martedì 13 maggio 2014

I] La tecnologia del cDNA o DNA complementare

(dal trattato di "Biologia molecolare della cellula", 2011, di Bruce Alberts e altri)

Per contare quante regioni codificanti ci sono in un genoma, ovvero per "determinare sperimentalmente quanti geni sono effettivamente espressi" viene usato un metodo in apparenza semplice ed efficace, ma che crea un qui pro quo che impedisce la conoscenza del dispendioso processo genetico naturale.

Gli autori così descrivono questo metodo: "Per distinguere i geni che codificano proteine e che sono espressi in un particolare tipo di cellula o di tessuto, si isolano gli mRNA e si convertono nel DNA complementare o cDNA. Poiché gli mRNA sono un prodotto della trascrizione dei geni codificanti proteine e della successiva maturazione (splicing), questo insieme di cDNA rappresenta la sequenza di tutti i geni espressi nelle cellule dalle quali è stato estratto l'mRNA. I cDNA si preparano da più tessuti diversi, perché questo approccio ha l'obiettivo di identificare tutti i geni, e i vari tessuti esprimono geni differenti. Lavorare con i cDNA presenta un altro vantaggio: nell'mRNA mancano sia gli introni sia il DNA spaziatore intercalato tra i geni e pertanto le sequenze di cDNA corrispondono direttamente alle sequenze codificanti del genoma".

Sembra molto semplice ed economico partire dall'mRNA o RNA messaggero, ottenendo cDNA o DNA complementare, pensando così di avere sotto mano i veri geni e la loro espressione. In questo modo, però, tutto viene semplificato in maniera artificiale, senza rendere conto di una realtà complessa e soprattutto dispendiosa: l'mRNA e il cDNA sono prodotti, infatti, di un processo molto dispendioso per la presenza di una grande quantità di DNA cosiddetto spazzatura. In particolare, l'mRNA rappresenta solo l'1% del DNA trascritto, perciò utilizzarlo per ottenere il cDNA è lo stesso che astrarre dal dispendio e far apparire un inesistente meccanismo economico.


Per mostrare l'equivoco che invalida la teoria e ridimensiona la pratica del cDNA, utilizziamo il seguente esempio: mille fucili, leggermente diversi tra loro, sparano ciascuno un proiettile a casaccio verso un bersaglio. Totale mille proiettili sparati, ma ipotizziamo che soltanto 10 facciano centro casualmente. Ora, immaginiamo di compiere il percorso a ritroso per ritrovare i 10 fucili che hanno sparato i 10 proiettili che hanno fatto centro per caso. Ragionando come i biologi molecolari dovremmo affermare che questi sono i fucili che hanno sparato i proiettili-esoni, mentre tutti gli altri sono spazzatura (è così che i fucili-geni esprimerebbero i loro proiettili-esoni!).

Nel nostro esempio, è la frequenza statistica dell'1% che garantisce con grande spreco i 10 centri del bersaglio, ma il metodo di risalire a ritroso, come fanno i biologi molecolari con la derivazione del cDNA dall'mRNA li illude che si tratti di un meccanismo preciso. E ancora, la tecnologia della nucleasi di restrizione, con la quale si taglia la doppia elica di DNA in particolari siti, è un fatto solo tecnico: è un risultato tecnologico, sperimentale. Si possono tagliare tutti i segmenti di DNA che si vogliono, ma chi garantisce che si tratti di geni? Nessuno può dirlo perché i miracoli della tecnologia umana non sono quasi mai seguiti dai miracoli della teoria.

Con la tecnologia si riesce a correlare una specifica catena polipeptidica con un segmento di catena polinucleotidica (DNA). E fin qui si parla di gene come di una cosa ben definita. In realtà non sappiamo ancora che cosa sia, anzi non sappiamo neppure come ce lo siamo procurato realmente. In realtà i geni (e persino intere genoteche) risultano semplici cDNA derivati da mRNA maturi (ossia già selezionati come esoni), entrambi ormai completamente estranei all'originario, intero DNA sovrabbondante e dispendioso.

Le genoteche di DNA che cosa possono contenere dunque? I circa 25.000 geni preesistenti nell'intera macromolecola di DNA? Oppure soltanto le rare sequenze di DNA (cDNA), ottenute a ritroso partendo dall'mRNA sopravvissuto all'abbondante taglia e cuci cui è stato assoggettato il precursore? Non si tratta, infatti, della stessa cosa, come possiamo mostrarlo con un altro esempio: il lavoro di sartoria. Sarebbe possibile con l'alta tecnologia ricostruire o meglio ritrovare nell'abito le singole fibre della stoffa usata, come se la loro collocazione fosse stata predeterminata dal lavoro del sarto? Chi non riderebbe di questa pretesa? Ricordiamo, però, che nel lavoro di sartoria lo spreco è minimo: la maggior parte dei tre metri di stoffa partecipa alla fattura dell'abito. Perciò siamo indifferenti alle fibre che finiscono nella spazzatura.

Invece, se passiamo alla produzione delle proteine, rifacendo il percorso a ritroso del cDNA derivato dall'mRNA maturo che partecipa alla sintesi delle catene polipeptidiche, troviamo che solo una percentuale mimina, l'1% del DNA totale, "partecipa alla fattura", partecipa cioè direttamente alla sintesi, mentre la maggior parte è considerato inutile (grande dispendio). Insomma sarebbe come se, per costruire un abito di tre metri di stoffa, dovessimo sprecarne trecento. Argomento questo che smaschera l'economica, precisa determinazione dei singoli geni o cDNA, ottenuti a ritroso  dall'mRNA.

In conclusione, il cDNA non rappresenta i geni come sono stati concepiti originariamente dalla biologia molecolare: esso rappresenta soltanto quella minima parte di DNA complementare all'mRNA, o RNA messaggero, che è molto ristretto e ridotto rispetto al precursore del DNA originario. E' questo mRNA cosiddetto "maturo" che finisce nel citoplasma dopo un dispendioso processo di riduzione che nessun economico meccanismo di precisione può attuare.

Ma ormai, il gene, inteso come informazione, non esiste più neppure per i biologi molecolari, perché, esiste soltanto nelle genoteche, e soltanto nella forma di DNA clonato (cDNA), formato da circa 25.000 sequenze di DNA ricostruite a ritroso. Allora non c'è da stupirsi che i biologi molecolari possano esercitare la loro creatività con mRNA, cDNA e proteine derivate, senza però poter rendere conto del naturale, dispendioso processo della vita - limitandosi a considerare soltanto il risultato finale per lavorarci sopra con artifici tecnologici vari. (Continua)

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