venerdì 21 aprile 2017

Delle due l'una

O un'elevata origine per un'umile esistenza o un'umile origine per un'elevata esistenza

Come conseguenza dei risultati di questo studio, si può ricavare che soltanto due grandi concezioni possono contendersi, nella loro reciproca opposizione, la supremazia nella teoria della conoscenza, senza possibilità di alternativa: o è vera o è vera l'altra. L'una, che riguarda il passato e il presente della specie umana divisa, dipendente e sottomessa; l'altra, che riguarda il futuro di una specie umana finalmente unita, libera e padrona di se stessa.

Se non consideriamo rilevanti le molteplici concezioni di piccolo cabotaggio che sono sorte sul terreno economico e politico, sociale e culturale dell'epoca capitalistica, quindi anche le recenti concezioni teorico scientifiche, denominate paradigmi, è solo perché queste riflettono semplicemente quel pluralismo relativistico senza fine che il mondo capitalistico ha creato per le proprie esigenze particolari e contingenti.

Le due grandi concezioni sulla natura e sulla società sono  la concezione metafisica teologica e la concezione dialettica materialistica. I] La prima che si è sempre avvalsa del modo di pensare metafisico (in quanto separa la necessità dal caso), deterministico (in quanto concepisce la necessità come causalità), riduzionistico (in quanto attribuisce la necessità al singolo individuo, oggetto, evento), teologico (in quanto attribuisce tutte le cause a una causa prima divina). II] La seconda, che si avvale del pensiero dialettico che attribuisce la necessità soltanto ai complessi; che concepisce la necessità come cieca (in quanto rappresenta il rovesciamento del caso relativo ai singoli numerosi costituenti dei complessi stessi). Questa concezione si avvale della polarità dialettica caso-necessità come chiave di volta delle polarità dialettiche che riflettono l'evoluzione della materia nel cosmo.

Allora, delle due, l'una: o una concezione della creazione economica della materia, della vita delle specie e dell'esistenza umana che presume l'intervento di un essere supremo, di una suprema volontà cosciente ma imperscrutabile;  o una concezione evolutiva dell'automovimento della materia eterna e increata, ma capace di creare forme materiali sempre più complesse, fino a quella più matura, l'uomo.

1] La prima concezione può anche accettare l'evoluzione, ma pretende per l'origine della vita e, soprattutto, per la vita cosciente, l'uomo, una superiore necessità. L'uomo non può essere, in questa concezione, soltanto un risultato inconsapevole e ciecamente necessario della evoluzione. L'uomo deve essere creato da Dio. Questa visione superba, che pretende per l'uomo un'origine più elevata e nobile di quella di ogni altra specie animale, si rovescia, però, nel suo opposto: nell'umile dipendenza della coscienza umana dalla suprema e imperscrutabile coscienza divina creatrice.

L'uomo si vede, così, preclusa la coscienza libera e indipendente. In questa concezione, l'uomo non è il prodotto più maturo dell'evoluzione, è il sottoprodotto di una superiore esistenza che rimane indefinitamente al di sopra della natura e della specie umana. L'umile coscienza dell'uomo non potrà, perciò, conoscere mai, realmente, la natura prodotta da un essere supremo; potrà solo inchinarsi di fronte alla imperscrutabile creazione divina, attribuendo ad essa l'impenetrabilità  dei misteri della natura. Ed è questa la concezione che da millenni, con varie religioni adoratrici di varie divinità, domina la specie umana.

2) Nella seconda concezione, l'uomo è solo uno dei risultati dei processi naturali incoscienti e ciechi, però l'ultimo e più maturo. Questa modesta origine della specie umana, che Darwin ha posto nella scala dell'evoluzione subito dopo le scimmie sue cugine, si rovescia nel suo opposto: in una posizione più elevata e nobile rispetto alle altre specie animali. Ma soltanto perché l'uomo è in grado di rendersi indipendente, è in grado di creare gli strumenti della sua esistenza superiore, e con essi di sviluppare la propria coscienza libera e indipendente.

Con l'uomo la natura ha prodotto, senza alcuna premeditazione, con quella necessità che ha per fondamento il caso, e cioè in maniera ciecamente necessaria, la propria coscienza: l'uomo è la natura che prende coscienza di sé. Questa concezione, nella sua formulazione più consapevole, è recente in senso storico e appartiene a Marx ed Engels.

E' una concezione per il futuro, non per il presente della specie umana. Per questo motivo possiamo considerare la storia della nostra specie fino ad oggi, nonostante i suoi progressi tecnologici, una preistoria dell'umanità, e per lo stesso motivo possiamo concepire la scienza umana fino ad oggi una prescienza, perché, fino ad oggi, essa è stata, bene o male, la scienza "divina e veneranda" concepita da Aristotele, ossia una scienza dipendente dalla tradizione teologica.

Solo il futuro dirà, alle nuove generazioni che verranno, se la specie umana sarà finalmente in grado di fare la sua storia e la sua scienza, debitrice, soltanto, verso se stessa della propria esistenza. Nel frattempo, la concezione dialettica e materialistica della natura e della società umana dovrà accontentarsi di sopravvivere in qualche interstizio del mondo, ravvivata, si spera, dagli "Studi e riflessioni di un autodidatta".

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