domenica 14 aprile 2013

L'incoscienza di Truman (Seconda parte)

(Continuazione) Scrive Rifkin: "Lo psicologo Robert J. Lipton ha definito questa nuova generazione "proteiforme": uomini e donne cresciuti nei common-interest development, la cui salute è gestita dal servizio sanitario, che utilizzano automobili in leasing, acquistano online, si aspettano di ottenere software gratuitamente, ma sono disposti a pagare per servizi aggiuntivi e aggiornamenti. Vivono in un mondo di stimoli sonori che durano sette secondi, sono abituati all'accesso rapido alle informazioni, hanno una soglia di attenzione labile, sono più spontanei che riflessivi. Pensano a se stessi più come a giocatori che a lavoratori e preferiscono essere considerati creativi più che industriosi. Sono cresciuti in un mondo di occupazioni Just-in-time e sono abituati a incarichi temporanei. Anzi, le loro vite, in generale, sono segnate da un grado di mobilità e di precarietà maggiore, sono meno radicate di quelle dei loro genitori. Sono più "terapeutici" che ideologici e pensano più in termini di immagini che di parole: sono meno abili nella composizione di frasi, ma superiori nella elaborazione dei dati elettronici. Sono più emotivi che analitici".

In parole povere, sono molto scarsi in qualsiasi capacità logica e cognitiva, nel pensiero profondo, nella comprensione della realtà; completamente soggiogati dall'immaginario, dal fantastico, dalle apparenze irreali. E non è finita qui: "Trascorrono con personaggi di fantasia, nei films, nei programmi televisivi e nel ciberspazio, tanto tempo quanto ne dedicano ai propri simili nella vita reale, anzi arrivano persino a inserire tali personaggi nella conversazione e nell'interazione, rendendoli parte della propria storia personale". Come i bambini, confondono realtà e fantasia. "Pensano al mondo come a un palcoscenico e alla propria vita come a una serie di rappresentazioni teatrali. Cambiano in continuazione, a ogni passaggio fondamentale della propria esistenza, sperimentando stili di vita sempre nuovi. Questi uomini e queste donne non sono interessati alla storia, bensì ossessionati dalla moda e dagli stili di vita. Provano tutto e amano l'innovazione. D'altra parte, nel loro ambiente in rapido mutamento, costumi, convenzioni e tradizioni, sono quasi inesistenti".

Nel complesso questa di Rifkin sembra essere la descrizione del "tipo ideale" (nell'accezione di Weber) di individuo contemporaneo, piuttosto che la descrizione del reale Truman della società dello spettacolo: tipi ideali per il marketing, questa generazione di individui labili, superficiali, immediatistici, dediti all'effimero, alla moda, agli stili di vita, privi di qualsiasi capacità di riflessione e di critica, pronti a sperimentare qualsiasi nuovo gioco, dominati dalle immagini e dalle finzioni teatrali. Con ciò non vogliamo sostenere che in questa descrizione non ci sia nulla che riguardi l'attuale Truman collettivo, sosteniamo, invece, che la realtà è più contraddittoria e, soprattutto, che una simile descrizione dovrebbe essere valutata per quel che è: il tipo ideale di uomo funzionale allo shopping che il marketing cerca di creare.

"Nell'epoca moderna, -prosegue Rifkin- la gente era alla ricerca di uno scopo; nell'epoca postmoderna è interessata alla giocosità; in ogni sua manifestazione, l'ordine è considerato un vincolo, una forma di prigionia, mentre, d'altra parte, l'anarchia creativa è tollerata, se non persino ricercata. La spontaneità è l'unico ammissibile ordine del giorno: nell'ambiente del postmoderno, dove tutto è meno serio, ironia, paradosso e scetticismo, la fanno da padroni. Non ci si preoccupa più di fare storia, bensì di elaborare storie interessanti da vivere".

Non ci si preoccupa più della storia in genere, perché l'immediatismo è alieno alla storia; quanto alle storie interessanti, si tratta di storie personali che al massimo possono interessare l'individuo che le vive (o le piacerebbe vivere). Riguardo a questi aspetti, Rifkin si prende una pausa di riflessione, osservando: "E, mancando una architettura storica che spieghi interamente la natura e la società, l'interesse per la storia svanisce. La storia non è più uno strumento per la comprensione del passato e l'interpretazione del futuro, ma un'accozzaglia di frammenti che possono essere riciclati e integrati nella trama sociale contemporanea".

