mercoledì 3 maggio 2017

Ogni epoca storica ha il suo carattere e la sua illusione di eludere il caso

Nel primo capitolo de "L'ideologia tedesca", nel quale è illustrata la concezione materialistica della storia, possiamo trovare una fondamentale riflessione: ogni generazione eredita una massa di forze produttive, una massa di capitali e una massa di circostanze o forme di realizzazioni che danno uno specifico carattere a ogni epoca e che possono essere in parte modificate dalla nuova generazione. Perciò si può dire che le circostanze fanno gli uomini e che gli uomini fanno le circostanze. E, comunque, questo carattere rappresenta la base reale dell'epoca considerata.

E se ogni epoca ha un carattere che la contraddistingue, inteso come base materiale reale nella quale operano gli uomini della nuova generazione, è anche vero che ogni epoca ha le sue illusioni: immagina -dice Marx- d'essere determinata da motivi puramente "politici", "religiosi", "ideali". Ma la religione, la morale, la politica, l'ideologia sono solo le forme apparenti dei motivi reali. In definitiva, sostiene Marx, l'immagine, la rappresentazione illusoria che gli uomini di ogni epoca si fanno della loro prassi reale, viene concepita come l'unica forza determinante e attiva che domina l'attività pratica di questi uomini.

Mentre le reali forze motrici rappresentano la cieca necessità sorta sulla larga base della casualità, immaginare d'essere determinati da motivi politici, ideali, religiosi, ossia da motivi appartenenti alla sfera della coscienza, ha significato in ogni epoca l'illusoria eliminazione del caso. Gli uomini, in ogni epoca, si sono illusi di agire in maniera sempre necessaria e mai casuale.

Ma il caso nella storia non può essere eluso, persino in un'epoca deterministica come fu l'Ottocento. In una lettera a Kugelmann, Marx scrive che il cammino della storia universale presenta sempre come primo atto una nuova edizione di vecchie baggianate. "E bisogna prenderla com'è". In un'altra lettera sempre a Kugelmann, scrive: "Il senso della società borghese consiste appunto in questo: che a priori non ha luogo nessun cosciente disciplinamento sociale della produzione. Ciò che è razionale e necessario per sua stessa natura s'impone soltanto come media che agisce ciecamente".

Estendendo questa idea a tutto il campo dello scibile umano, possiamo affermare che questa "media che agisce ciecamente" è la modalità con la quale si manifesta la cieca necessità fondata sul caso, imponendo regolarità e ordine a tutti i fenomeni, dalla fisica alla biologia e alla storia umana.

In una successiva lettera a Kugelmann, nella quale esprime valutazioni sulla Comune di Parigi, Marx prende in considerazione l'importanza del caso nella storia: "La storia universale sarebbe di natura assai mistica se la "casualità" non vi avesse alcuna parte. Queste casualità rientrano naturalmente esse stesse nel corso generale dell'evoluzione e vengono a loro volta compensate da altre. Ma l'accelerazione e il rallentamento dipendono molto da queste "casualità", tra cui figurano anche il "caso" del carattere delle persone che si trovano da principio alla testa del movimento".

Come si vede, Marx ha concepito il caso come elemento riferibile ai singoli, la cui "compensazione" statistica dà luogo alla media generale, intesa come cieca necessità. La scienza, pur non potendo determinare i singoli effetti  della casualità, deve comunque tenere presente il caso, in quanto capace di determinare accelerazione o rallentamento. A ragione della casualità il corso generale dell'evoluzione della specie umana non può essere lineare, come se fosse il prodotto della necessità deterministica.

Se guardiamo alla storia reale, rallentamento e accelerazione hanno contrassegnato l'evoluzione della specie umana in maniera imprevedibile. E bisogna prenderla com'è, se ad ogni generazione si ripresentano le "vecchie baggianate". E' nella natura delle cose. La casualità "naturale" gioca il suo ruolo determinante nel far procedere l'umanità a zig zag e anche a ritroso: la casualità, in questo senso, e solo in questo senso, diviene causalità. La dialettica non si stupisce dell'apparente paradosso.


Tratto da "La dialettica caso-necessità nella storia" (2003-2005)

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