domenica 7 aprile 2013

IV] Ateismo e comunismo: due forme di negazione della negazione

La creazione è non solo il principale fondamento della religione, ma è anche il suo punto di forza perché la coscienza umana non riesce a concepire che l'uomo possa esistere per opera propria. La ragione di questa difficoltà è espressa chiaramente da Marx in un'opera giovanile. Nei "Manoscritti" egli compie la seguente ammirevole riflessione: "Un essere si considera indipendente soltanto quando è padrone di sé, ed è padrone di sé soltanto se è debitore verso sé stesso della propria esistenza. Un uomo, che vive della grazia altrui, si considera come un essere dipendente. Ma io vivo completamente della grazia altrui quando sono debitore verso l'altro non soltanto del sostentamento della mia vita, ma anche quando questi ha oltre a ciò creato la mia vita, è la fonte della mia vita; e la mia vita ha necessariamente un tale fondamento fuori di sé, quando non è la mia creazione. La creazione è quindi una rappresentazione assai difficile da sradicare dalla coscienza del popolo; questi infatti non riesce a concepire che la natura e l'uomo possano esistere per opera propria, posto che ciò contraddice a tutti i dati evidenti della vita pratica".

Alla coscienza umana riesce inconcepibile l'autocreazione della natura e dell'uomo, perché i "dati evidenti della vita pratica" mostrano che l'uomo esiste per opera altrui, e perciò non è padrone di se stesso. "Ma siccome per l'uomo socialista tutta la cosiddetta storia del mondo non è altro che la generazione dell'uomo mediante il lavoro umano, null'altro che il divenire della natura per l'uomo, egli ha la prova evidente, irresistibile, della sua nascita mediante se stesso, del processo della sua origine".

Se all'aggettivo "socialista" sostituiamo una locuzione oggi più adeguata, quella di pensiero dialettico materialista, grazie alla quale l'uomo può pervenire a concepire sia l'evoluzione della materia che l'origine e lo sviluppo della specie umana come processi indipendenti da ogni forma di creazione, il passo che segue è di importanza fondamentale: "è improponibile il problema di un essere estraneo, di un essere superiore alla natura e all'uomo. L'ateismo, in quanto negazione di questa inessenzialità, non ha più alcun senso infatti l'ateismo è si, una negazione di dio e pone attraverso questa negazione l'esistenza dell'uomo, ma il socialismo [il pensiero dialettico materialista] in quanto tale non ha più bisogno di questa mediazione. Esso comincia dalla coscienza teoreticamente e praticamente sensibile dell'uomo e della natura nella loro essenzialità. Esso è l'autocoscienza positiva dell'uomo, non più mediata dalla soppressione della religione, allo stesso modo che la vita reale è la realtà positiva dell'uomo, non più mediata dalla soppressione della proprietà privata, dal comunismo" .

L'analogia tra ateismo e comunismo è sostanziale: entrambi hanno in comune l'essere una forma di concezione negativa, in quanto negano, rispettivamente, il dominio della religione e il dominio del capitale. Sono entrambe forme di negazione dialettica dello stato di dipendenza dell'uomo da due padroni: religione e capitale. In quanto religione e capitale negano l'autocreazione e l'indipendenza dell'uomo affermando, rispettivamente, che Dio lo ha creato e il sistema di produzione e di distribuzione capitalistico ne permette un'esistenza dipendente, in questo modo negano che l'uomo possa essere padrone di sé. E così, l'ateismo e il comunismo, in quanto negano, rispettivamente, la religione e il capitale, rappresentano perciò la negazione della negazione.

Marx può, così, concludere: "Il comunismo è, in quanto negazione della negazione, affermazione; perciò è il movimento reale, e necessario per il prossimo svolgimento storico, della emancipazione e della riconquista dell'uomo. Il comunismo è la struttura necessaria e il principio propulsore del prossimo futuro; ma il comunismo non è come tale la meta dello svolgimento storico, la struttura della società umana" .

Abbiamo visto che l'ateismo, per affermare l'esistenza indipendente dell'uomo, ha bisogno di negare l'esistenza di Dio. Ma il pensiero dialettico materialista non ha più bisogno di questa mediazione, dal momento che ha scoperto l'autocreazione dell'uomo mediante il lavoro umano. Allo stesso modo il comunismo, per affermare la vita reale, positiva, indipendente dell'uomo, ha bisogno di negare la proprietà privata capitalistica; ma il futuro della società umana, abolita realmente la proprietà privata del capitale, non avrà più bisogno del comunismo, perché la sua meta sarà la vita reale, positiva, indipendente dell'uomo.

