lunedì 21 luglio 2014

II] La polarità stupidità-intelligenza

(Continuazione) Per poter approfondire la stupidità, occorre innanzi tutto prendere in considerazione il suo opposto polare: l'intelligenza. Ora, se l'intelligenza fosse conseguenza del rovesciamento della stupidità, come la vista è conseguenza del rovesciamento delle immagini nella retina, avremmo tanti intelligenti quanti sono i vedenti, mentre, già a prima vista, il rapporto tra intelligenti e stupidi mostra una grande prevalenza di questi ultimi.

Proseguendo l'approfondimento scopriamo, però, che la questione non è tanto semplice: stupidità e intelligenza potrebbero riservarci sorprese. Innanzi tutto, come si può leggere anche su Wikipedia: "In ambito accademico una definizione universalmente condivisa di intelligenza non esiste ancora". E non esisterà mai, ad avviso di chi scrive, nel senso che, in questo ambito, nessuno correrà mai il rischio di esprimere un giudizio negativo riguardo all'intelligenza di qualche collega o superiore.

Ma la forte concorrenza all'interno della comunità scientifica -che si è sviluppata come una moderna torre di Babele- fà sì che tutto si potrà concedere ai propri concorrenti eccetto l'onore d'essere superiori come intelligenza; e tutto si potrà concedere ai propri superiori eccetto il disonore della stupidità. Così la principale conseguenza dell'impari confronto è la "prevalenza dello stupido" scientifico.

Chi ha mai letto giudizi personali sull'intelligenza in campi nei quali essa dovrebbe essere fondamentale? Nessuno. Accettabili sono solo valutazioni generiche, il pudore imponendo che l'individuo venga risparmiato dal giudizio di scarsa intelligenza. Eppure c'è stato un periodo nel quale si è preteso persino misurare l'intelligenza individuale con i test -anche se poi si è precisato che gli alti punteggi ottenuti non significavano necessariamente intelligenza superiore e, viceversa, i bassi punteggi non volevano dire necessariamente stupidità.

Paradossalmente, i test di misurazione dell'intelligenza, sui quali, comunque, non c'è mai stato un generale accordo, avrebbero dovuto misurare una generica capacità umana a comprendere, ma senza pretendere di doverla riconoscere a livello individuale come intelligenza. Ci sarebbe inoltre da aggiungere che l'intelligenza dovrebbe essere una conseguenza di studi e riflessioni continui, ossia la conseguenza di un continuo esercizio della mente come la ginnastica lo è per i muscoli.

Ovviamente può scrivere "tranquillamente" di queste cose solo chi ha avuto un buon rapporto con l'intelligenza, potendo tra l'altro assicurare che l'intelligenza non si rende subito conto d'essere una dote superiore. Da qui nascono problemi personali. Problemi acuìti da un'altra particolarità paradossale: chi manca della dote dell'intelligenza, senza per altro essere del tutto stupido, sa riconoscere l'intelligenza come una rarità che troppo spesso si compiace di contrastare.

A questo punto, può essere molto utile considerare alcune osservazioni di Musil, l'autore del noto libro "L'uomo senza qualità". Nel marzo 1937 egli tenne una conferenza a Vienna nella quale espose alcune sue idee sulla stupidità e sull'intelligenza. Cominciamo dal seguente paradossale capovolgimento logico: ostentare la propria intelligenza sarebbe considerato un segno di stupidità. Come abbiamo appena osservato, per l'intelligente la propria intelligenza è qualcosa di normale, perciò egli fatica parecchio a rendersi conto di possedere una qualità eccezionale, così che nei rapporti sociali potrebbe anche non accorgersi di ostentarla, soprattutto durante l'ingenuità della giovinezza. 

Musil attribuisce, invece, l'apprendimento della prudente dissimulazione dell'intelligenza alla condizione di debolezza personale. Così afferma: "per il più debole, era davvero più intelligente non farsi passare per intelligente". Ma se così fosse sempre stato nella specie umana, la selezione naturale avrebbe dovuto beneficiare la selezione dell'intelligenza a forte discapito della stupidità. Ma, anche a una superficiale osservazione, non sembra che sia capitato questo.

Leggiamo l'intero passo di Musil: perché sarebbe stato più prudente nascondere la propria intelligenza? Perché "avrebbe potuto minacciare la vita del più forte! La stupidità, al contrario, sopisce la diffidenza, la "disarma", come diciamo ancora al giorno d'oggi. Infatti tracce di questa furberia, di questa stupidità "astuta", si trovano realmente tuttora in alcune situazioni di dipendenza. In esse le forze sono distribuite in modo così diseguale, che il più debole cerca la propria salvezza nel far finta di essere più stupido di quel che è. Pensiamo per esempio alla cosiddetta scaltrezza contadina; al comportamento dei domestici quando parlano con dei padroni colti e dalla lingua sciolta; al rapporto del soldato con i suoi superiori, dello scolaro con il maestro e del bambino con i genitori. Chi detiene il potere si sente meno provocato da un debole che non può, piuttosto che da un debole che non vuole".

L'esempio della furbizia dei contadini e dei domestici di una volta non ci permette di cogliere la polarità stupidità-intelligenza. Addurre solo esempi come quelli sopracitati sarebbe come affermare che esiste una specie di astuzia indefinibile. Ma se i contadini erano dei finti stupidi per convenienza, erano, in realtà, veri intelligenti? E, ancora, i loro padroni che cos'erano? Veri stupidi perché ci cascavano o fingevano soltanto di cascarci? Non possiamo saperlo, perciò dobbiamo cambiare prospettiva e considerare come si oppongono tra loro stupidità e intelligenza, indipendentemente dalle condizioni sociali.

L'esempio precedente ha, però, il pregio di sottrarre il giudizio di stupidità dai singoli individui per attribuirlo ai complessi sociali. Generalmente prevale, invece, come vedremo, l'assenza di una valutazione complessiva della stupidità, la quale sembra essere soltanto una peculiarità individuale, ad eccezione della nota l'espressione "cretinismo parlamentare", coniata da Marx. Con questa espressione, infatti, Marx non intese qualificare i singoli parlamentari. Oggetto del suo sarcasmo era il complesso della vita, delle funzioni, delle attività del parlamento: la qualifica di cretinismo parlamentare apparteneva al complesso dei parlamentari nelle loro funzioni! 

Allora, per favorire la soluzione del rapporto polare stupidità-intelligenza, proponiamo di concepirlo in relazione alla società contemporanea, ossia relativamente ai complessi degli uomini e non ai singoli individui. Insomma, in questa ipotesi, si tratterebbe di un fenomeno sociale che non favorisce la formazione e lo sviluppo dell'intelligenza. E' ciò che, in questo blog, abbiamo indagato a fondo nel campo delle scienze della natura e della teoria della conoscenza relative alla storia umana, e in particolare alla recente storia della società dello spettacolo e del Truman show. (Continua)

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