Il mio primo volume sulla storia ha avuto una lunga gestazione: più volte interrotto per liberare il tempo da dedicare ai volumi sulla fisica e sulla biologia, finalmente ha trovato il tempo della sua stesura anche grazie a una intuizione che ha permesso, all'inizio del terzo millennio, di confermare la "Dialettica caso-necessità nella storia".
Considerando, inoltre, le vicende attuali che confermano la crisi dell'egemonia americana, l'emergere dell'Asia come primo attore del capitalismo senescente in crisi, infine, l'inevitabile confronto per l'egemonia tra Stati continentali che hanno praticamente iniziato a sostituire gli Stati nazionali, ritengo che sia venuto il momento di "pubblicare" alcuni paragrafi di questo primo volume di storia. Cominceremo dal saggio medio del profitto che nessuno al tempo di Marx comprese, eccetto Engels che contribuì ad aprirmi gli occhi.
Se statistica è stata la soluzione trovata da Marx per il saggio generale del profitto, si è trattato poi di giustificarla perché, non soddisfacendo i precetti del determinismo riduzionistico dominante la scienza dell'Ottocento, scontentò tutti, anche i marxisti più convinti. Come presto vedremo, il compito della giustificazione teorica fu assunto da Engels, ma non poté essere completamente assolto perché il significato logico statistico, nell'ambito della teoria della conoscenza, richiedeva, da un lato, l'abbandono del determinismo, dall'altro, la definizione di una nuova logica fondata sulla dialettica caso-necessità.
La principale questione suscitata dalla soluzione statistica del saggio medio del profitto riguardò il rapporto singolo capitalista - complesso di capitalisti. Come abbiamo visto nel primo volume di teoria della conoscenza, all'epoca, era nota la teoria di Quetelet sulla statistica applicata alle scienze sociali. Ma Quetelet, dopo aver preso in considerazione le medie, non le attribuì soltanto ai complessi, dai quali le ricavava, le attribuì anche ai singoli numerosi elementi che le costituivano, arrivando a concepire come normale l'uomo sociale medio, ossia il singolo individuo soggetto alla media statistica. Definire normale l'individuo medio è stato un equivoco che ha condizionato il pensiero teorico dell'Ottocento e del Novecento, ma l'errore principale della concezione di Quetelet fu di aver ritenuto che la media statistica potesse riguardare il singolo elemento di un complesso. Questo errore compare, talvolta, anche nella teoria di Marx.
Per esempio, sulla ripartizione del saggio medio del profitto, Marx osserva: "Ogni capitale anticipato, qualunque sia la sua composizione, ritrae in un anno o in un altro periodo di tempo la percentuale di profitto che è in esso prodotta da un'aliquota di 100 del capitale complessivo. Per quanto riguarda il profitto, i vari capitalisti si trovano nelle condizioni di semplici azionisti di una società per azioni in cui le quote di profitto sono egualmente ripartite per 100, e differiscono quindi per i vari capitalisti solo a seconda dell'entità del capitale con cui ciascuno di essi ha concorso al complesso dell'impresa..."
L'analogia con la società per azioni non chiarisce, anzi confonde, la questione relativa alla ripartizione del profitto tra i singoli capitalisti. In una società per azioni, ogni azionista riceve la sua parte di dividendi secondo una regolare suddivisione per aliquote. Per il singolo capitalista nei confronti della società capitalistica, la faccenda, invece, è ben diversa: per poter partecipare a qualcosa che assomigli a un'equa distribuzione del profitto secondo il saggio medio, egli deve vendere le sue merci e deve venderle proprio al prezzo di produzione; ma entrambe le cose non sono affatto assicurate (come lo stesso Marx ha più volte sostenuto).
E, infatti, Marx ha dovuto precisare (tautologicamente): "Quando dunque un capitalista vende le sue merci al prezzo di produzione, ritira denaro in proporzione dell'entità del valore capitale da lui consumato nella produzione e ricava un profitto proporzionale al capitale complessivo sociale. I suoi prezzi di costo sono specifici. Il profitto addizionale su questo prezzo di costo è indipendente dalla sua particolare sfera di produzione, è semplicemente la media per cento rispetto al capitale anticipato".
