Abbiamo visto che il principio darwiniano della lotta per l'esistenza impone alla selezione individuale una direzione benefica, mentre, in realtà, la selezione del singolo individuo è il risultato casuale delle infinite correlazioni tra organismi e ambiente, in tutte le direzioni. Perciò dire che gli individui sopravvissuti sono i più adattati o, viceversa, che gli individui più adattati all'ambiente, ecc. hanno maggiori probabilità di sopravvivenza, significa affermare qualcosa di arbitrario, perché qualsiasi organismo può trovare nei "rapporti infinitamente complessi" ovvero nel "groviglio" della natura, la propria fine accidentale o, al contrario, vantaggi di sopravvivenza persino insperati. Se, invece, da ciò ricaviamo che le specie che si conservano sono in media rappresentate da individui adattati, ciò ha valore solo per il complesso ed ha un valore solo descrittivo, non esplicativo.
Il determinismo ha sempre preteso determinare la necessità complessiva mediante la necessità dei singoli rapporti tra singoli oggetti, individui: così, se consideriamo un singolo segmento del groviglio della natura, il determinista ci assicura di poter trovare concatenazioni di cause ed effetti. Per spiegarci con un esempio, citato da Darwin, leggiamo che cosa afferma Newman: "In prossimità dei villaggi e delle piccole città ho trovato nidi di bombi in maggior numero che altrove e attribuisco questo fatto al maggior numero di gatti che distruggono i topi". Darwin commenta: "Dunque è perfettamente credibile che la presenza di grandi gruppi di felini in un dato territorio possa condizionare, tramite l’intervento dei topi prima e delle api poi, la densità di taluni fiori del territorio" ("L'origine delle specie").