Al pari della connessione deterministica, democritea, di causa-effetto, la connessione indeterministica, epicurea, di caso-libertà è sempre stata collegata al merito personale, all'idea di abilità e astuzia personali: perciò i favori della fortuna sono sempre apparsi meritori. Se di necessità virtù, anche di casualità virtù. Allora, se nella concezione deterministica il singolo individuo è responsabile delle conseguenze delle sue azioni, nella concezione indeterministica si ammette la circostanza favorevole come puramente casuale, ma si continuano ad attribuire le conseguenze dell'agire al singolo individuo che, per così dire, sa agguantare la fortuna. Nella prima l'individuo domina la necessità, nella seconda imbriglia il caso.
Entrambe concezioni unilaterali affermano il protagonismo dell'individuo o non vi rinunciano. Ma, per affermare il protagonismo individuale, devono tacere sul principale contrassegno della dialettica caso-necessità: che solo pochi fortunati, le eccezioni, sono i favoriti dalla sorte, mentre la maggior parte ci rimette o sta solo a guardare.
Se la storia è sempre stata scritta come storia di grandi uomini, re e imperatori, la letteratura è sempre stata narrazione di vicende riguardanti individui resi protagonisti straordinari, eccezionali, soltanto dal caso. Solo pochi scrittori, e tra questi il grande Balzac, hanno saputo rappresentare individui medi, tipici rappresentanti di classi sociali (con i loro interessi fondamentali), che entrano in contraddizione tra loro, determinando risultati da nessuno voluti, ancora una volta casuali, che conducono ad ogni forma di esistenza e coscienza, fino agli estremi dell'eroismo e della mostruosità.
Soltanto in questo tipo di trattazione delle singole vicende umane, l'imprevedibile caso individuale e la cieca necessità sociale complessiva appaiono per quel che sono: i due poli di una dialettica caso-necessità che le società umane, fino ad oggi, non hanno saputo fare altro che subire, mascherare e persino abbellire.
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Conclusione di un paragrafo tratto da "La dialettica caso-necessità nella storia" (2003-2005)
Entrambe concezioni unilaterali affermano il protagonismo dell'individuo o non vi rinunciano. Ma, per affermare il protagonismo individuale, devono tacere sul principale contrassegno della dialettica caso-necessità: che solo pochi fortunati, le eccezioni, sono i favoriti dalla sorte, mentre la maggior parte ci rimette o sta solo a guardare.
Se la storia è sempre stata scritta come storia di grandi uomini, re e imperatori, la letteratura è sempre stata narrazione di vicende riguardanti individui resi protagonisti straordinari, eccezionali, soltanto dal caso. Solo pochi scrittori, e tra questi il grande Balzac, hanno saputo rappresentare individui medi, tipici rappresentanti di classi sociali (con i loro interessi fondamentali), che entrano in contraddizione tra loro, determinando risultati da nessuno voluti, ancora una volta casuali, che conducono ad ogni forma di esistenza e coscienza, fino agli estremi dell'eroismo e della mostruosità.
Soltanto in questo tipo di trattazione delle singole vicende umane, l'imprevedibile caso individuale e la cieca necessità sociale complessiva appaiono per quel che sono: i due poli di una dialettica caso-necessità che le società umane, fino ad oggi, non hanno saputo fare altro che subire, mascherare e persino abbellire.
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Conclusione di un paragrafo tratto da "La dialettica caso-necessità nella storia" (2003-2005)