sabato 28 giugno 2014

2) Paolo Rossi. Magìa e scienza*

(Continuazione) Scrive Rossi: E' indubbiamente vero che magìa e scienza costituiscono entrambe due tecniche per controllare la natura, dominare il mondo esterno, ampliare i poteri dell'uomo. E' anche vero che entrambe si sono configurate, almeno in determinati periodi storici, come strumenti di riscatto e di salvezza e che la scienza si è talvolta caricata di tonalità e finalità religiose".

Ecco un modo molto generico di porre in connessione storica scienza, magìa e religione. Anche la contrapposizione tra strumento di "riscatto" e strumento di "dominio" della scienza, quasi fossero, rispettivamente, il suo lato buono e il suo lato cattivo, non chiarisce la questione rimanendo sul piano ideologico. Magìa e scienza più che due strumenti di generico riscatto o salvezza dell'uomo, sono due modi inconciliabili e opposti di affrontare la conoscenza e la manipolazione dei fenomeni naturali. Ma la magìa, ovvero tutte le credenze superstiziose e le pratiche magiche, si poteva e può ancora affermarsi, ma solo nel campo della non conoscenza: la cieca necessità non conosciuta non può essere trattata in altro modo, consapevole o meno, di quello magico.

Storicamente, la magìa doveva precedere la scienza e, di conseguenza, poté sopravvivere in spazi non occupati ancora stabilmente e realmente da quest'ultima. Perciò sopravvisse anche nel periodo dei primi grandi, ma parziali successi scientifici: così anche Newton poté praticare la magìa. Ma quando la praticava? Non certo quando analizzava la luce attraverso il prisma: poteva farlo soltanto là dove la scienza non aveva ancora messo radici.

Diciamo magìa, ma dovremmo dire anche misticismo religioso che appartiene alla stessa famiglia delle credenze in entità superiori alla natura stessa, entità che la condizionano così da predominare sia nelle menti semplici, dominate dall'ignoranza, sia là dove la scienza non è ancora arrivata a sciogliere i "misteri" della natura e si accontenta di spiegazioni e soluzioni solo convenzionali e fittizie.

E la questione non finisce qui coinvolgendo direttamente la scienza, allorchè questa, ostacolata duramente e continuamente controllata dalla religione, ha cominciato a intraprendere la strada del convenzionalismo fittizio. Da quel momento il convezionalismo, in compagnia del misticismo religioso e della vecchia magìa, recuperata in forme nuove, ha potuto svilupparsi persino nel periodo del grandioso sviluppo tecnologico della scienza: anzi, questo sviluppo della tecnologia, giunto ai "miracoli" dell'informatica e dei computer, ha di nuovo favorito antiche mentalità e antiche pratiche magiche.

E così, se Newton è riuscito almeno ad allontanare Dio dal sistema solare, oggi nessun fisico è ancora riuscito ancora ad allontanarlo da un universo che appare sempre più magico (teoria delle stringhe, teoria dell'inflazione, teoria M a 10/11 dimensioni, ecc.), proprio perché, sempre più, sotto il dominio del pensiero matematico astratto.

Che poi la scienza non possa essere soltanto "contemplazione" ma anche "dominio" e "potere" sulla natura, affermare questo significa non aver compreso l'evoluzione naturale. L'uomo può forse dominare la natura che esiste da sempre, ed esisterà anche dopo la scomparsa dell'effimera esistenza umana? Allora che cosa può fare l'uomo con lo strumento migliore che può sviluppare, la scienza? Può solo comprendere i processi naturali e adeguarsi ad essi di conseguenza.

Paolo Rossi sembra alieno a tutto questo, come non sembra apprezzare a fondo la differenza tra l'età di Bodin "che credeva all'esistenza delle streghe" e quella di Diderot "impegnato a lottare contro le superstizioni in nome di una visione materialista del mondo". E non sembra apprezzare neppure la confusione dei suoi tempi da professore, che pure erano assai più stimolanti del successivo periodo che ha portato alla globalizzazione ed ha acuito la senescenza del sistema capitalistico che domina la specie umana da parecchi secoli. (Continua)

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* Da Paolo Rossi:  "Immagini della scienza" (1977)

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