Per comprendere la differenza teorica che passa tra l'"Antidhuring" e la "Dialettica della natura", riguardo ai concetti di evoluzione e di selezione delle specie, occorre tenere presente che Engels, pur iniziando a interessarsi di "filosofia della natura" fin dall'estate del 1858, fu in grado di formulare le sue prime idee autonome soltanto all'inizio del 1873 (risale, infatti, al marzo di quell'anno l'abbozzo che egli inviò per lettera a Marx). Di fatto, Engels si diede allo studio sistematico delle scienze naturali solo dopo essersi liberato dagli affari, ossia dopo il 1870.
Per otto anni fece quella che chiamò una "muda" matematica e naturalistica, nel bel mezzo della quale dice di essere stato interrotto dalla necessità di dover rispondere a Duhuring (1876). Il suo studio riprese due anni dopo, nel 1878, e proseguì fino al 1883, anno in cui la morte di Marx lo costrinse a dedicarsi a tempo pieno al lavoro fondamentale: la sistemazione del secondo e del terzo libro de "Il Capitale". Quindi, degli otto anni dedicati allo studio sistematico delle scienze naturali, circa tre precedono l'"Antidhuring" e circa cinque lo seguono. E sono proprio questi ultimi cinque anni che rappresentano il periodo della maturazione delle idee di Engels che hanno dato vita alla "Dialettica della natura".
Se adesso recuperiamo dall'"Antidhuring" alcune pagine dedicate alla teoria di Darwin è per i due seguenti motivi. 1) Engels, pur essendo, qui, molto vicino alla soluzione dialettica del rapporto caso-necessità, non la vede perché la sua riflessione è dominata ancora dal determinismo ottocentesco. Ma è proprio questo il vantaggio teorico: poter verificare i limiti della connessione deterministica di causa ed effetto, rilevati non al basso livello teorico dei naturalisti, ma all'alto livello teorico di un maestro della dialettica. 2) Si tratta, inoltre, di risolvere dubbi ed eventuali equivoci che potrebbero insorgere trovando posizioni teoriche differenti di Engels in due testi fondamentali come quelli che abbiamo posto a confronto. Dall'indagine che svolgeremo risulteranno del tutto evidenti i motivi gnoseologici di queste differenze.
Per otto anni fece quella che chiamò una "muda" matematica e naturalistica, nel bel mezzo della quale dice di essere stato interrotto dalla necessità di dover rispondere a Duhuring (1876). Il suo studio riprese due anni dopo, nel 1878, e proseguì fino al 1883, anno in cui la morte di Marx lo costrinse a dedicarsi a tempo pieno al lavoro fondamentale: la sistemazione del secondo e del terzo libro de "Il Capitale". Quindi, degli otto anni dedicati allo studio sistematico delle scienze naturali, circa tre precedono l'"Antidhuring" e circa cinque lo seguono. E sono proprio questi ultimi cinque anni che rappresentano il periodo della maturazione delle idee di Engels che hanno dato vita alla "Dialettica della natura".
Se adesso recuperiamo dall'"Antidhuring" alcune pagine dedicate alla teoria di Darwin è per i due seguenti motivi. 1) Engels, pur essendo, qui, molto vicino alla soluzione dialettica del rapporto caso-necessità, non la vede perché la sua riflessione è dominata ancora dal determinismo ottocentesco. Ma è proprio questo il vantaggio teorico: poter verificare i limiti della connessione deterministica di causa ed effetto, rilevati non al basso livello teorico dei naturalisti, ma all'alto livello teorico di un maestro della dialettica. 2) Si tratta, inoltre, di risolvere dubbi ed eventuali equivoci che potrebbero insorgere trovando posizioni teoriche differenti di Engels in due testi fondamentali come quelli che abbiamo posto a confronto. Dall'indagine che svolgeremo risulteranno del tutto evidenti i motivi gnoseologici di queste differenze.
Nell'"Antidhuring" Engels dice che "Darwin aveva riportato dai suoi viaggi scientifici l'idea che le specie vegetali e animali, anziché essere costanti, sono variabili. Per proseguire nello sviluppo di questi pensieri, dopo il suo ritorno, non gli si offriva miglior campo di osservazione che l'allevamento delle piante e degli animali". L'allevamento dimostrava sia la modificabilità delle specie sino a un certo grado, sia la possibilità di antenati comuni. "Darwin si diede ora a indagare la possibilità che nella natura si trovino cause che, senza l'intenzione cosciente dell'allevatore, tuttavia alla lunga provochino negli organismi viventi modificazioni analoghe a quelle provocate dall'allevamento artificiale. Queste cause egli le trovò nella sproporzione tra il numero enorme di germi prodotti dalla natura e il numero ristretto di organismi che effettivamente raggiungono la maturità".
Engels addita il vero nodo della evoluzione nella sproporzione tra il grande numero di organismi che nascono e quei pochi che sopravvivono, ma chiama causa ciò che, invece, è la principale manifestazione della dialettica caso-necessità: il dispendio. E Darwin ha sempre considerato questa sproporzione come un dato di fatto sul quale non indagare, talvolta indicando come causa della lotta per l'esistenza "l'elevata capacità di moltiplicazione in ragione geometrica" degli organismi viventi. E se di tanti, pochi sopravvivono, sopravviveranno i più adatti: ciò che rappresenta una pura e semplice tautologia.