Riassumiamo l'intera questione: il saggio medio del profitto è una nozione che rispecchia la necessità scientifica, perché ricavato statisticamente dalla produzione complessiva del serbatoio di plusvalore. Il saggio medio del profitto vale, perciò, necessariamente soltanto per l'intera classe capitalistica, ovvero per il capitale totale. Se questo saggio medio del profitto -per necessità assicurato all'intera classe dei capitalisti- fosse per necessità assicurato anche a ogni singolo capitalista, ci troveremmo in una situazione identica a quella di una società per azioni, dove tutti gli azionisti prosperano o si rovinano insieme.
Ma, nella realtà del sistema di produzione capitalistico, nessun singolo capitalista è a priori certo di intascare il saggio medio del profitto o qualsiasi altra quota di profitto. Ci vorrebbe la certezza che egli vendesse tutte le sue merci e sempre al prezzo di produzione: cosa questa che non capita mai, e non solo ai singoli capitalisti, ma persino a singoli settori della produzione complessiva. Come abbiamo visto in precedenza, esistono le vendite sotto costo, ma anche le mancate vendite, ecc. Ciò che possiamo affermare è che i singoli capitalisti si distribuiscono casualmente attorno alla media di coloro che vendono al prezzo di produzione, ottenendo il profitto medio: è così che il caso individuale produce deviazioni dalla media necessaria.
Ma, nella realtà del sistema di produzione capitalistico, nessun singolo capitalista è a priori certo di intascare il saggio medio del profitto o qualsiasi altra quota di profitto. Ci vorrebbe la certezza che egli vendesse tutte le sue merci e sempre al prezzo di produzione: cosa questa che non capita mai, e non solo ai singoli capitalisti, ma persino a singoli settori della produzione complessiva. Come abbiamo visto in precedenza, esistono le vendite sotto costo, ma anche le mancate vendite, ecc. Ciò che possiamo affermare è che i singoli capitalisti si distribuiscono casualmente attorno alla media di coloro che vendono al prezzo di produzione, ottenendo il profitto medio: è così che il caso individuale produce deviazioni dalla media necessaria.
C'è quindi la legge generale necessaria della media statistica e c'è la deviazione casuale dalla media. Ciò che Marx ha espresso nel seguente modo: "In tutta la produzione capitalistica la legge generale si afferma come tendenza predominante solo in un modo assai complicato e approssimativo, sotto forma d'una media di oscillazioni incessanti che non è mai possibile determinare". In questo passo troviamo da un lato la consapevolezza della difficoltà di interpretazione della media statistica, dall'altro l'assenza della dialettica caso-necessità che ha prodotto non pochi equivoci nei marxisti deterministi e, in seguito, nei "neomarxisti".
Quanto sia stato difficile comprendere la logica della media statistica, fondata realmente sulla dialettica caso-necessità, lo testimonia l'edizione del Capitale del 1971 (Editori Riuniti), che traduce il passo appena citato scrivendo: "...sotto forma d'una media che non è mai possibile determinare di oscillazioni incessanti". In questa traduzione, ciò che non è mai possibile determinare risulta la media, non le oscillazioni. Ma se non fosse mai possibile determinare la media di oscillazioni incessanti, non esisterebbe la legge generale del saggio medio del profitto.
Così, molti marxisti hanno preso in considerazione questo passo di Marx, talvolta mal tradotto, per guardare con occhi implacabili il "modo assai complicato e approssimativo" e le "oscillazioni incessanti" -immaginando che il loro compito scientifico dovesse essere quello di compiere l'indagine della produzione capitalistica sulle sue complicazioni e sulle sue oscillazioni-, mentre hanno visto la "media" solo fuggevolmente, come quel tal cardinale che, di una contessa con un decolté piuttosto vistoso, disse: "vista, non guardata!"
Così si è avuto un capovolgimento: invece di "guardare" la media necessaria e di "vedere" le oscillazioni casuali, si sono accaniti in una puntigliosa analisi di particolari casuali, mentre con sufficienza ricordavano che nel lungo periodo valeva la media. Occorre quindi rovesciare questo atteggiamento, sostenendo decisamente che il capitale complessivo, producendo il saggio medio del profitto, garantisce la sopravvivenza del modo di produzione capitalistico, per la quale il vero problema è la caduta tendenziale di questo saggio medio con il progredire della composizione organica del capitale; mentre, se andiamo a vedere che cosa succede alle singole frazioni del capitale complessivo, osserviamo una deriva casuale, e se, infine, diamo un'occhiata fuggevole al singolo capitale in mano al singolo capitalista, troviamo mille esempi del fatto che solo per caso esso ottiene la durevole garanzia di un accettabile saggio del profitto.
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