

8. Conclusioni sulla simmetria matematica

(Continuazione) Scrive Stewart: "Nel corso della storia, la matematica si è arricchita grazie a due fonti principali. Una è il mondo naturale, l'altra è l'astrazione del pensiero logico. Sono queste due basi che, agendo insieme, dànno alla disciplina il suo potere di fornirci informazioni sull'universo".

Ecco una banale ovvietà, posta a fondamento della matematica fisica! Ma le due "fonti principali", la natura e il pensiero riflettente, non hanno soltanto "arricchito" la matematica, hanno costituito il punto di partenza della evoluzione della coscienza umana. Soltanto a dei matematici poteva venire in mente che la loro disciplina fosse intellettualmente superiore. Per il pensiero dialettico, invece, il pensiero matematico è di più basso livello, perché, per lo più, è banalmente tautologico.

Secondo Stewart, Dirac aveva compreso benissimo che la matematica si era arricchita grazie alla natura e alla logica, avendo affermato: "Il matematico è impegnato in un gioco di cui si scrive da solo le regole, mentre il fisico gioca con le regole fornite dalla natura. Ma con il passare del tempo appare sempre più evidente che le regole che un matematico trova interessanti sono proprio le stesse scelte dalla natura".

7. Teoria delle stringhe e oltre

(Continuazione) "La vera domanda è: le elegantissime idee di Witten sono di qualche utilità nella ricerca fisica? O l'obiettivo dell'eleganza formale lo ha distolto dalla retta via, conducendolo in un vicolo cieco matemativo privo di collegamenti con la realtà?" La domanda vera è qui posta da Stewart. E la risposta deve essere data dai fisici teorici, aiutati dai pratici. Anche se dubitiamo che i primi siano in grado di farlo o lo vogliano fare.

Ma vediamo come stanno le cose: "Oggi si registra una certa reazione contro la teoria delle stringhe, non tanto perché si pensa che sia sbagliata, ma perché non c'è modo si sapere se sia giusta (sic!). Molti fisici autorevoli, soprattutto sperimentali, sono sempre rimasti scettici nei confronti di una teoria che non permette loro di fare alcunché: non c'era nessuna previsione da verificare, nessun dato da misurare". In definitiva, sperimentalmente, è del tutto inutile!

"Ovviamente dalle stringhe si dovrà prima o poi ricavare la previsione di un nuovo fenomeno e verificarlo sperimentalmente, compiendo così il passaggio dalla speculazione alla vera fisica. La necessità di accordarsi con tutto ciò che oggi sappiamo non implica che sia impossibile arrivare a formulare una di queste previsioni, ma spiega solo perché è molto difficile". Infine, Stewart ammette: "Non vorrei dare l'impressione che le superstringhe siano le uniche candidate alla carica di grande unificatore tra quanti e relatività. Esistono varie proposte concorrenti, che però soffrono tutte dello stesso male: la mancanza di supporto sperimentale". In parole povere, sono tutte frutto di matematica-fisica astratta, e sono tante teorie quante sono le equìpe di matematici-fisici concorrenti.

venerdì 3 gennaio 2014

6. La rottura della simmetria e la Teoria del Tutto

(Continuazione) Scrive Stewart: "La convinzione che la Teoria del Tutto esista davvero mi fa venire in mente le religioni monoteiste, che nel corso dei secoli hanno rimpiazzato le più disparate collezioni di divinità dai poteri limitati con un solo dio, onnipotente e onnicomprensivo". L'analogia è azzeccata.

"Quando una cultura giustifica l'esistenza del Sole con un dio sole e quella della pioggia con un dio della pioggia, può dotare queste due divinità di caratteristiche specifiche. Ma se si pensa che i due fenomeni siano controllati dallo stesso nume, corre il rischio di infilare a forza due cose molto diverse nello stesso cesto. Dunque in un certo senso la fisica delle particelle elementari è "fondamentalista"...


Anche questa considerazione è azzeccata, purtuttavia l'autore afferma: "Nonostante queste riserve, il mio cuore batte (sic!) per i fondamentalisti. Mi piacerebbe vedere un giorno la nascita di una Teoria del Tutto, e sarei estasiato se dentro ci fosse molta matematica, bella e vera. Penso che anche i fedeli possano sperare la stessa cosa, perché una teoria del genere sarebbe la prova della potenza, del buon gusto e dell'intelligenza del dio in cui credono"!!!

5. Sul moto relativo fittizio e la relatività di Einstein

(Continuazione) Non distinguendo tra moto relativo reale e moto relativo fittizio, sembra che la "relatività" sia stata un proprietà applicabile alla materia, mentre essa è stata solo una convenzione utile a relazioni matematiche. Così Stewart, come tutti i fisici, confonde la "relatività" matematica con una pretesa relatività della cosa da studiare: il moto. Infatti scrive: "cosa significa "in movimento"? Va bene dire che il treno si muove e i binari sono fermi, ma rispetto a che cosa? Il moto è un concetto relativo. Noi, ad esempio, non ci accorgiamo che la Terra gira, ma lo deduciamo dalle albe e dai tramonti; in realtà non "sentiamo" in noi la rotazione".

