Marx* è stato, forse, il primo e anche l'unico a comprendere la reale, oggettiva differenza tra individuo casuale e classe sociale necessaria, e quindi l'unico a intuire la dialettica caso-necesstà nella storia. E' sufficiente volgere lo sguardo sull'"Ideologia tedesca" per rendersi conto del risultato teorico raggiunto dal maestro della dialettica materialistica.
Per Marx gli individui partono sempre da se stessi, "ma naturalmente da sé nell'ambito delle loro date condizioni e situazioni storiche". "Ma nel corso dello sviluppo storico, e proprio attraverso l'indipendenza inevitabile che entro la divisione del lavoro acquistano i rapporti sociali, emerge una differenza tra la vita di ciascun individuo in quanto essa è personale, e in quanto è sussunta sotto qualche ramo di lavoro e sotto le condizioni relative". Il brano che segue è di una chiarezza esemplare, ma il suo messaggio sembra ... che sia stato compreso soltanto da un autodidatta.
"Nell'0rdine (e ancor più nella tribù) questo fatto rimane ancora nascosto: per es. un nobile resta sempre un nobile, un roturier sempre un roturier, a prescindere da ogni altra sua condizione: è una qualità inseparabile dalla sua individualità. Ma la differenza fra l'individuo personale e l'individuo come membro di una classe, la casualità delle condizioni di vita per l'individuo, si ha soltanto con la comparsa della classe che a sua volta è un prodotto della borghesia. Solo la concorrenza e la lotta degli individui tra di loro produce e sviluppa questa casualità come tale".
Marx non si lascia incantare dall'immaginario nesso epicureo tra caso, occasione e libertà. Per lui più casualità significa meno libertà. "Quindi sotto il dominio della borghesia gli individui sono più liberi di prima, nell'immaginazione, perché le loro condizioni di vita sono casuali [NB]; nella realtà sono naturalmente meno liberi perché più subordinati a una forza oggettiva". Per Marx il lavoro e le condizioni di esistenza nella società odierna "sono diventati qualcosa di casuale, su cui i singoli proletari non hanno alcun controllo e su cui nessuna organizzazione sociale può dare loro il controllo. E ancora, gli individui di una classe, egli sottolinea, appartengono ad essa "soltanto come individui medi, soltanto in quanto" vivano nelle condizioni di esistenza della loro classe. Quindi essi partecipano alla vita sociale "non come individui, ma come membri di una classe".
Che cosa comporta quest'ultima osservazione? In questo modo Marx ha colto la differenza che esiste tra l'individuo in quanto tale e individuo in quanto singolo elemento di un complesso: in quanto membro di una classe l'individuo è soggetto al caso, mentre la classe cui appartiene è soggetta alla necessità, una necessità cieca, però, e da nessuno voluta. Potremmo anche dire che già all'epoca della "Ideologia Tedesca" Marx era molto vicino alla soluzione definitiva del rapporto caso-necessità. E' sufficiente leggere il seguente brano per rendersene conto.
"Gli individui sono sempre e in ogni circostanza "partiti da se stessi", ma poiché non erano unici nel senso di non avere necessità di relazioni reciproche, poiché i loro bisogni, e quindi la loro natura e il modo di soddisfarli, li metteva in relazione tra loro (...), essi dovettero entrare in rapporti. Poiché inoltre entravano in rapporti non come puri Io, ma come individui a un certo grado di sviluppo delle loro forze produttive e dei loro bisogni, fu proprio la condotta personale, individuale, degli individui, la condotta che avevano come individui l'uno verso l'altro, che creò e ricrea ogni giorno i rapporti esistenti..."
Qui Marx continua ed è molto prolisso, quasi a voler rafforzare una tesi spiacevole per i singoli individui, quella d'essere soggetti al caso. Comunque, arriviamo al passo conclusivo: "Nell'epoca presente la dominazione dei rapporti oggettivi sugli individui, il soffocamento della individualità da parte della casualità, ha assunto la sua forma più acuta e più generale e ha assegnato con ciò agli individui esistenti un compito affatto determinato. Essa ha assegnato loro il compito di sostituire alla dominazione dei rapporti e della casualità sugli individui la dominazione degli individui sui rapporti e la casualità". Questo l'obiettivo posto da Marx a metà dell'Ottocento!
