Per Karl Popper non c'è bisogno alcuno di studiare per incominciare a capire un problema, basta tirare a indovinare. Del resto, si è vantato di aver scovato un "minaccioso paradosso" con le seguenti due tesi: "1) la nostra conoscenza è vasta e imponente; 2) la nostra ignoranza è illimitata e opprimente".*
Ma dov'è il paradosso? De te fabula narratur: c'è forse da stupirsi se Popper, di fronte alla conoscenza umana "vasta e imponente", abbia avuto il sacro timore dello studio, e quindi la sua ignoranza sia stata "illimitata e opprimente"? E c'è da stupirsi se alla fine egli non abbia saputo fornire altro che la seguente, inconsistente ricetta?
"Tutta la mia concezione del metodo scientifico si può riassumere dicendo che esso consiste in questi tre passi:
"Tutta la mia concezione del metodo scientifico si può riassumere dicendo che esso consiste in questi tre passi:
1) inciampiamo (sic!) in qualche problema;
2) tentiamo di risolverlo, ad esempio, proponendo qualche nuova teoria;
3) impariamo dai nostri sbagli, specialmente da quelli che ci sono resi presente dalla discussione critica dei nostri tentativi di risoluzione".*
Questo è, in definitiva, ciò che di essenziale Popper ha saputo offrire alla scienza contemporanea. Allora, c'è qualcuno che può spiegare il motivo per il quale egli sia tanto citato dai filosofi della scienza e dagli scienziati odierni, se non appellandosi allo stato confusionale dell'attuale teoria della conoscenza?
* Da "Problemi, scopi e responsabilità della scienza", pubblicato in "Scienza e filosofia" nei primi anni '60.
---------
Conclusione di un paragrafo tratto da "Il caso e la necessità - L'enigma svelato - Volume primo Teoria della conoscenza" (1993-2002) Inedito
* Da "Problemi, scopi e responsabilità della scienza", pubblicato in "Scienza e filosofia" nei primi anni '60.
---------
Conclusione di un paragrafo tratto da "Il caso e la necessità - L'enigma svelato - Volume primo Teoria della conoscenza" (1993-2002) Inedito