venerdì 27 giugno 2014

II] Paolo Rossi. Sul caso Galileo*

(Continuazione) Rossi ha compreso che la vera questione era per Galilei "la descrizione della realtà delle cose", distinguendo così tra ciò che appare e ciò che è reale, ossia tra ciò che è soggettivo e dipendente dalla percezione dei sensi e ciò che è reale nel mondo. La seconda questione teorica di Galilei era quella relativa al famoso passo riportato da tutti perché interpretato come supremazia della matematica. 

A questo riguardo, Rossi scrive: "I caratteri in cui è scritto il libro della natura sono diversi da quelli del nostro alfabeto, e non tutti sono in grado di leggere in quel libro. Su questo presupposto Galilei fonda la fermissima, ostinata convinzione di tutta la sua vita: la scienza non si limita a formulare ipotesi, a "salvare i fenomeni", ma è in grado di dire qualcosa di vero sulla costituzione delle parti dell'universo in rerum natura, di rappresentare la struttura fisica del mondo".

Questa giusta interpretazione, che si distingue da quelle più comuni, convenzionali e fittizie, fà di Galilei un realista che si oppose al convenzionalismo di Bellarmino, mentre tutta la fisica successiva e soprattutto quella più attuale, la teoria M ad esempio, non possono evitare d'essere filobellarminiane perché rappresentano puri modelli per "salvare i fenomeni". E se prendiamo in considerazione papa Urbano VIII, la faccenda si chiarisce ancor meglio, soprattutto quando questi affermava: "poiché per ogni effetto naturale può darsi una spiegazione diversa da quella che a noi sembra migliore, ogni teoria deve mantenersi sul piano delle ipotesi e rimanere su quel piano".

Ma chi è il principale responsabile dello sciame di ipotesi pseudo scientifiche dell'epoca attuale del relativismo teorico: la pretesa attribuzione a Galileo di aver iniziato il metodo delle ipotesi scientifiche alla base di ogni esperimento o non piuttosto la suddetta affermazione pontificia? Il punto vero è il seguente: se Urbano VIII afferma: è solo ipotesi e deve rimanere sul piano dell'ipotesi (ex ipothesis), Galilei dice: non è solo ipotesi, la scienza ricerca la verità, la conoscenza della realtà. Galilei è un libero ingegno che cerca con mezzi sperimentali e osservativi la realtà del mondo, senza finzioni di sorta.

Così egli cerca la realtà e ritiene che la teoria di Copernico sia più realistica di quella di Tolomeo. Così si serve di un cannocchiale per osservare cosa c'è realmente nel cielo e ciò che vede lo conferma nella sua impostazione. Ma riceve l'altolà dalla teologia che gli ingiunge: la tua deve essere solo finzione. Le ipotesi devono essere solo finzioni utili, e lo strumento matematico è da considerare il mezzo migliore di queste finzioni. La geometria, in particolare, assolve bene questo servizio.

Galilei utilizza, invece, la matematica come strumento per la ricerca finalizzata alla conoscenza reale. L'obiezione "matematica" della teologia viene rovesciata da Galileo: la matematica non è il linguaggio della finzione utile, è il linguaggio della realtà. Ecco in che senso afferma che l'universo è scritto in lingua matematica. Ma, quando sostiene che sono le figure geometriche gli unici mezzi per intendere l'universo, scivola nella posizione cartesiana. Con la matematica, infatti, Cartesio pretende costruire la geometria dell'universo (ma crea solo finzioni).

Così Galilei di fronte alla natura "sorda e inesorabile ai nostri veri desideri", ossia di fronte alla cieca natura che va per la sua strada indifferente ai desideri dell'uomo, crede che essa abbia internamente un ordine e una struttura armonica di tipo geometrico. Non è un caso che questa idea sia citata spesso, e ancora oggi, per poter continuare a sostenere l'idea che la struttura fisica dell'universo sia solo una questione di geometria, sia solo una questione di matematica.

Questa conclusione, che favorirà in seguito non la ricerca della conoscenza reale ma il conseguimento di finzioni utili di carattere matematico-geometrico, è stato il prodotto del condizionamento della teologia sulla giovane scienza. La geometria creata dall'uomo è stata attribuita a una natura prodotta da Dio. Ma la realtà è che la natura va per la sua strada ciecamente necessaria e non può essere imbrigliata da un preteso ordine geometrico (Continua)

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* Paolo Rossi: "La nascita della scienza moderna in Europa" (1997)

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