venerdì 30 settembre 2011

L'evoluzione della strategia egemonica USA e il sistema di Stati nella Globalizzazione

Dal secondo dopoguerra ad oggi, il mondo economico-politico soggetto alla egemonia USA è stato definito con due formule, facenti riferimento semplicemente ai punti cardinali: "Est-Ovest", "Nord-Sud". La prima formula ha rappresentato il contrassegno della "guerra fredda", della contrapposizione  apparente tra il Primo mondo democratico e il Secondo mondo del "socialismo reale" (1948-1989); la seconda formula ha rappresentato il contrassegno della contrapposizione reale tra il Primo mondo dell'opulenza e dello shopping e il Terzo mondo della penuria (1989-2001): lo potremmo chiamare il "logo" della "globalizzazione".

Riguardo al primo periodo, della contrapposizione apparente tra le due superpotenze ineguali USA e URSS, la formula "Est-Ovest" rappresentò realmente il gioco di sponda tra due sistemi politici che dovevano attrarre nella loro orbita i nuovi Stati sorti dalla decolonizzazione, considerati nel loro insieme come appartenenti al Terzo mondo. Sebbene il Terzo mondo fosse in parte confluito nella associazione dei "Paesi non allineati", la maggior parte dei nuovi Stati sorti dalla decolonizzazione si trovò collocata o nella sponda degli Stati Uniti o nella sponda dell'URSS, partecipando alle molteplici pantomime della "guerra fredda".

Se dunque la contrapposizione tra le due sponde "Est" e "Ovest" era sorta in funzione del controllo dei nuovi Stati, questi Stati sono poi divenuti Paesi in via di sviluppo (PVS) e, in quanto tali, partecipi in misura differenziata, a causa dell'ineguale sviluppo capitalistico, alla produzione e al mercato mondiali. Da questo punto di vista, la formula "Est-Ovest" diveniva obsoleta! così, gli Stati Uniti, alla fine dell'amministrazione Carter, scelsero l'amministrazione Reagan con il compito di sbarazzarsene, favorendo il crollo dell'URSS e la fine del "socialismo reale".

Rimase così soltanto il vero problema, quello del controllo economico e politico dei PVS. Terminato il gioco di sponda, rimase soltanto la supremazia USA, riconosciuta per amore o per forza dal resto dell'Occidente: l'Unione Europea e il Giappone. Ma anche il termine "Occidente" diventò obsoleto. Così, partendo dalla circostanza puramente casuale che le principali potenze sviluppate sono geograficamente collocate a Nord, il termine "Nord" sostituì quello di "Occidente"; di conseguenza il resto del mondo venne collocato a "Sud". In sostanza, la formula "Nord-Sud" stabilì la contrapposizione tra paesi a sviluppo avanzato (PSA) e paesi in via di sviluppo (PVS), tra i quali sono compresi anche quelli che lo sviluppo possono solo sognarlo.

Possiamo quindi osservare che se la formula "Est-Ovest" aveva rappresentato la volontà della superpotenza USA di mantenere il gioco di sponda per controllare la collocazione internazionale degli Stati sorti dalla decolonizzazione, la formula "Nord-Sud" rappresenterà la volontà della superpotenza USA di mantenere il mondo diviso in due: 1) un mondo sviluppato, opulento e dominatore, 2) un mondo scarsamente o per nulla sviluppato, povero e dominato. La crisi economica asiatica del 1997 illuderà l'amministrazione clintoniana di poter continuare senza problemi sulla strada della divisione "Nord¬Sud".

Naturalmente volontà e formule sono termini che stanno a riassumere le diverse scelte strategiche e tattiche che appartengono all'armamentario dell'egemonia di potenza. Ciò che quindi deve far riflettere è la breve durata della formula "Nord-Sud": è stato l'imprevisto, rapido e irrefrenabile sviluppo cinese, seguito a ruota da quello indiano a rimettere in discussione la validità di questa formula. E non finisce di sorprendere chi legge la letteratura sull'argomento, con attenzione e seriamente, il fatto che, nel periodo che va dalla seconda metà degli anni Novanta all'inizio del terzo millennio, pochi abbiano previsto o almeno intuìto l'entità dello sviluppo cinese.

Tra le potenze, la prima a prenderne atto è stata, non a caso, l'America, che ha posto in atto una nuova svolta strategica, per rappresentare la quale non esistono altri punti cardinali. L'11 settembre 2001 può essere con ragione considerato il punto di svolta, anche in considerazione del fatto che una settimana prima la Cina era finalmente entrata nel WTO. E' la svolta della netta riaffermazione della irrinunciabile egemonia USA, ormai messa in discussione da una reale minaccia: quella di quasi tre miliardi di asiatici entrati impetuosamente da protagonisti nell'era della "globalizzazione".