Le due forme di negazione, ateismo e comunismo, non saranno più necessarie per affermare l'indipendenza e la padronanza di sé dell'umanità. Finalmente anche la coscienza umana sarà in grado di concepire la specie umana come padrona di sé, perché debitrice solo verso sè stessa della propria esistenza. Questa fondamentale riflessione del giovane Marx deve essere considerata un punto fermo per la coscienza umana guidata dalla dialettica materialistica. Questa riflessione traccia la via maestra, ovvero l'unica reale soluzione per l'unica specie cosciente che l'evoluzione della materia ha creato con grande dispendio.

Dai risultati della nostra indagine risulta che l'uomo non è stato creato in altro modo che come risultato eccezionale, dispendioso, della evoluzione della materia secondo la dialettica caso-necessità. Senza predeterminazione, l'evoluzione della materia ha creato le specie viventi, tra cui una sola capace di esprimere la coscienza di questa evoluzione, che poi è la sua stessa evoluzione, in quanto ne costituisce il risultato più elevato.

Abbiamo sostenuto che la dialettica caso-necessità della evoluzione della materia si traduce nella reale cieca necessità delle forme materiali, comprese quelle viventi e, infine, l'uomo. L'uomo è, dunque, una cieca necessità della evoluzione naturale, ma ha in sé la capacità di "vedere" questa cieca necessità, ha la capacità di conoscere le proprie origini e le proprie reali potenzialità. L'uomo ha, in definitiva, la capacità, ossia la possibilità, di sottrarsi alla cieca necessità della sua origine e del suo sviluppo fino ad oggi, sostituendo al caso, fondamento di una cieca necessità dispendiosa, la causalità fondamento di una necessità conosciuta e perciò economica.

Il futuro della specie umana è, dunque, a un bivio: o essa riuscirà a esprimere tutte le sue potenzialità, sostituendo alla cieca dialettica caso-necessità (e ai suoi risultati non voluti) il binomio scopo-necessità (conosciuta) con il quale la necessità si manifesta nella connessione di causa ed effetto (voluto), e in questo modo sarà finalmente padrona di se stessa, oppure rimarrà incatenata alle sue origini, dominata dalla cieca necessità naturale come tutte le altre specie animali, con l'aggravante di una falsa coscienza che può accelerare un processo involutivo a ritroso verso la barbarie e una rapida decadenza.

Ma tutto ciò che la materia crea, in ogni suo ciclo universale, ha una sua durata limitata. Per quanto l'uomo possa sottrarsi alla dura legge della cieca necessità naturale fondata sul caso, per quanto possa elevarsi alla condizione che gli compete, ossia alla piena padronanza di sé, la sua esistenza non è eterna. Può sembrare paradossale, ma è proprio la sua condizione di superiorità su tutte le altre specie animali e la sua nascita recente come prodotto più elevato della natura a determinare la più breve durata della sua esistenza. La vita del genere* umano è destinata a durare nel tempo meno dei generi che l'hanno preceduto.

L'evoluzione della materia, solo per un breve attimo del suo tempo cosmologico, produce la forma materiale che ne rappresenta la coscienza. Ma questa forma materiale cosciente, nella sua breve esistenza nel cosmo, ha a disposizione tempo sufficiente a esprimere tutte le sue potenzialità. Nulla però può garantire che essa riesca ad esprimerle. Vale per la specie umana, ciò che vale per il singolo uomo (considerati l'una e l'altro sia come singoli elementi casuali sia come complessi necessari): nasce senza averne alcuna responsabilità e coscienza, vive nelle circostanze non volute in cui viene a trovarsi, può esprimere al massimo le sue potenzialità, e quindi divenire padrona di sé stessa, oppure rimanere dominata dagli eventi e dai casi non voluti della sua, relativamente breve, esistenza.
   
Per concludere, vedremo nell'ultimo post di questa serie che la libertà del singolo uomo dipende dalla libertà della sua specie: ogni uomo sarà padrone di sé stesso solo quando la sua specie sarà padrona di se stessa. Ma, come vedremo nel proseguo della nostra indagine storica, la specie umana è attualmente molto lontana dall'essere padrona di se stessa. La fase senescente del capitalismo la sottopone a una dipendenza assoluta. Di conseguenza, per i singoli uomini "tutti i dati evidenti della vita pratica" indirizzano la loro coscienza verso una rappresentazione assai difficile da sradicare, e cioè che la loro esistenza è debitrice verso la religione e il capitale. Il futuro si farà carico dell'esito finale.

* Ho scritto "genere", per sottolineare che solo la specie homo sapiens è rimasta del genere homo. E già questa semplice osservazione empirica dovrebbe togliere ogni dubbio sulla reale brevità d'esistenza della "specie cosciente".

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Tratto da "La dialettica caso-necessità nella storia" (2003-2005)

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