giovedì 24 luglio 2014

VII La stupidità secondo Wikipedia. Conclusioni

(Continuazione) Prima Wikipedia cita l'aforismo di Einstein che abbiamo già riportato: "Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità. Della prima non sono sicuro". Poi cita Carlo Maria Cipolla che, come abbiamo visto, definisce lo stupido "una persona che causa un danno ad un'altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita".

Infine, considera la definizione classica di stupido "Il termine deriva (sec. XIV) dal verbo latino stùpeo, ossia "son stordito, resto attonito". Lo "stupido" è infatti colui che non sa dominare il circostante, e le situazioni, con tutti i loro fenomeni: ne resta attonito, spiazzato. L'inetto descritto da Italo Svevo è un tipico esempio di "stupido": di fronte al bivio non saprà mai che direzione imboccare".

Il suffisso latino -idus indicherebbe una qualità durevole. Da qui la prima controversia: la stupidità è uno stato costante? Oppure una condizione? Per gli antichi la stupidità significava subire gli eventi: lo stupido resta immobile. Così Wikipedia può riassumere: "Generalmente lo stupido è colui che ripete inconsciamente i propri errori, è incapace di correggerli, regolamentarsi. Non è in grado di scegliere che strada imboccare". Infine, "l'ignoranza è sorella della stupidità".

Seguono poi le precisazioni: "Certo compiere una "stupidaggine" è ben diverso dall'essere un individuo stupido. Imboccare la direzione "sbagliata" non fa l'uomo stupido. E' scegliere di tentare, e non è stupido. E' giusto ricordare questa differenza, ma si torna sempre allo stesso bivio:

           compiere azioni stupide fa l'uomo stupido
           l'uomo stupido può compiere solo azioni stupide.

La risposta al quesito è nell'evoluzione sociale della specie, nella civiltà e nei suoi linguaggi".

Per comprendere la questione, "bisogna inserire lo "stupido" in un contesto sociale: metterlo in relazione con altri individui. Gianfranco Livraghi (ricercatore, autore de "Il potere della stupidità") ci fa notare che si tende "a etichettare come stupidi tutti i comportamenti che non rientrano nei nostri schemi mentali ordinari". Il concetto di stupido, oggi, ha una connotazione negativa come idiota, cretino, ecc. Ma nell'antichità, "quando il termine "stupido" era ancora profondamente legato al concetto di stupore, esso non aveva connotati negativi...".

E qui salta fuori anche il significato dello stupirsi della stupidità altrui. L'esempio del bivio: per farla breve, uno può stupirsi che ci si possa trovare difficoltà di fronte a un bivio: lo ritiene stupido. "La stupidità degli altri infatti ci stupisce, non ci rappresenta, o così ci pare. Ma stupendoci di questa ingenuità, della stupidità dell'uomo immobile sul bivio, non siamo noi stessi degli stupidi?"

Per chi scrive, diversamente dall'intelligenza che sa bene come spiegarsi certe difficoltà, certe incertezze, certe stupidaggini dell'esistenza umana, la vera stupidità è quella che esclama convinta: ma come si può essere così stupidi! E' la stupidità peggiore, alla maniera del curato di Tours di Balzac che aveva l'ossessivo bisogno della compagnia di persone intelligenti per non cedere alla propria e all'altrui stupidità, per non esserne condizionato.

Wikipedia aggiunge: "Se ne può dedurre che l'uomo stupido è per propria stessa natura privo di libertà. E' privo della capacità di scegliere. E' privo della capacità di discernere. Senza possibilità di distinguere non accumula esperienza. Di fronte ai fenomeni del mondo non sa agire, né soprattutto può interagire. Si nega lui stesso la coscienza? C'è da chiedersi se non siano forze maggiori a negargliela". Può essere.

