martedì 15 novembre 2011

Mario Monti, il futuro dell'Italia e della UE

Il primo giorno del suo mandato esplorativo, Monti ha dovuto fare i conti con le pretestuosità della politica parlamentare italiana che caratterizza i partiti come serbatoi di interessi vitali. Dunque, ha dovuto sorbirsi le rispettive reticenze, dettate da interessi di partito, da interessi elettorali.

E' come se il cervello della politica italiana fosse dominato da schizofrenia. Una parte vede il pericolo del default: la rovina dell'Italia che non distinguerebbe tra destra, sinistra e corredo di partitini amici o avversari. L'altra parte vede solo le elezioni, arrivare alle quali in vantaggio è un imperativo assoluto: così il Pdl le pensa tutte pur di recuperare il "default" del suo presidente, il Pd le pensa tutte pur di non perdere l'immaginario vantaggio della resa di un presidente del consiglio, privato della carica e di ogni prestigio; la lega torna semplicemente all'opposizione per riacquistare le simpatie dei suoi, perdute come partito di governo; e tutti gli altri partitini si aggirano nei rami del parlamento con il bilancino in mano per misurare piccoli spostamenti dei pesi elettorali.

E Monti? Il cervello schizofrenico della politica parlamentare sembra non riuscire a inquadrarlo, così come faticano a inquadrarlo persino i giornalisti, abituati a quasi un ventennio di berlusconismo. Monti è consapevole di poter giocare, con pacata decisione, la partita (della quale conosce molto bene le regole e anche i trucchi, i colpi bassi, ecc.) di un gioco che tre semplici parole identificano: economia, moneta e finanza.

Una cosa dovrebbe, però, essere chiara a tutti, sebbene tutti possano vederla in forme più o meno offuscate e distorte: e cioè, che, comunque vada, i partiti hanno tutto da perdere, mentre Monti non ha nulla da perdere e tutto da guadagnare (in senso politico e morale, naturalmente).

In primo luogo, con che faccia i partiti possono presentarsi alle prossime elezioni, dopo essere stati commissariati due volte: una dalla UE e l'altra dal binomio Napolitano-Monti, senza il quale nessuna soluzione poteva essere trovata né dal governo in carica né dall'opposizione né dall'attività dell'inutile pletora di parlamentari? Potrebbero solo addurre come merito di non aver intralciato Monti, di non averlo fatto cadere nelle trappole in cui sono maestri, ecc. ecc. Ben poca cosa!

In secondo luogo, se tutto andrà bene, perché la UE riuscirà a superare la crisi di tutte le sue componenti nazionali e perché Monti riuscirà a ridurre alcune delle principali negatività del sistema economico italiano, il merito, per quanto il nuovo premier possa reclinare e scuotere la testa in segno di modestia, sarà inevitabilmente assegnato a lui, e, a meno che non ripeta il gesto del generoso Cincinnato, salvatore della patria, tornando al suo campicello (alla sua università), non ci sarà italiano che non penserà: sia lui il nostro nuovo presidente del consiglio.

Insomma, o Monti non può farcela perché, come molti pensano, l'impresa è impossibile -ma in questo caso, lui tornerà al campicello, mentre i partiti attuali subiranno una completa transustanziazione (altro che Renzi!)-, oppure ce la fa, e allora diventerà un nuovo padre della patria. Napolitano può aver pensato che, riuscendo nella impresa, Monti avrebbe potuto essere suo successore, futuro ideale Presidente della Repubblica, garante istituzionale di un'Italia sempre troppo litigiosa.

Ma, prima ancora, Monti potrebbe essere il futuro sobrio, intelligente e pacato traghettatore dell'Italia al nuovo ruolo che le vecchie nazioni dell'Unione Europea dovranno, prima o poi, accettare: quello di essere semplicemente regioni, più meno importanti, della sovranità di un Superstato continentale, in grado di concorrere con i giganti dell'Asia, ecc. ecc.

Post scriptum 19/12/2012 Un'ipotesi ragionevole:  sempre nell'ambito delle nazioni Ue da traghettare verso il ruolo di semplici regioni del Superstato Europeo, Monti deve aver pensato che, riguardo alla regione Italia, fosse ancora utile il suo ruolo di Presidente del Consiglio. A questo riguardo è, però, necessaria la legittimazione delle urne. Da qui la recente freddezza tra i due Presidenti: il primo, Napolitano, che in previsione del secondo, Monti, come suo successore, lo aveva nominato senatore a vita; il secondo che, in previsione della continuazione del suo mandato di Presidente di Consiglio, legittimato dalle urne, rinuncerà alla carica di senatore a vita: è questa la novità, anticipata a Napolitano, che deve aver turbato quest'ultimo.

Post scriptum 8/1/2013 Una realtà meno ragionevole: riguardo alla cosiddetta "Agenda Monti", una cosa sarà partecipare alle future elezioni pretendendo il sostegno di un'agenda, altra cosa sarebbe stato affidarsi al responso dell'urne ottenendo una legittimazione elettorale diretta. C'è un modo di dire, nella politica guidata dai mass media, televisione in testa, quello del "metterci la faccia". Ma non tutti ce l'hanno simpatica. Grillo, ad esempio, quel suo faccione può metterlo da per tutto senza rischiare brutte figure, perché è un vecchio volpone della satira comico politica. Comunque molti sono rimasti sorpresi perché, col suo metodo, è arrivato, "ridendo e scherzando" a conquistare, ad un certo momento, il 20% del ceto medio (shopper) in crisi, mentre Monti, pescando negli stessi paraggi non è ancora arrivato a superare il 15%, nonostante l'appoggio di parlamentari espertissimi . Che cosa ne dobbiamo dedurre?  Che in Italia se un buon comico si  deve... trattenere per non diventare un politico di successo, i politici di successo devono trattenersi ancora di più per... evitare di diventare cattivi comici e "rimetterci la faccia".
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