Ora, indipendentemente dalle conseguenze, nel breve e medio periodo, della svolta strategica attuata dall'amministrazione Bush, la questione principale nel lungo periodo è se l'entrata di Cina, India, ecc. nella "globalizzazione" permetterà un prolungamento della vita del capitalismo, oppure, come una proliferazione tumorale, ne accelererà la fine: in altre parole, se il capitalismo senescente potrà superare il primo secolo del terzo millennio, oppure vi concluderà la sua esistenza.

L'indagine della recente fase della "globalizzazione" è stata necessaria per comprendere il nostro recente passato e per stabilire quali fondamentali contraddizioni irrisolte si faranno sentire, condizionando il futuro. Ora la "globalizzazione", nel significato che il "neoliberismo" le ha attribuito, è l'esatto capovolgimento della realtà: la reale "globalizzazione" produce, infatti, barriere, impedimenti e ostacoli. Occorre, quindi, rovesciare l'ideologia neoliberista se vogliamo comprendere la fase attuale.

La "globalizzazione" si manifesta, 1) in relazione alla specie umana, come barriera tra la ricchezza di una minoranza e la povertà della sua maggioranza; 2) in relazione agli Stati nazionali, come barriera tra i paesi sviluppati e gran parte dei paesi sottosviluppati, che trovano nel debito estero un assoluto impedimento al proprio sviluppo; 3) in relazione alle potenze, come barriera che separa la superpotenza egemone USA da tutte le altre grandi potenze, 4) infine, in relazione all'economia mondiale, come barriera tra la produzione del plusvalore assoluto e la sua realizzazione nello shopping: barriera che prima o poi si manifesterà in una Grande crisi.

L'indagine della "globalizzazione" doveva perciò muoversi su diversi livelli: A) quello relativo all'economia, all'attuale processo di riproduzione del capitale mondiale; B) quello relativo al processo di sviluppo economico degli Stati nazionali; C) infine, quello relativo alla egemonia americana sul mondo "globale".

Sub C) occorre ricordare che la specie umana è attualmente divisa in maniera molto difforme in 193 Stati nazionali, dalle più varie dimensioni territoriali e soprattutto demografiche. Esistono molte decine di Stati che demograficamente contano meno di una città media (meno di 1 milione di abitanti), ma ne esistono due, Cina e India, le cui rispettive popolazioni superano il miliardo di abitanti, e sono perciò paragonabili a due decine di Stati come Francia e Inghilterra.

Gli Stati con meno di 1 milione di abitanti sono 43, e quelli tra 1-10 milioni di abitanti 77; dunque, ben 120 Stati sono, dal punto di vista demografico, di nessuna importanza.

Rimangono 73 Stati così suddivisi:
a) 50 Stati medio piccoli, tra 10-50 milioni di abitanti;
b) 15 Stati medio-grandi, tra 50-100 milioni di abitanti;
c) 8 grandi Stati, sopra i 100 milioni di abitanti.

Sub b) troviamo le quattro potenze economiche della UE: Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia; PVS come Brasile*, Messico, Iran, Turchia e Ucraina; ma anche paesi sottosviluppati come Etiopia, Bangladesh, Filippine, Thailandia e Vietnam.

Sub c) troviamo la superpotenza USA, la grande potenza del Giappone, le nuove potenze come Cina, India e la recuperata Russia; ma anche paesi sottosviluppati come Indonesia, Nigeria e Pakistan.

Ora, se prendiamo in considerazione le principali potenze mondiali; quelle del G7, solo il Canada è demograficamente inferiore a 50 milioni di abitanti; e se aggiungiamo al G7 potenze ormai fondamentali come Cina, India e Russia, otteniamo la classifica delle principali potenze economiche e politiche che dovranno partecipare alla nuova svolta strategica mondiale: USA + Canada, Cina, India, Giappone, Russia, Germania + Francia + Inghilterra + Italia (a essere benevoli).

Per concludere, occorre sottolineare l'importanza fondamentale che nel futuro assumeranno le relazioni internazionali tra le potenze dell'Euroasia e del Pacifico: Russia, Cina, India, Giappone e Stati Uniti d'America.

* Refuso: il Brasile va collocato sub C, e aggiunto alle potenze strategicamente rilevanti  (Correzione in data 26/10/2011).

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Tratto da "Scritti sulla Globalizzazione" (2005-2007)


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