venerdì 3 gennaio 2014

5. Sul moto relativo fittizio e la relatività di Einstein

(Continuazione) Non distinguendo tra moto relativo reale e moto relativo fittizio, sembra che la "relatività" sia stata un proprietà applicabile alla materia, mentre essa è stata solo una convenzione utile a relazioni matematiche. Così Stewart, come tutti i fisici, confonde la "relatività" matematica con una pretesa relatività della cosa da studiare: il moto. Infatti scrive: "cosa significa "in movimento"? Va bene dire che il treno si muove e i binari sono fermi, ma rispetto a che cosa? Il moto è un concetto relativo. Noi, ad esempio, non ci accorgiamo che la Terra gira, ma lo deduciamo dalle albe e dai tramonti; in realtà non "sentiamo" in noi la rotazione".

Il fatto di non sentire qualcosa di reale, il fatto che il senso comune il più delle volte suggerisca apparenze fallaci, e non solo in fisica, non conferma il relativismo fittizio del "come se". La conoscenza di una cosa o di un evento o di un processo non deve necessariamente soddisfare il senso comune, deve, invece soddisfare il rispecchiamento della realtà di questa cosa o avvenimento o processo. Allora, anche se noi non "sentiamo" la rotazione della Terra attorno al Sole, questa è comunque la realtà, che possiamo rispecchiare scegliendo il reale sistema di riferimento.

Perciò, quando Einstein ha preteso giustificare la relatività del moto con il senso comune del viaggiatore in treno, la cui sensazione è quella che la panchina si muova rispetto al treno, si è messo nei panni di un bambino di cinque anni, e così fanno tutti quelli che citano il suddetto risultato del senso comune. Ma tutta la scienza, fin dai primordi dell'umanità, è stata un continuo tentativo di superare il senso comune con la riflessione scientifica della realtà.

Allora che cosa dobbiamo pensare di Stewart che scrive: "Quando diciamo che la Terra gira attorno al Sole e non viceversa, in realtà affermiamo una cosa imprecisa, perché entrambe le descrizioni del moto sono valide, a seconda del punto di vista. Se il sistema di riferimento è solidale con il Sole, la Terra si muove e il nostro astro sta fermo; ma se il sistema è solidale con la Terra, come nel caso dei suoi abitanti, vale esattamente l'opposto"? Dobbiamo pensare che, sostenendo valida la relatività einsteniana della scelta del sistema di riferimento, egli rimane invischiato nel convenzionalismo matematico, senza poter più distinguere il moto reale dal moto fittizio.

Del resto, questo relativismo cosmologico è sorto originariamente nella mente di Einstein proprio per cancellare la gravitazione (relatività ristretta). Ciò che i fisici (ossequiosi nei confronti del genio di Einstein) non si sono mai resi conto è che, se si lascia libera la scelta del sistema di riferimento, in questo modo si cancella la gravità. Il fatto che la Terra ruoti intorno al Sole, infatti, non è solo una faccenda matematica di sistemi di riferimento, è una faccenda fisica di gravitazione: Il Sole può anche "ruotare" attorno alla Terra con moto relativo fittizio, ma la Terra deve assolutamente ruotare attorno al Sole per reale attrazione gravitazionale.

La conclusione di Stewart è invece meschina, scientificamente falsa, e riflette l'insipido modo di pensare dei matematici fisici contemporanei: "Ma in effetti c'è un motivo, e anche profondo, per cui "la Terra gira attorno al Sole" è meglio di "il Sole gira attorno alla Terra": la descrizione matematica del moto dei pianeti è assai più semplice nel primo caso che nel secondo. Qui la bellezza è più significativa della pura verità: ci sono molti punti di vista sotto i quali osservare la natura, ma alcuni ci offrono più opportunità di altri".

Insomma, la profondità del pensiero matematico, nella versione di Stewart, si manifesterebbe 1) nell'evitare completamente il mistero della gravitazione (dando più soddisfazione a Simplicio che a Galileo), 2) nell'attribuire più significato alla bellezza (matematica) che alla "pura verità", 3) infine, nell'offerta dell'opportunismo matematico più sfrenato alla scienza fisica.

Ma il paradosso dell'incoerenza nel quale cade l'autore è che alla fine egli coglie la vera essenza della relatività generale, anche se lo fa con noncuranza: "E' davvero paradossale che una teoria del genere sia chiamata "relatività". Einstein voleva battezzarla Invariantentheorie, cioè l'esatto opposto. Ma il nome più comune cominciò a circolare, e poi c'era già una branca della matematica chiamata teoria degli invarianti, il che avrebbe potuto creare confusione". Oh certo! Ma mai quanto parlare di relatività per una teoria che prediceva l'assoluta invarianza.

Dunque, non fu un paradosso il fatto che Eddington "rivelasse", involontariamente, a chi scrive che la relatività generale era in realtà un assoluto, e non è un paradosso che Stewart confermi, sempre involontariamente a chi scrive, la ragione per la quale Eddington si ritenesse l'unico ad aver compreso la relatività generale! (Continua)

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