giovedì 1 settembre 2011

"La vita inaspettata" di Pievani: solo casuale?

La contrapposizione metafisica tra il caso di Epicuro e la causa di Democrito, secondo la quale ogni cosa (della natura) deve essere, rispettivamente, o contingente o determinata da un causa, ovvero, o solo casuale o solo necessaria, rappresenta la principale palla al piede della teoria della conoscenza. La necessità, in questa contrapposizione diametrale, appartiene solo al campo della causalità. Due millenni di storia del pensiero umano hanno consacrato questa necessità deterministica in opposizione diametrale al caso indeterministico.

Divise in due da questa barriera, non rimaneva alla teoria della conoscenza e alle varie scienze che un'unica inclinazione: dare continuamente vita a duplici concezioni diametralmente opposte: chi non ricorda la contrapposizione tra il determinismo di Einstein e l'indeterminismo di Bohr, nella fisica degli anni '30, oppure la contrapposizione tra il determinismo di Dawkins e l'indeterminismo di Gould, nella biologia evolutiva, dagli anni Settanta-Ottanta in poi? E sono solo due tra i mille esempi che si potrebbero citare.

Chi scrive, da un paio di decenni, ha ritenuto di poter abbattere questa barriera, mostrando che era una barriera fatta di niente, costituita da un malinteso metafisico, che può essere eliminato dal pensiero dialettico  mostrando che il caso non sussiste senza la necessità e che la necessità non sussiste senza il caso, che l'uno si rovescia nell'altra e viceversa. Nei vari post è stato illustrato la modalità di questo rovesciamento, ma per avere un'idea immediata è sufficiente cliccare qui di lato su "L'origine della nuova teoria della conoscenza... "

Oppure si può continuare a leggere quel che segue. Si tratta dell'ultimo libro di Telmo Pievani, epigono di Gould, che sostiene la contingenza o casualità dell'evoluzione della vita fino all'uomo cosciente, sul pianeta Terra. Gli esempi forniti a favore della contingenza, soprattutto della origine della specie cosciente, l'uomo, sono notevoli, anche grazie agli ultimi ritrovamenti di fossili e ai progressi della paleo-antropologia.

Seguendo l'articolo di Antonio Carioti ("Corriere della Sera" 1/9/2011), dedicato alla presentazione del libro di Pievani ("LA VITA INASPETTATA..."2011) possiamo farci un'idea di questa contingenza che ha accompagnato l'origine della vita e la sua evoluzione, fino a comprendere la nascita della specie umana, l'unica in grado di riflettere sulle proprie origini e, almeno in potenza, capace di conoscere scientificamente l'evoluzione naturale. C'è però un ma: può la contingenza da sola rendere conto dell'evoluzione della vita e dell'uomo? Se valesse solo il caso, potremmo dire, per esempio, che, come siamo arrivati all'attuale livello tecnologico, potremmo anche tornare indietro all'età della pietra, per contingenze rovesciate. 

Quando Pievani dice che la solitudine dell'uomo è molto recente perché "Circa 40 mila anni fa c'erano ancora cinque specie umane diverse presenti contemporaneamente sulla terra. Senza la Rift Valley, forse non sarebbero mai comparse; senza le glaciazioni, forse non si sarebbero ridotte a una sola, cioè noi", ha perfettamente ragione, anzi, si potrebbe continuare in questa riflessione, aggiungendo, ad esempio, che senza la casuale scoperta della stampa, l'uomo sarebbe rimasto ancora a un livello molto arretrato, vicino all'antichità e al medioevo. Ma tutto ciò non può essere liquidato appellandosi alla sola contingenza.

Pievani ricorda un altro evento primordiale fondamentale che ha permesso all'uomo di evolversi oltre l'animalità, il movimento sulle gambe, che ha liberato le  mani (evento questo citato a suo tempo da Engels). L'uso delle mani ha fatto progredire il cervello umano: ecco la conseguenza imprevedibile di un evento contingente! Ecco uno degli infiniti esempi di conseguenze che non sono più appannaggio del caso, appartenendo di diritto alla necessità: certo è una necessità non voluta e perciò cieca, appartenente alla sfera dei risultati non voluti. Nessuno lo ha voluto, ma l'uomo è divenuto la specie animale più intelligente e si è affrancato dall'animalità (non completamente e non quanto si potrebbe pretendere da lui, ma abbastanza se si considera che è dipeso da una cieca necessità) .

