sabato 3 settembre 2011

La dispendiosa produzione di libri storici, secondo Luraghi

Raimondo Luraghi, nella sua "Storia della guerra civile americana" (2009), ricorda di aver cominciato a studiare l'argomento nel 1959, compiendo per sette anni ricerche approfondite sulla immensa mole delle fonti dirette: documentarie, memorialistiche, statistiche, ecc. Ma una completa bibliografia, che tenga conto anche delle opere non storiche (romanzi, poemi, ecc.) -egli dice- supera i 100.000 titoli editi nella sola America. Perciò, osserva, "dominare la massa sterminata dei documenti relativi alla guerra d'America è impresa faticosissima; essi sono tali e tanti che la vita di uno stesso specialista non è sufficiente a esaminarli tutti, per cui ogni ricercatore è costretto (a malincuore) a lasciare inesplorata una buona parte del campo ed a contentarsi di ipotesi; l'esame e la rielaborazione delle fonti sono in gran parte ancora da fare; numerosi aspetti del problema (e di primario interesse) non sono praticamente mai stati studiati, o lo sono stati in maniera del tutto insufficiente; la stessa immensità della letteratura storica preesistente fa sì che molte volte invece di riesaminare le varie questioni dalle basi, ci si attenga a schemi prefissati".

100.000 titoli, per un argomento storico limitato nel tempo  (cinque anni) e nello spazio (Stati Uniti d'America), sono veramente troppi da compulsare anche per una numerosa equipe di specialisti. Se poi aggiungiamo che gli stessi schemi prefissati vengono ripetuti un'infinità di volte nelle pubblicazioni, che molti aspetti importanti non sono mai stati studiati, infine, che mancano sintesi generali soddisfacenti, possiamo arrivare a una conclusione molto scoraggiante riguardo alla possibilità di fare storia. Nonostante ciò, ad ogni generazione, quegli stessi storici che non riescono ad appropriarsi della documentazione passata, contribuiscono ad accrescerla, tanto più quanto più aumenta il loro numero. Sembra proprio una via senza uscita.

Eppure Luraghi si preoccupa anche del fatto che "sempre più improbabile diventa il "ritrovamento", entro la massa pur colossale dei documenti inediti, di un "pezzo" raro che valga a costituire un "anello mancante" nella catena dei fatti". Però aggiunge: "Ciò non significa che tutte le fonti siano "conosciute", per lo meno nel senso scientifico della parola; meno che mai che siano state studiate. Come argutamente ebbe a osservare un illustre storico, spesso i documenti più inediti sono ... quelli editi; essi sono stampati, sono lì, ma non molti si danno la pena di sottoporli ad uno studio sistematico e a fondo: ciò è vero specialmente per le grandi collezioni che spesso un'intera vita non basta a compulsare".

Questo è il limite oggettivo della conoscenza, che si manifesta come contraddizione tra  l'infinita potenzialità della specie umana e il ristretto potenziale dell'individuo. Come uscire da questa contraddizione che sembra impedire la conoscenza? Luraghi solleva il problema, ma non fornisce una soluzione. Egli si limita a indicare ciò che non si troverà nel suo libro:

"Nemmeno si troverà qui la ricerca della "causa" o delle "cause" della guerra, intese in senso naturalistico e deterministico. Ciò paradossalmente porterà, lo spero, a meglio intendere la effettiva genesi del fenomeno storico, la quale è invece discussa, e a fondo: ma la cui analisi è tutt'altra cosa della ricerca di "cause" più o meno fatalistiche, la quale finisce in genere per ostacolare l'effettivo studio delle vicende storiche e della loro concatenazione".

"D'altro canto non vi è neppure dedicato spazio all'oziosa discussione circa la "evitabilità" o meno del conflitto. La storia, è noto, è andata come è andata e non come sarebbe potuta andare; e, ammesso che un corso differente fosse "possibile" (ma ha, questa espressione, un senso?), il compito dello studioso è di esaminare e comprendere quanto è accaduto, non di elucubrare su eventi che non si sono mai prodotti: poiché questo altro non è se non un vano fantasticare, una vuota perdita di tempo".


Se si rifiuta, e giustamente, il determinismo riduzionistico e l'indeterminismo possibilistico, che cosa rimane? a Luraghi rimane un sano empirismo induttivo, guidato da una valida impostazione evoluzionistica. Ma le vicende storiche sono praticamente infinite, persino in un fenomeno storico limitato nel tempo e nello spazio quale è stato la guerra civile americana. Quindi sorge il problema: quali eventi analizzare e con quale metodo? Il determinismo non funziona perché, non solo pretende trovare determinate cause in eventi singoli dominati dal caso, ma anche perché riduzionisticamente pretende di trovare nessi causali persino nelle minuzie. A sua volta, l'indeterminismo possibilistico non solo si diletta a fantasticare eventi mai accaduti, che sarebbero potuti accadere, ma pone sullo stesso piano qualsiasi  evento storico realmente accaduto e qualsiasi possibilità immaginata dallo storico*.

E cosi, nel supermercato delle "confezioni" storiche, ce n'è per tutti i gusti. Ciò che manca, nel suo complesso, è la reale conoscenza della storia, perché la vera storia riguarda le grandi questioni dell'intera specie umana, e può essere ricostruita solo da chi riesca a render conto dei complessi e a tener conto solo di quei dettagli che possono mostrare come gli accidenti della storia ne fanno deviare a zig zag il corso quanto basta a produrre complessivamente una cieca necessità. Solo in questo modo si può risolvere la contraddizione tra le limitate potenzialità dei singoli individui e l'illimitata potenzialità della specie nel campo della conoscenza, evitando di puntare l'attenzione sui dettagli inessenziali, che in genere sia i deterministi che gli indeterministi guardano insistentemente, invece di vedere fuggevolmente.

E' da qui che, poi, nasce l'ossessione degli specialisti, sempre alla ricerca di pezzi rari che, secondo loro, possono modificare le versioni storiche ufficiali. Del resto il lavoro degli specialisti è di per sé poliedrico, perché su tutto può sorgere una specialità: cosi, nella guerra civile americana, possiamo trovare specialisti della storia delle battaglie, dei generali, delle armi, delle divise, della truppa, e persino del primo battaglione costituito da soldati di colore, ecc. Ma le nozioni raccolte in queste collezioni costituiscono soltanto un serbatoio di materiali minuti che non va confuso con la ricostruzione storica, cosi come il materiale depositato in un cantiere non può essere confuso con l'edificio in costruzione e infine ultimato.


*Nell'attuale dominio del pluralismo relativistico e possibilistico, la storia è tenuta in siffatto conto che, se uno storico portasse "prove" sui sentimenti di Cesare nel momento stesso in cui i congiurati volsero i loro pugnali sulla sua persona, riceverebbe attenzioni e attestati di merito, mentre uno storico che si limitasse a osservare che l'assassinio di Cesare ha rappresentato un accidente della storia, uno zig zag che ha temporaneamente fatto deviare il suo corso, ciecamente necessario, verso la forma imperiale dell'antichità, non riceverebbe oggi soverchie attenzioni.
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