venerdì 23 maggio 2014

I] Domande e risposte della cosmologia

Tratte da "Osservare l'universo" (2010) di Paolo De Bernardis

L'importanza di questo libro, sia in positivo che in negativo, merita una attenzione particolare. Per questo gli dedicheremo tre post. Cominceremo con la dichiarazione d'intenti del suo autore: "studieremo l'universo nella sua globalità e la sua evoluzione: studieremo la cosmologia". Ed ecco le domande che egli propone: "Quanto grande è l'universo? L'universo evolve? C'è stato un inizio? Ci sarà una fine? Di che cosa è fatto l'universo? Tutte domande che vengono da lontano". Interessante è, però, la seguente ammissione: "comincia a crollare l'idea dell'universo eterno e immutabile che tanto piaceva a Newton e che tanto piacerà a Einstein".

Riguardo a quest'ultimo, riportiamo subito alcune osservazioni di De Bernardis: la prima riguarda la relatività ristretta, nel cui ambito Einstein pensò "che la gravità non fosse necessariamente da descrivere come una forza: un'accelerazione opportuna può provocare esattamente gli stessi effetti. E quindi si possono descrivere gli effetti della gravità come effetti di un movimento. Ma dalla relatività speciale sappiamo che il movimento modifica il tempo e le lunghezze. L'effetto della gravità è quindi di modificare le lunghezze e i tempi, deformando così la geometria dello spazio-tempo".

Questa "deformazione" è però soltanto una faccenda matematico-geometrica, non fisica. E, comunque, anche De Bernardis, come la maggior parte dei fisici, non vede la differenza che distingue la relatività generale dalla relatività ristretta o speciale. Mentre quest'ultima è fondata sullo spazio-tempo (tre coordinate spaziali e una temporale), la prima consiste in un continuo quadrimensionale immaginario curvato dalla gravitazione: un continuo convenzionale tratto dalla matematica curvilinea di Riemann a quattro generiche coordinate.

De Bernardis crede di poter tralasciare questa differenza perché imposta la faccenda nel modo seguente: "Lo spazio-tempo lontano dalle masse è rappresentato dalla normale geometria di Euclide, nella quale la metrica è data dal teorema di Pitagora. Vicino alle masse, invece, la geometria viene deformata. Viene modificata la metrica, non vale più il teorema di Pitagora. Lo spazio-tempo viene curvato dalla presenza delle masse e della gravità. Einstein ne calcolò il modo, utilizzando le geometrie "curve" sviluppate a partire dal secolo precedente da grandi matematici come Gauss, Lobacevskj, Beltrami, Riemann, Minkowski."

Ma i grandi matematici dell'Ottocento non pensavano affatto che la gravità potesse "curvare" delle geometrie, le loro! Queste geometrie sono state utili a calcolare le deviazioni prodotte dalla gravitazione sulla materia, compresa la forma più sottile della materia, la luce. Ma non potevano certo curvare un concetto né tanto meno quello di spazio, o peggio ancora quello di spazio-tempo, anche perché la geometria curvilinea della relatività generale non ha più niente a che vedere con quest'ultimo.

De Bernardis scrive che Einstein "riuscì così a formulare e a pubblicare nel 1915 la più generale teoria della gravitazione di cui disponiamo, che permette di studiare i fenomeni gravitazionali anche in presenza di grandi masse, energie e dimensioni. La teoria viene sintetizzata in un sistema di equazioni molto difficili da risolvere in generale -dette "equazioni di campo di Einstein"." Appunto, così difficili da risultare per lo più inservibili.

Del resto anche De Bernardis, lo ribadiamo, non ha compreso che il continuo quadrimensionale curvilineo della relatività generale non ha più niente a che vedere con lo spazio-tempo della relatività ristretta, la quale fallì proprio per la presenza della gravitazione, dalla quale essa astraeva proprio perché Einstein voleva liberarsene. E se ne voleva liberare perché non riusciva a concepirla mentalmente. Così tentò di farla sparire, prima, mediante l'equivalenza con l'inerzia, poi, sostituendola con un immaginario continuo quadrimensionale curvilineo.

Sta di fatto che la natura stessa della gravitazione è rimasta e ha continuato a rimanere un mistero, fino a quando un cocciuto autodidatta non ha compreso che l'attrazione gravitazionale non è un'essenza, perciò non ha un'esistenza propria.* Tutt'altro, essa è la conseguenza di una privazione, di una riduzione, quella dell'unica essenza della materia: l'energia repulsiva. L'energia tende a ridursi, a sprecarsi, e quello che rimane sono i corpi cosmici con le loro reciproche attrazioni gravitazionali. Così è il rapporto polare degli opposti, energia repulsiva - attrazione gravitazionale, a permettere l'evoluzione dell'universo. (Continua)

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* Di conseguenza non può avere una particella come il gravitone


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