Si tratta, allora, di comprendere la cieca necessità nella quale si rovescia continuamente il caso: questo dovrebbe essere lo scopo della conoscenza, al quale l'autore di questo blog intende contribuire. Per concludere, è assolutamente valido sostenere che l'evoluzione accidentata del nostro pianeta, con le immani catastrofi che hanno lastricato l'inferno delle estinzioni, non poteva garantire a priori ciò che si è realizzato: l'origine della vita, e soprattutto della vita cosciente, per non parlare della presenza attuale dell'uomo sulla Terra e al livello tecnologico raggiunto.

Questa cieca necessità può essere giustificata solo statisticamente grazie ai grandi numeri, e nella forma di eccezione statistica, nella forma di una rarità che appare un miracolo divino. Ma non è un miracolo divino perché statisticamente un'infinità di pianeti ha permesso il pianeta Terra. E se oggi noi  possiamo parlarne è perché siamo comparsi e ci siamo evoluti con questa modalità statistica dispendiosa.

Gould su una cosa aveva assolutamente ragione: se si dovesse riavvolgere il filmato da capo, su questa terra non capiterebbe nulla di ciò che è capitato. Qualcuno potrebbe obiettare: ma perché proprio la nostra Terra ha avuto la "fortuna" di produrre la vita e la coscienza? Nella domanda c'è già la risposta: se  possiamo fare questa domanda vuol dire che apparteniamo al pianeta che "ha vinto la lotteria".

Per concludere, non conoscendo la statistica di questa lotteria, non possiamo sapere quante altre terre possano produrre la vita, in quali tempi e fino a che punto di evoluzione. Ci saranno delle gradazioni, esisteranno nell'universo, lontano da noi, pianeti a vari gradi di evoluzione della vita ecc. ecc. Però, a parere di chi scrive, ma è solo un parere: il fatto che un pianeta possa arrivare al punto in cui è arrivata la Terra (grazie a infinite contingenze che si sono rovesciate in cieche necessità) è una rarità così rara che rimarrà per l'uomo, forse per sempre, incalcolabile. Però è così che l'evoluzione ha funzionato e continuerà a funzionare.

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[Dopo la lettura del libro di Pievani, occorre fare una modifica, in attesa di tornarci sopra in maniera più dettagliata e approfondita. Chi scrive dava per scontato che il concetto di "contingenza" appartenesse, per tutti i filosofi, alla sfera del caso, da ciò l'attribuzione a Pievani della posizione di Gould. Ma, leggendo il libro, non sembra essere così. Ciò che appare è che Pievani abbia scelto una posizione di mezzo tra i due contendenti, quasi una conciliazione tra l'indeterminismo di Gould e il determinismo di Dawkins, concependo la contingenza come una panacea risolutiva, in quanto sottratta al caso e avvicinata alla causalità.

Tutto si chiarisce a pag 145 nel paragrafo intitolato "Né puro caso né disegno: la caduta degli alibi", dove l'autore distingue e separa la "contingenza" dal "puro caso", per sbarazzarsi dalla "insopportabile" alternativa "fra il disegno provvidenziale e il puro caso", senza rendersi conto che così batte in ritirata proprio di fronte alla inclinazione a fraintendere Darwin, in quanto, secondo lui, siamo"nati per credere" e quindi più inclini a credere al disegno provvidenziale. Il fatto è che se uno sbaglia nelle premesse, finisce con lo stravolgere anche ciò che dovrebbe essere assodato.

Sono più di due millenni che il caso indeterministico epicureo si oppone alla causa deterministica di Democrito, e Pievani non può pensare di cavarsela sostenendo che "Il potere causale del singolo evento" cambi "la prospettiva" e che la contingenza possa sottrarsi alla dicotomia tra il "puro caso" e il predeterministico "disegno intelligente". In questo modo, egli attribuisce la determinazione causale al singolo evento casuale, concepito come contingente. Insomma, la contingenza, invece d'essere quella realtà accidentale dovuta al singolo evento soggetto al caso, diventa per Pievani il momento in cui il caso si trasforma  in causa! E, per il momento può bastare. (Aggiunta del 3/10/2011)] 

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