Nella lettera a Bloch, Engels chiarisce che: "Secondo la concezione materialistica della storia il fattore che in ultima istanza è determinante nella storia è la produzione e riproduzione della vita reale. Di più non fu mai affermato né da Marx né da me". Infatti, egli esclude che il fattore economico sia determinante. Determinante nella storia è la produzione e la riproduzione della vita reale, ossia di tutto il complesso dei fenomeni sociali che riguardano la vita degli uomini in ogni epoca. Quello che viene considerato in genere, in senso deterministico, il fattore economico è, per Engels, la "situazione economica" di ogni epoca, che costituisce la base di partenza materiale di ogni generazione.
Poiché si tratta di generazioni concatenate, la base economica sarà sempre il punto di arrivo della generazione precedente e il punto di partenza della generazione successiva: generazioni che, nel loro operare, apportano continue modificazioni alla base economica, in un processo ininterrotto. La vita reale, consistendo in un complesso di fenomeni che sono la totalità dei risultati dell'attività umana, comprende sia il processo ininterrotto della base economica sia "le forme politiche della lotta di classe", "i suoi risultati", le "forme giuridiche" e persino "i riflessi di tutte queste lotte nel cervello di coloro che vi partecipano", ossia "i riflessi ideologici". Tutto questo, dice Engels, esercita la sua influenza "nel corso delle lotte storiche e in molti caso ne determina la forma in modo preponderante".
La conclusione è nota: "Vi è azione e reazione reciproca di tutti questi fattori ed è attraverso di essi che il movimento economico finisce con l'affermarsi come necessario in mezzo alla massa infinita di cose accidentali". Tra parentesi Engels spiega che cosa debba intendersi per accidentale: "Sono cose e avvenimenti il cui legame intimo reciproco è così lontano e difficile da dimostrare che possiamo considerarlo come non esistente, che possiamo trascurarlo".
Si può qui notare che, sebbene Engels parli ancora un linguaggio deterministico, sostenendo l'affermazione della necessità in mezzo alla massa infinita di cose accidentali, in realtà si separa dal determinismo introducendo una nuova logica fondata sul rapporto caso-necessità. Infatti il nesso tra singole cose e tra singoli avvenimenti che riguardano la sfera economica, politica, giuridica e ideologica può essere trascurato solo se si presuppone che non esista alcun nesso necessario tra queste cose e tra questi avvenimenti presi singolarmente.
Esattamente come in natura, anche nella società è la massa infinita di singole accidentalità che costituisce la larga base della casualità. Ma che cosa dobbiamo considerare trascurabile e inesistente? Interpretando male Engels, si potrebbe dire, persino, che il caso è trascurabile e inesistente. Invece, per Engels, è il legame intimo tra cose e avvenimenti singoli che è inesistente e quindi può essere trascurato. Ciò che la conoscenza deve considerare inesistente, ossia inconcepibile, è la pretesa di trovare nessi necessari "nella massa infinita di cose accidentali".
Ma nella società, come nella natura, è proprio attraverso il caso relativo alla massa infinita di singole cose accidentali che si afferma la cieca necessità dei fenomeni e dei processi complessivi. In riferimento alla società, la necessità analizzabile scientificamente, mediante leggi, è l'economia. La produzione e la riproduzione della vita reale è, invece, il processo totale che contiene la legge essenziale (economica) e anche di più (le forme politiche, giuridiche, ideologiche).
"Se non fosse così -scrive Engels- l'applicazione della teoria a un periodo qualsiasi della storia sarebbe più facile che la soluzione di una semplice equazione di primo grado". Ecco la difficoltà dell'indagine storica! Che la necessità si manifesta attraverso il suo opposto, il caso; e il caso, a sua volta, si rovescia nella cieca necessità; che le forme preponderanti della storia sono date dall'alterno gioco delle forme politiche, giuridiche e ideologiche, e dai loro alterni risultati; che, infine, dall'azione reciproca tra tutte queste forme e tra queste e la produzione economica, si afferma il movimento economico come necessario.