E ancora: "Nella letteratura di Italo Svevo, e dei suoi contemporanei, l'inetto era portato a scegliere autonomamente la stupidità, per fuggire al male del mondo; vi si rinchiudeva per sfuggire alla società circostante. O ancora: i grandi Leader del passato, alcuni di loro, hanno indotto intere masse a compiere azioni che si possono considerare a posteriori stupide. Un esempio (su cui riflettere) è la morte di tutta la gioventù di secoli e secoli, mandata al suicidio fanatico della guerra, sul campo di battaglia. Uomini e donne ai quali, dalla veemenza degli oratori, è stata annichilita la capacità di scegliere".

Abbiamo più volte sostenuto su questo blog che se consideriamo, ad esempio, un secolo terribile come fu il Novecento con le sue guerre, con la sua minaccia nucleare, abbiamo la conferma della "paura dell'intelligenza". E la paura dell'intelligenza non poteva che manifestarsi in molteplici forme di stupidità anche filosofiche, culturali e scientifiche. Ma dire che lo stupido è quello che evita di scegliere, secondo la "vita liquida" di Zygmunt Bauman, significa andare completamente fuori strada: lo stupido del Truman show sceglie eccome, ma non sempre può godere delle delizie della società dello spettacolo, perché non ce n'è mai per tutti. Così è successo che a Est sono diminuiti i poveri, mentre sono aumentati a Ovest e, viceversa, è accaduto per i ricchi.

Per concludere: "Nel corso dei secoli (da Euripide a Immanuel Kant a Carlo Maria Cipolla, da sempre insomma) il discorso sulla stupidità ha aperto al territorio di innumerevoli riflessioni e interpretazioni. Il tema del "divertissement" per esempio. L'evasione "senza senso" proposta da Pascal: la stupidità come difesa contro l'assillo dei grandi problemi sul senso della vita. Lo stesso Umberto Eco, nel suo "Il pendolo di Foucault", inserisce spesso una riflessione sulla stupidità. Ancora, il tema della chiacchiera-curiosità-equivoco di Martin Heidegger. O Giovenale, antica Roma, poeta satirico e professore di retorica. Egli intitolò la propria quarta satira "Uso stupido del potere"".

Come si vede, la stupidità, nella storia, è sempre apparsa una qualità speciale, una specie di affezione ridicola che colpisce singoli individui, però, genericamente "altri", così da poterne fare oggetto di satira, senza offendere se stessi e nessuno in particolare. Una discrezione che appare una forma di omertà. E, per il momento, possiamo mettere, per pudore, la parola fine alla questione.

 P.S.
Ah! Che stupido sono stato!

Ho appena posto la parola fine a ben 7 post sulla stupidità, continuando a rimuginare nella mente la questione, soprattutto a riguardo della principale legge di Cipolla, sulla stupidità dannosa a se stessi e contemporaneamene anche agli altri, che la mente ha avuto un lampo mentre facevo colazione questa mattina: era evidente che Cipolla non conosceva l'economia politica di Marx e, in particolare, la legge della concorrenza. Per questa legge, infatti, il capitalismo si è evoluto nei secoli mediante la concentrazione e la centralizzazione del capitale in poche mani. E tutte le altre mani a chi appartenevano? Agli stupidi di sor Cipolla che si sono danneggiate a vicenda? Ma andiamo!

In uno scritto che citava l'esempio della Fiat come massimo esempio di concentrazione e centralizzazione del capitale in Italia, l'autore di questo blog sottolineava che molti avevano iniziato a produrre automobili e altri veicoli in Italia, ma la concorrenza capitalistica aveva alla fine beneficiato la stirpe degli Agnelli e già sull'italico suolo fascista, e non certo perché gli altri produttori fossero stati rovinati da uno o più stupidi. A meno di non chiamare stupido anche il caso e la conseguente cieca necessità della concorrenza capitalistica, sor Cipolla ha proprio toppato, come si dice a Roma, e l'autore di questo blog è caduto in una stupida dimenticanza. Ma tutti gli altri studiosi, dallo stesso Cipolla ai suoi esegeti... 'ndo sono caduti? "Roma non far la stupida, stasera..."

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