mercoledì 15 gennaio 2014

La scoperta della cieca necessità complessiva in esperimenti neurologici

Nel febbraio 2007 usciva su "Le Scienze" un interessante articolo su esperimenti neurologici che confermano le tesi di questo blog, e cioè che i risultati necessari in natura sono conseguenza di complessi di numerosi elementi casuali. Si tratta dell'articolo di Miguel A.L. Nicolelis e Sidarta Ribeiro dal titolo "Decifrare il linguaggio del cervello". Gli autori hanno eseguito esperimenti neurologici su Esche, un topo: in particolare sulla sensibilità delle vibrisse. Ma prima citano esperimenti degli anni Novanta dove si scoprì l'esistenza di aggregati di migliaia di neuroni chiamati poi barili.

Partendo da quei risultati gli autori, anzi uno di loro, Nicoleis, "decise di applicare un nuovo metodo per ascoltare l'attività elettrica simultanea di numerosi neuroni". Per farla breve, arrivarono al risultato che "fu insieme chiaro e scioccante: singole deflessioni delle vibrisse in animali svegli innescavano complesse onde di attività elettrica, che attraversavano molteplici aggregati a barile in ciascuna struttura del sistema trigeminale (...).

Queste nostre osservazioni erano incompatibili con un'informazione che viaggiava lungo statiche e separate vie dedicate. Al contrario, i nostri dati indicavano un modello alternativo, conosciuto come rappresentazione distribuita, o "codice neurale di popolazione"; solo combinando l'attività di ampie popolazioni di neuroni il cervello del roditore avrebbe estratto un'informazione tattile precisa e significativa dell'ambiente". In sostanza, la necessità qui sperimentata non è il risultato di singoli neuroni, ma di un complesso specifico di numerosi neuroni. E questa è la tesi che, chi scrive, ha sempre sostenuto per tutti i prodotti della natura costituiti di grandi numeri: sono i complessi a emergere come necessità

Gli autori concludono con una scritta in grande: "Soltanto combinando l'attività di popolazioni di neuroni il cervello può estrarre informazione significativa". Ecco la soluzione! E, nella parte finale dell'articolo, scrivono: "La specie umana condivide con i ratti gli elementi dell'architettura cerebrale, della fisiologia e della biologia cellulare. E come loro anche noi ci orientiamo nell'ambiente sensoriale grazie a reti neurali complesse che generano rappresentazioni molteplici del mondo circostante, le quali plasmano dettagliatamente la percezione da un istante all'altro in funzione di cambiamenti dell'attenzione, della motivazione e dell'umore, e tenendo conto delle esperienze sensoriali trascorse.

Ma viene da chiedersi, come fanno questi effetti collaterali a emergere dalle minuscole scariche di miliardi di neuroni? E poi, come fa il nostro cervello a permetterci di comportarci in modo così simile e a conferire al tempo stesso a ciascuno di noi un'esistenza così unica e irripetibile? La maggior parte degli scienziati sarebbe d'accordo che gli intricati dettagli di quel puzzle rimarranno un mistero ancora per un pò".

E ancora: "Anche se il codice neurale è tutt'altro che decifrato, già oggi possiamo capire e pronunciare alcune sillabe, cosa impossibile appena dieci anni fa. Una ragione importante per cui possiamo già usare questa lingua è la sua intrinseca adattabilità, che è a sua volta il frutto delle proprietà di rete della comunicazione tra complessi neurali". Rapporto tra complessi, appunto! Perciò "Persino se vengono tralasciate alcune parole, il messaggio giunge ugualmente a destinazione, proprio come una rete tecnologica resistente e flessibile compensa rapidamente la perdita di alcuni nodi".

Ma, diversamente dalle reti tecnologiche prodotte dall'uomo, si tratta in natura di numeri molto più grandi e di massimo dispendio. Gli autori, naturalmente non possono arrivare direttamente ad affermare questo, per non scontentare troppo i riduzionisti che rappresentano la maggioranza tra i neurologi. Perciò li tranquillizzano col pensiero che "seguire l'attivita dei neuroni una alla volta abbia favorito una concezione lineare, imperniata sul neurone, della comunicazione neurale". E aggiungendo che "Potremmo paragonare questi primi metodi all'ascolto di una sola voce durante l'esecuzione di un'opera...", Ma poi devono imporre i complessi, sia pure come metafora: "Perciò, ogni volta che fugge da un gatto, il ratto deve la sua salvezza a una sinfonia di impulsi elettrici eseguita dentro la sua testa". La sinfonia, ovviamente, qui rappresenta quel complesso necessario che sorge sulla base dell'attività casuale di numerosi, singoli neuroni.

E nello stesso numero di "Le Scienze" che cosa sosteneva Boncinelli?


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