Possiamo approfondire la difficile questione della ricostruzione storica continuando a leggere la lettera a Bloch. Scrive Engels: "Noi facciamo noi stessi la nostra storia, ma innanzi tutto dietro premesse e in condizioni bel determinate. Tra di esse decidono, in ultima istanza, quelle economiche. Ma anche le condizioni politiche, ecc., anzi, persino la tradizione che ossessiona i cervelli degli uomini, esercitano una funzione, anche se non decisiva". Come esempio, egli riporta l'origine dello Stato prussiano per sostenere che soltanto con pedanteria si potrebbe affermare che proprio il Brandeburgo, tra i molti staterelli della Germania settentrionale, fosse destinato per necessità economica a unificare la Germania: se la necessità economica può spiegare comodamente il risultato finale, essa non può, però, spiegare come quel risultato sia saltato fuori.
Chiarito questo punto, Engels prosegue: "Ma la storia si fà in modo tale che il risultato finale balza sempre fuori da conflitti di molte volontà singole, di cui ciascuna viene determinata da una folla di condizioni speciali d'esistenza. Esistono dunque innumerevoli forze che s'incrociano, esiste un numero infinito di parallelogrammi di forza da cui nasce una risultante, l'avvenimento storico, che può essere considerato a sua volta come il prodotto di una forza che agisce come un tutto, in mondo incosciente e cieco. Perché ciò che risulta è qualcosa che nessuno ha voluto. Così la storia procede in guisa d'un processo naturale ed è anche sottoposta sostanzialmente alle stesse leggi di sviluppo".
Engels ha colto in pieno la difficoltà della scienza storica: a motivo della larga base della casualità relativa alle infinite singole volontà, la storia si comporta come un processo naturale e quindi è sottoposta alle stesse leggi di sviluppo. La storia è compendio di risultati non voluti da nessuno; eppure, diversamente dai processi della natura, infinite sono le singole volontà che, nel perseguire inifiniti scopi, "ottengono" risultati non voluti.
E con questo si rende evidente che l'autore di questo volume non ha scoperto nulla di nuovo, limitandosi a sviluppare le sue tesi dialettiche in un'epoca sufficientemente libera dai lacci deterministici, ma pur sempre sottoposta all'indeterminismo.
Tratto dalla "Dialettica caso-necessità nella storia" (2003-05)
Poiché si tratta di generazioni concatenate, la base economica sarà sempre il punto di arrivo della generazione precedente e il punto di partenza della generazione successiva: generazioni che, nel loro operare, apportano continue modificazioni alla base economica, in un processo ininterrotto. La vita reale, consistendo in un complesso di fenomeni che sono la totalità dei risultati dell'attività umana, comprende sia il processo ininterrotto della base economica sia "le forme politiche della lotta di classe", "i suoi risultati", le "forme giuridiche" e persino "i riflessi di tutte queste lotte nel cervello di coloro che vi partecipano", ossia "i riflessi ideologici". Tutto questo, dice Engels, esercita la sua influenza "nel corso delle lotte storiche e in molti caso ne determina la forma in modo preponderante".
La conclusione è nota: "Vi è azione e reazione reciproca di tutti questi fattori ed è attraverso di essi che il movimento economico finisce con l'affermarsi come necessario in mezzo alla massa infinita di cose accidentali". Tra parentesi Engels spiega che cosa debba intendersi per accidentale: "Sono cose e avvenimenti il cui legame intimo reciproco è così lontano e difficile da dimostrare che possiamo considerarlo come non esistente, che possiamo trascurarlo".
Si può qui notare che, sebbene Engels parli ancora un linguaggio deterministico, sostenendo l'affermazione della necessità in mezzo alla massa infinita di cose accidentali, in realtà si separa dal determinismo introducendo una nuova logica fondata sul rapporto caso-necessità. Infatti il nesso tra singole cose e tra singoli avvenimenti che riguardano la sfera economica, politica, giuridica e ideologica può essere trascurato solo se si presuppone che non esista alcun nesso necessario tra queste cose e tra questi avvenimenti presi singolarmente.