Se la storia non è più uno strumento per la conoscenza umana, è perché le ultime generazioni di storici e di studiosi in genere non si sono più interessate alla conoscenza della realtà, ma hanno prodotto un pluralismo di versioni e interpretazioni fittizie e convenzionali. L'immediatismo irriflessivo, sconsiderato, che Hegel aveva bastonato nella sua critica a Jacobi, ne è la naturale conseguenza, perciò non può essere addebitato, né come "merito" né come "colpa", all'attuale sconsiderata generazione di individui allevata dal marketing. Piuttosto va addebitato agli ideologi della "globalizzazione", come Rifkin, che fanno l'apologia dell'immediatismo attuale.

"Il ritmo serrato della cultura iperreale del nanosecondo riduce l'orizzonte temporale individuale e collettivo all'immediato. Le tradizioni e le eredità sono di secondario interesse: ciò che conta è "adesso"; ciò che importa è avere la possibilità di vivere e godere il momento. Climax e catarsi prendono il posto di efficienza e produttività tanto nella vita privata quanto nell'esperienza sociale. E' un mondo pieno di spettacoli, divertimenti e rappresentazioni molto sofisticate eseguite su palcoscenici complessi (sic!). In questa nuova era il "principio della realtà", che ha governato la condotta umana dalla rivoluzione protestante alla rivoluzione industriale, è stato detronizzato o, meglio, abbandonato. Il "principio del piacere" regna sovrano" .

Il "principio della realtà" della "ragion di stato" non è stato affatto detronizzato, come dimostrano gli attuali rapporti tra le potenze, le guerre in Medio oriente, ecc.; così non è stato detronizzato il "principio della realtà" del mercato mondiale, del marketing occidentale, ecc. E' stato, invece, abbandonato dalla teoria della conoscenza e dalla comunità "scientifica". E, per quanto riguarda la generazione del Truman show, è stato sostituito dal "principio della finzione" che si concretizza in una esistenza dominata dall'immediatismo, dall'immaginazione, dall'apparenza e dall'impostura.

Il quadro descritto da Rifkin, apparentemente privo di contraddizioni, rappresenta un'apologia dell'attuale forma di esistenza del parassitismo opulento della società occidentale del Truman show, la quale, grazie al vuoto lasciato dall'abbandono del principio della conoscenza reale e all'affermazione del principio dell'impostura da parte della comunità "scientifica", non trova niente di meglio che abbandonarsi all'edonismo immediatistico. (Senza ritegno e freno, fino ad esaltare l'attuale pluralismo e l'attuale ambivalenza e tolleranza per le infinite possibilità che concorrono a comporre l'esperienza umana, e a disprezzare la precedente "visione unitaria" del comportamento umano).

Rifkin deve, però, ammettere che qualcuno non la pensa così favorevolmente: "I critici sono scettici. Alcuni, come Frederic Jameson, considerano con un certo cinismo (!) la nuova psiche plastica: in un'economia completamente assorbita dalla vendita delle merci culturali ed esperienze, la frammentazione della psiche in una molteplicità di personalità non fa che aumentare il numero di potenziali clienti dei mercati culturali. D'altra parte, se la capacità di ciascuno di vivere esperienze rappresenta la dimensione del mercato della produzione culturale, se ognuno ha più di una personalità, il potenziale mercato da sfruttare si ampia".
   
Rifkin risponde a questa critica affermando che sarebbe cinico osservare semplicemente che l'individuo proteiforme è il cliente ideale per il marketing. Allora, affermare che il marketing non ha fatto altro che crearlo questo cliente ideale, senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze sulla "nuova psiche plastica", che cosa sarebbe? Insolenza? E affermare che questo tipo ideale è lungi dall'essere prodotto in serie, perché in serie il marketing ha prodotto solo "shopper imperfetti" e famiglie indebitate, che cosa sarebbe? Impudenza?

Non lo possiamo sapere, ma una cosa è certa: la visione apolegetica di Rifkin stabilisce che "Per i giovani cresciuti davanti a uno schermo, immersi in mondi virtuali, la natura proteiforme e la coscienza teatrale sono strumenti necessari (sic!) per affrontare i molteplici ruoli che dovranno recitare nel palcoscenico elettronico". "Essere in grado di recitare e di essere trasformati diventerà, dunque, la condizione sine qua non dell'esistenza". In questo modo Rifkin ha descritto, facendone l'apologia, la coscienza proteiforme e fittizia dei protagonisti del marketing globale, dai pubblicitari ai sociologi e psicologi, illusi di vivere l'esaltante esperienza del nuovo fenomeno della "globalizzazione".