Per Marx gli individui partono sempre da se stessi, "ma naturalmente da sé nell'ambito delle loro date condizioni e situazioni storiche". "Ma nel corso dello sviluppo storico, e proprio attraverso l'indipendenza inevitabile che entro la divisione del lavoro acquistano i rapporti sociali, emerge una differenza tra la vita di ciascun individuo in quanto essa è personale, e in quanto è sussunta sotto qualche ramo di lavoro e sotto le condizioni relative". Il brano che segue è di una chiarezza esemplare, ma il suo messaggio sembra ... che sia stato compreso soltanto da un autodidatta.
"Nell'0rdine (e ancor più nella tribù) questo fatto rimane ancora nascosto: per es. un nobile resta sempre un nobile, un roturier sempre un roturier, a prescindere da ogni altra sua condizione: è una qualità inseparabile dalla sua individualità. Ma la differenza fra l'individuo personale e l'individuo come membro di una classe, la casualità delle condizioni di vita per l'individuo, si ha soltanto con la comparsa della classe che a sua volta è un prodotto della borghesia. Solo la concorrenza e la lotta degli individui tra di loro produce e sviluppa questa casualità come tale".
Marx non si lascia incantare dall'immaginario nesso epicureo tra caso, occasione e libertà. Per lui più casualità significa meno libertà. "Quindi sotto il dominio della borghesia gli individui sono più liberi di prima, nell'immaginazione, perché le loro condizioni di vita sono casuali [NB]; nella realtà sono naturalmente meno liberi perché più subordinati a una forza oggettiva". Per Marx il lavoro e le condizioni di esistenza nella società odierna "sono diventati qualcosa di casuale, su cui i singoli proletari non hanno alcun controllo e su cui nessuna organizzazione sociale può dare loro il controllo. E ancora, gli individui di una classe, egli sottolinea, appartengono ad essa "soltanto come individui medi, soltanto in quanto" vivano nelle condizioni di esistenza della loro classe. Quindi essi partecipano alla vita sociale "non come individui, ma come membri di una classe".
Che cosa comporta quest'ultima osservazione? In questo modo Marx ha colto la differenza che esiste tra l'individuo in quanto tale e individuo in quanto singolo elemento di un complesso: in quanto membro di una classe l'individuo è soggetto al caso, mentre la classe cui appartiene è soggetta alla necessità, una necessità cieca, però, e da nessuno voluta. Potremmo anche dire che già all'epoca della "Ideologia Tedesca" Marx era molto vicino alla soluzione definitiva del rapporto caso-necessità. E' sufficiente leggere il seguente brano per rendersene conto.
"Gli individui sono sempre e in ogni circostanza "partiti da se stessi", ma poiché non erano unici nel senso di non avere necessità di relazioni reciproche, poiché i loro bisogni, e quindi la loro natura e il modo di soddisfarli, li metteva in relazione tra loro (...), essi dovettero entrare in rapporti. Poiché inoltre entravano in rapporti non come puri Io, ma come individui a un certo grado di sviluppo delle loro forze produttive e dei loro bisogni, fu proprio la condotta personale, individuale, degli individui, la condotta che avevano come individui l'uno verso l'altro, che creò e ricrea ogni giorno i rapporti esistenti..."
Qui Marx continua ed è molto prolisso, quasi a voler rafforzare una tesi spiacevole per i singoli individui, quella d'essere soggetti al caso. Comunque, arriviamo al passo conclusivo: "Nell'epoca presente la dominazione dei rapporti oggettivi sugli individui, il soffocamento della individualità da parte della casualità, ha assunto la sua forma più acuta e più generale e ha assegnato con ciò agli individui esistenti un compito affatto determinato. Essa ha assegnato loro il compito di sostituire alla dominazione dei rapporti e della casualità sugli individui la dominazione degli individui sui rapporti e la casualità". Questo l'obiettivo posto da Marx a metà dell'Ottocento!
Se oggi consideriamo l'epoca attuale del capitalismo senescente e del confronto strategico tra i continenti, per l'egemonia mondiale, l'obiettivo posto da Marx nella prima metà dell'Ottocento appare fin troppo ambizioso. E, da parte sua, l'autodidatta non ha scoperto nulla di nuovo, ha semplicemente riscoperto qualcosa di fondamentale che altri, accecati dal determinismo riduzionistico, non hanno voluto o potuto comprendere. Non sarebbe ora di aprire gli occhi, accettando la dialettica caso-necessità?
* con Engels
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