Interpretando Darwin, Engels scrive: "Ed è evidente che in questa lotta avranno la migliore prospettiva di raggiungere la maturità e di riprodursi quegli individui che posseggono certe particolarità individuali che, per insignificanti che siano, sono però vantaggiose nella lotta per l'esistenza. Queste proprietà individuali hanno perciò la tendenza a trasmettersi ereditariamente e, se si presentano in più individui della stessa specie, ad incrementarsi, per trasmissione ereditaria accumulata, nella direzione che hanno preso; mentre gli individui, che non posseggono queste proprietà, soccombono più facilmente nella lotta per l'esistenza e gradualmente spariscono. In questa maniera una specie si modifica per selezione naturale, mediante la sopravvivenza del più adatto".
Diversamente dalla interpretazione del darwinismo che troviamo nella "Dialettica della natura", qui, Engels non vede le variazioni casuali, vede, invece, una necessità individuale di sopravvivenza del più adatto che si trasforma per accumulo nella necessità della evoluzione della specie. Insomma, è il riduzionismo deterministico a guidare qui il ragionamento di Engels, ma ciò non gli impedisce di puntare lo sguardo sulla contraddizione fondamentale. Infatti, scrive: "Ognuno vede anche a prima vista che non occorrono gli occhiali di Malthus per percepire la lotta per l'esistenza nella natura, la contraddizione, cioè, tra l'innumerevole quantità di germi che la natura produce a profusione e il ristretto numero di essi che in genere può arrivare alla maturità; contraddizione che si risolve in effetti, per la massima parte in una lotta, a volte straordinariamente crudele, per l'esistenza".
Engels vede bene che il punto principale della selezione naturale è il dispendio, che si manifesta come contraddizione tra i molti che nascono e i pochi che sopravvivono. Dunque, Darwin ha concepito tautologicamente l'idea che i sopravvissuti sono organismi adattati, selezionati a sopravvivere. E ha creduto di spiegare la faccenda come lotta per l'esistenza. Ma se su 10, 100, 1000 ... che si originano, solo 1 o poche unità giungono a maturità, che lotta è mai questa? Qui si tratta, da un lato, di un grande dispendio e, dall'altro, di più o meno basse frequenze statistiche. Engels aveva a portata di mano la comprensione della legge del dispendio e della eccezione statistica, come soluzione della dialettica caso-necessità della natura. Se non l'ha colta è per quella judicial blindness di cui parlò Marx e che riguarda, in diversa misura, tutti. E la ragione di questa particolare cecità, a mio avviso, va attribuita al pregiudizio deterministico-riduzionistico prevalente nell'Ottocento.
Così alla critica di Dhuring a Darwin, perché questi "produce dal nulla le sue trasformazioni e le sue differenziazioni", Engels, solo qualche anno dopo, avrebbe potuto rispondere, come ha fatto nella "Dialettica della natura", con le variazioni casuali; ma qui non può farlo perché combatte Dhuring sul terreno della deterministica connessione di causa ed effetto. La dialettica caso-necessità era ancora latente nella sua riflessione teorica.
Insomma, nell'AntiDhuring, Engels, riguardo alla dialettica, ha preso in considerazione soltanto le polarità quantità-qualità e negazione della negazione, che illustra con qualche esempio, ma non ha ancora concepito la dialettica caso-necessità. Dovendo combattere la banale filosofia di Dhuring, che trovava credito presso "il socialismo e la filosofia dell'epoca dei miliardi", Engels si è accontentato, per così dire, di argomenti sensati e deterministicamente avvalorati.
Come prova conclusiva di questa nostra interpretazione possiamo citare la seguente. Scrive Engels: "Dall'essere, Hegel passa all'essenza, alla dialettica. Qui egli tratta delle determinazioni della riflessione, delle loro opposizioni e contraddizioni interne, come per es. positivo e negativo, arriva poi alla causalità o rapporto di causa ed effetto e chiude con la necessità". Ma, nel mio primo volume di "Teoria della conoscenza",** possiamo vedere che Hegel tratta, molto ampiamente, i rapporti di caso-necessità e di possibilità-realtà, prima di arrivare alla causalità e da questa alla causa finale.
Insomma, nel riassumere lo schema della "Logica" di Hegel, nell'"Antidhuring", Engels ha posto in primo piano il rapporto di causa-effetto dimenticando il concetto di caso in rapporto alla necessità, mentre abbiamo visto ampiamente che è il secondo rapporto che ha dato più filo da torcere e ha impegnato più a lungo Hegel, mentre la relazione di causa ed effetto non solo lo ha poco impegnato (cosa che ha stupito anche Lenin), ma è stata per lui motivo di critica e persino di canzonatura.
* Carteggio. lettera del 25 luglio 1876, dove Engels scrive a Marx: "Per il resto mi consolo qui con la filosofia di Dhuring -banalità prolisse come questa non ne sono mai state scritte finora. Luoghi comuni enunciati con gran superbia, niente altro, mescolati alle scemenze più complete, il tutto però disposto con una certa abilità per un pubblico ben noto all'autore, che mediante lunghe brodaglie elargitegli caritatevolmente e con poco lavoro vuole imparare in breve tempo a dir la sua su tutto. Quest'uomo era proprio quello che ci voleva per il socialismo e la filosofia dell'epoca dei miliardi" (Carteggio Marx-Engels, volume VI)
** Vedere il mio primo volume sulla "Teoria della conoscenza".
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