lunedì 19 settembre 2011

Il principio antropico: la riscossa di Pangloss

Punto di partenza, per Susskind ("Il paesaggio cosmico", 2009) è il contrasto "tra due opposte fazioni scientifiche: tra coloro che credono che la natura sia determinata da relazioni matematiche che, per puro caso, permettono la vita e coloro che credono che le leggi della fisica siano state in qualche modo determinate dalla condizione di rendere possibile lo sviluppo della vita intelligente". Da questa opposizione diametrale sarebbe nato il concetto di "principio antropico", che recita: "il mondo è finemente regolato in modo da permetterci di essere qui a osservarlo".

Come si vede, è una forma di predeterminismo alla Pangloss (il naso serve a reggere gli occhiali). Ma com'è possibile che la fisica contemporanea si sia ridotta fino a questo punto? Susskind ci indirizza verso la risposta, quando cita alcune posizioni teoriche di fisici che si fondano sull'intelligenza divina o si richiamano ad essa: "Nel suo libro Il cosmo intelligente l'astronomo Paul Davies conclude che le prove di un'intelligenza superiore sono schiaccianti". "Secondo il professor Fred Hoyle, di certo non simpatizzante cristiano, è come se un intelletto superiore avesse giocato con la fisica, oltre che con la chimica e la biologia". Insomma, anche in fisica incontriamo, come già in biologia,  il determinismo creazionista garantito dall'intelligenza divina.

L'autore precisa che certe affermazioni, che hanno per soggetto Dio, vengono usate spesso dai fisici, ma solo come metafore: ad esempio quella famosa di Einstein: "Dio non gioca ai dadi" (che comunque fu detta a favore del determinismo contro l'indeterminismo). Ma l'insistenza di voler cercare, comunque sia, la "mente di Dio" nell'Universo, è pur sempre un retaggio cristiano, lo stesso che fa scrivere a Susskind: "per ragioni finora totalmente incomprensibili, la costante cosmologica appare calibrata (!) con una precisione stupefacente. Questo fatto, più di ogni altra "coincidenza" porta alcuni a concludere che l'universo dev'essere frutto di un progetto".

A stabilire per primo il principio antropico, dice Susskind,  fu Steven Weinberg nel 1987*: "alcune proprietà dell'universo o alcune leggi della fisica devono essere vere, perché se non lo fossero noi non potremmo esistere. Sono molti i candidati a una spiegazione antropica:
1) Perché l'universo è grande?
2) Perché esiste l'elettrone?
3) Perché lo spazio è tridimensionale? "


Perché il naso è prominente? Ma, ovviamente, per reggere gli occhiali, altrimenti come farebbero miopi, ipermetropi, ecc. a portare gli occhiali? Ecco Pangloss alla riscossa. Stupefacente è che proprio Weinberg, contrario al creazionismo e al pensiero antiscientifico, e a tutto ciò che assomigliasse a un disegno intelligente, ciò nondimeno, "dato lo stallo sconfortante della discussione sulla costante cosmologica, sentì di non poter più ignorare la possibilità di una spiegazione antropica". E persino Martin Rees, "l'astronomo reale britannico" e i due famosi cosmologi russi, residenti negli USA, Andrej Linde e Alexander Vilenkin, mostrarono un atteggiamento di apertura nei confronti della spiegazione antropica, questione legata alla grandezza della costante cosmologica.

Anche nella pretesa che il protone dovesse decadere, deludendo tutte le aspettative, si corse ai ripari: il motivo "non potrebbe essere antropico?". Ma, nonostante cospicui investimenti per costruire enormi cisterne di acqua sotterranee con rivelatori fotoelettrici, neppure un protone finora è decaduto, stabilendo così una vita media di almeno 10^33 anni.