Il fatto di non sentire qualcosa di reale, il fatto che il senso comune il più delle volte suggerisca apparenze fallaci, e non solo in fisica, non conferma il relativismo fittizio del "come se". La conoscenza di una cosa o di un evento o di un processo non deve necessariamente soddisfare il senso comune, deve, invece soddisfare il rispecchiamento della realtà di questa cosa o avvenimento o processo. Allora, anche se noi non "sentiamo" la rotazione della Terra attorno al Sole, questa è comunque la realtà, che possiamo rispecchiare scegliendo il reale sistema di riferimento.

giovedì 2 gennaio 2014

4. Geometria associata a gruppi di simmetrie


(Continuazione) Nel 1870 "Camille Jordan convertì Lie alla causa della geometria. All'epoca si riteneva con crescente convinzione che la geometria e la teoria dei gruppi fossero due facce della stessa medaglia, ma ci volle un bel pò di tempo prima che la connessione venisse esplicitata in modo esaustivo". Ci penseranno Lie e Klein dimostrando, nel 1872, che la geometria e la teoria dei gruppi erano la stessa cosa.

"Col senno di poi, e utilizzando la terminologia moderna, la cosa appare ovvia. Data una geometria, le si può associare il suo gruppo di simmetria, viceversa, la geometria associata a un gruppo è l'oggetto che possiede le simmetrie descritte dal gruppo stesso. In pratica, una particolare geometria è definita in base agli oggetti invarianti rispetto all'azione di un certo gruppo".


"Perché allora prendersi la briga di trasformare la geometria in teoria dei gruppi, se le due cose sono la stessa cosa? Perché in questo modo abbiamo due punti di vista differenti sotto cui studiare due settori diversi della matematica. In certi casi è più facile adottare l'approccio geometrico, in altri quello algebrico. Due visuali di un campo sono meglio di una sola".

3. Che cos'è una simmetria?

(Continuazione) Seguiamo ancora Stewart: "Finora il collegamento tra gruppi e simmetrie è stato in un certo senso metaforico. Ora dobbiamo renderlo più esplicito, grazie a un punto di vista geometrico". "Per farci un'idea di come stanno le cose, daremo un'occhiata al mio gruppo favorito: quello delle simmetrie di un triangolo equilatero. E affronteremo finalmente la questione di fondo: che cos'è di preciso una simmetria?"

"Prima di Galois, le risposte a questa domanda erano vaghe e imprecise". "Dopo Galois... la risposta divenne semplice e univoca. Innanzi tutto non si parlò più "della" simmetria, ma di "una" simmetria. Gli oggetti non possiedono questa generica proprietà: hanno, o non hanno, una o più simmetrie specifiche. E "una simmetria è una trasformazione che conserva la struttura di un oggetto, ... è un processo, un'azione, non una cosa. Le simmetrie di Galois sono permutazioni (...), cioè modi per risistemare gli oggetti. Strettamente parlando, non sono le disposizioni in sé, ma le regole applicate per la disposizione: non il piatto, ma la ricetta".

mercoledì 1 gennaio 2014

2. Il lavoro del matematico

(Continuazione) Stewart sostiene che "Non potendo permettersi il lusso della osservazione e dell'esperimento, il matematico deve verificare la bontà del suo lavoro sulla base della coerenza logica interna". Questa base è fornita dalle dimostrazioni che "hanno bisogno di solide basi e non possono andare indietro all'infinito". "Oggi chiamiamo queste verità di base con il nome di assiomi o postulati. In una partita matematica, queste sono le regole del gioco".

Il passo che segue illustra efficacemente il metodo di lavoro del matematico puro: "Se qualcuno ha obiezioni nei confronti degli assiomi, può cambiarli e dare così vita a un diverso gioco. La matematica non sostiene che una certa affermazione sia vera in senso assoluto, ma solo che discenda in modo logico da un insieme di fatti di partenza. Questo non implica affatto che i postulati da cui facciamo scaturire il tutto siano immutabili e che non possano essere criticati. Capita che si discuta tra matematici se un certo sistema assiomatico sia meglio o peggio di un altro per determinati scopi, o se abbia maggior merito o interesse intrinseco. Ma questi dibattiti non minano la logica interna di un particolare gioco, perché servono solo a decidere se le partite che possiamo giocare sono utili, interessanti o magari divertenti".

1. Il mito matematico della simmetria

Questo è il primo di una serie di post sulla simmetria in fisica, post che rappresentano una sintesi critica di un libro molto interessante nel quale si conferma che la simmetria è la religione dei matematici fisici, ma è anche la massima espressione del loro edonismo. Non a caso l'autore, Ian Stewart, intitola: "L'eleganza della verità" il suo libro sulla "Storia della simmetria" (uscito nel 2007), e intitola "In cerca di verità e bellezza" il suo ultimo capitolo. Riassumendo:  simmetria, verità, eleganza e bellezza sono qualità esaltate per quella che Wigner definì "l'irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali".

Nella sua prefazione, l'autore ci ricorda che per simmetria non s'intende un valore numerico o una forma geometrica, "ma un tipo particolare di trasformazione, cioè un modo di spostare le cose. Se un oggetto ha ancora lo stesso aspetto dopo una certa trasformazione (...) allora siamo in presenza di una simmetria".

Insomma, per i matematici è importantissimo ciò che per un dialettico come Marx era solo degno di ironia: la qualità che tutto accomuna e nulla distingue può apparire bella, elegante, e degna di attenzione per chi non ha alcun interesse a scoprire le reali differenze. Ma, in sostanza, rispetto alla realtà materiale, se la simmetria non cambia l'aspetto delle cose, bisogna poi vedere che cosa cambia realmente le cose. Così si può scoprire che le cose mutano, ossia evolvono in maniera asimmetrica. E ciò avviene non soltanto nella materia vivente, oggetto della biologia, ma anche nella materia non vivente, oggetto della fisica.
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