Esattamente come in natura, anche nella società è la massa infinita di singole accidentalità che costituisce la larga base della casualità. Ma che cosa dobbiamo considerare trascurabile e inesistente? Interpretando male Engels, si potrebbe dire, persino, che il caso è trascurabile e inesistente. Invece, per Engels, è il legame intimo tra cose e avvenimenti singoli che è inesistente e quindi può essere trascurato. Ciò che la conoscenza deve considerare inesistente, ossia inconcepibile, è la pretesa di trovare nessi necessari "nella massa infinita di cose accidentali".
Ma nella società, come nella natura, è proprio attraverso il caso relativo alla massa infinita di singole cose accidentali che si afferma la cieca necessità dei fenomeni e dei processi complessivi. In riferimento alla società, la necessità analizzabile scientificamente, mediante leggi, è l'economia. La produzione e la riproduzione della vita reale è, invece, il processo totale che contiene la legge essenziale (economica) e anche di più (le forme politiche, giuridiche, ideologiche).
"Se non fosse così -scrive Engels- l'applicazione della teoria a un periodo qualsiasi della storia sarebbe più facile che la soluzione di una semplice equazione di primo grado". Ecco la difficoltà dell'indagine storica! Che la necessità si manifesta attraverso il suo opposto, il caso; e il caso, a sua volta, si rovescia nella cieca necessità; che le forme preponderanti della storia sono date dall'alterno gioco delle forme politiche, giuridiche e ideologiche, e dai loro alterni risultati; che, infine, dall'azione reciproca tra tutte queste forme e tra queste e la produzione economica, si afferma il movimento economico come necessario.
Possiamo approfondire la difficile questione della ricostruzione storica continuando a leggere la lettera a Bloch. Scrive Engels: "Noi facciamo noi stessi la nostra storia, ma innanzi tutto dietro premesse e in condizioni bel determinate. Tra di esse decidono, in ultima istanza, quelle economiche. Ma anche le condizioni politiche, ecc., anzi, persino la tradizione che ossessiona i cervelli degli uomini, esercitano una funzione, anche se non decisiva". Come esempio, egli riporta l'origine dello Stato prussiano per sostenere che soltanto con pedanteria si potrebbe affermare che proprio il Brandeburgo, tra i molti staterelli della Germania settentrionale, fosse destinato per necessità economica a unificare la Germania: se la necessità economica può spiegare comodamente il risultato finale, essa non può, però, spiegare come quel risultato sia saltato fuori.
Chiarito questo punto, Engels prosegue: "Ma la storia si fà in modo tale che il risultato finale balza sempre fuori da conflitti di molte volontà singole, di cui ciascuna viene determinata da una folla di condizioni speciali d'esistenza. Esistono dunque innumerevoli forze che s'incrociano, esiste un numero infinito di parallelogrammi di forza da cui nasce una risultante, l'avvenimento storico, che può essere considerato a sua volta come il prodotto di una forza che agisce come un tutto, in mondo incosciente e cieco. Perché ciò che risulta è qualcosa che nessuno ha voluto. Così la storia procede in guisa d'un processo naturale ed è anche sottoposta sostanzialmente alle stesse leggi di sviluppo".
Engels ha colto in pieno la difficoltà della scienza storica: a motivo della larga base della casualità relativa alle infinite singole volontà, la storia si comporta come un processo naturale e quindi è sottoposta alle stesse leggi di sviluppo. La storia è compendio di risultati non voluti da nessuno; eppure, diversamente dai processi della natura, infinite sono le singole volontà che, nel perseguire inifiniti scopi, "ottengono" risultati non voluti.
E con questo si rende evidente che l'autore di questo volume non ha scoperto nulla di nuovo, limitandosi a sviluppare le sue tesi dialettiche in un'epoca sufficientemente libera dai lacci deterministici, ma pur sempre sottoposta all'indeterminismo.
Tratto dalla "Dialettica caso-necessità nella storia" (2003-05)
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