Susskind critica una "delle obiezioni predilette dai detrattori del principio antropico": "L'argomentazione è che il principio antropico non è sbagliato, è semplicemente una sciocca tautologia. La vita è un dato sperimentale e, naturalmente, è vero che se non ci fosse la vita non ci sarebbe nessuno a osservare l'universo e a porsi questo genere di domande. E allora? Il principio non dice niente di più rispetto al fatto che vita si è formata". Insomma, come evitare che il principio sia soltanto una tautologia alla Pangloss?

Secondo Susskind è sciocco esprimere il principio nel seguente modo: "Le leggi della fisica devono essere tali da permettere lo sviluppo della vita perché, se non lo facessero, non ci sarebbe nessuno a interrogarsi sulle leggi della fisica". "Ma se interpretato come espressione concisa per indicare l'esistenza di un Paesaggio sbalorditivamente ricco e di un meccanismo che lo popola di universi-bolla (...) non è più banale". Sarebbe, comunque, il solito artificio, perché ciò che appartiene alla realtà viene capovolto da spiegazioni convenzionali, quali quelle relative al principio antropico. Ma non c'è bisogno di questo principio per sostenere che l'uomo (con il suo cervello) è il risultato della dispendiosa evoluzione naturale.

Susskind è di tutt'altro avviso, come si vede dal seguente passo: "Per spiegarci da un punto di vista antropico la posizione X, dovremmo innanzi tutto avere motivo di credere che "non X", ossia la sua negazione, sarebbe fatale per la nostra esistenza. Nel caso della costante cosmologica, questo è precisamente ciò che trovò Weinberg". E ancora: "Il principio antropico è la bestia nera della fisica teorica. Molti fisici hanno nei suoi confronti una reazione quasi violenta, e la ragione non è difficile da immaginare: un simile concetto rappresenta una minaccia per il loro paradigma, secondo il quale tutto ciò che riguarda la natura si deve poter esprimere in termini esclusivamente matematici".

Se Susskind dubita che sia sensato questo comportamento dei fisici (matematici), e ha ragione, chi scrive dubita però che egli colga nel segno utilizzando la logica matematica "X" - "non X": questa logica o si riduce a sciocchezze banali, come ad esempio affermare che la "non aria" non ci permetterebbe di vivere, e per questo motivo era necessaria un'atmosfera (di queste necessità se ne possono trovare un'infinità), oppure non si sa a che cosa possa servire. Ciò che di sensato si può dire sulla questione della nostra esistenza, lo abbiamo più volte affermato considerando la vita un'eccezione statistica e la vita cosciente l'eccezione delle eccezioni, rese ovviamente possibili sulla base di grandi numeri di pianeti nel cosmo.

* Per la precisione, la nozione di "Principio antropico" si deve a Brandon Carter di Cambridge, che la coniò nel 1974, nelle due versioni: debole e forte. Così, almeno, afferma Bergia nel suo libro "Dal cosmo immutabile all'universo in evoluzione" (1995), dal quale riprendiamo i due princìpi, nella formulazione di Barrow e Tripler. Secondo il principio debole o WAP (Weak Antrhopic Principle): "I valori di tutte le quantità fisiche e cosmologiche non sono ugualmente probabili ma assumono valori ristretti dal requisito che esistono luoghi ove si possa evolvere la vita basata sul carbonio e dal requisito che l'universo sia abbastanza vecchio per averlo già fatto". Secondo il principio forte o SAP (Strong Antrhopic Principle): "L'universo deve avere quelle proprietà che permettono che la vita vi si sviluppi a qualche stadio della sua storia".

Insomma, questo preteso principio deriva da una constatazione empirica: l'esistenza della vita. Ma ciò significa soltanto che i processi materiali del cosmo hanno in sé la potenzialità di creare forme materiali anche viventi. Dopo di che si può solo ipotizzare che non sia un evento molto frequente, ma segua la legge della rarità statistica, soprattutto quando si prenda in considerazione la vita cosciente.

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Scritto nel 2010

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