Riguardo alla massa dei Truman le cose si presentano, però, in maniera molto più deprimente: vivere continuamente di apparenze, finzioni, immediatezza, senza alcun punto di riferimento, produce una generale inettitudine, una profonda incertezza personale, un aumento di sfiducia in se stessi e una accentuata casualità sulla vita dei singoli. Ma questa fragilità individuale favorisce lo shopping fino all'ultima goccia di risparmio, perciò la società dello spettacolo la coltiva e la accudisce con amore materno nella forma del Truman show. Per la realizzazione del plusvalore, infatti, non serve un individuo sociale accorto, intelligente, coraggioso, sicuro di sé; serve l'individuo spontaneista, sciocco, pavido, insicuro e fragile.

I cultori della società del Truman show trasformano queste stigma della debolezza in fittizie, illusorie virtù creative, mentre tutta l'esistenza umana è trasformata in shopping, dagli acquisti di alimentari e vestiario, all'acquisto di oggetti inutili, all'acquisto di prodotti tecnologici, telefonini, computer, ecc., all'"accesso" a prodotti culturali e spettacolari. Lo shopping è l'unica attività sociale realmente richiesta, e lo shopper è la figura sociale che deve svolgerla in un mondo fittizio, creato apposta per questa attività. Il nome del protagonista collettivo di questa attività sociale è "Truman"; il "Truman show" è lo spettacolo della sua reclusa esistenza; e l'"incoscienza di Truman" è la sua reale coscienza.
   
In parole povere, per quanto abbiamo cercato, non abbiamo trovato alcuna traccia di coscienza nella massa degli shopper che popolano la società occidentale dello spettacolo: in primo luogo, nessuna traccia di coscienza del ruolo sociale che è loro richiesto, che essi svolgono inconsapevolmente credendo di fare dell'altro. Diversamente dalla finzione cinematografica, il Truman della realtà non ha scoperto d'essere recluso in un mondo fittizio creato apposta per lui. E quei pochi che si elevano al di sopra del popolo dei Truman, grazie alle loro lauree, ai loro master, di fronte a questa finzione di dimensioni globali, riescono solo a convincersi d'essere i protagonisti della "globalizzazione".

Al popolo dei Truman non si può però, in alcun modo, addebitare la responsabilità della loro situazione e della mancata coscienza della finzione in cui vivono, perché entrambe le cose sono un risultato ciecamente necessario del capitalismo attuale. Allo stesso modo non possiamo attribuire una diretta responsabilità neppure agli esperti del marketing che, facendo il loro mestiere, approfittano di tutte le occasioni del momento, sperimentando continuamente nuove possibilità. Il principale responsabile è rappresentato da un impersonale capitalismo senescente, che, come un processo naturale, è guidato dalla dialettica caso-necessità.

La cieca necessità che ne deriva ha prodotto nell'Occidente la società del Truman show, come un fenomeno contingente, che durerà fin quando dureranno le condizioni* che lo hanno prodotto. Per questo motivo, occorre indagare anche al di fuori della contingente società dello spettacolo, del marketing, del Truman show, in primo luogo prendendo in considerazione la reale divisione della specie umana, della quale solo una minoranza appartiene a questa società fittizia, in secondo luogo prendendo in considerazione il principale complesso della storia umana, quello economico che riguarda tutti i settori della produzione e della distribuzione capitalistica mondiale. 

* Queste condizioni -che già all'inizio del terzo millennio stavano penalizzando la patria del Truman show, gli Stati Uniti d'America, creando masse di famiglie indebitate (delle quali ogni anno un milione di loro dovevano dichiarare fallimento)- hanno cominciato a interessare decisamente i confini dell'Europa: Spagna, Grecia, Irlanda e Italia. Difficile fare ipotesi sulle conseguenze di lungo periodo. Nel frattempo è l'Asia che sta ripercorrendo il cammino del Truman show per lo shopping.

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Tratto da "La fase senescente del capitalismo chiamata globalizzazione" (2005-2007)

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