sabato 17 luglio 2010

L’oggetto della provvidenza religiosa: l’individuo singolo

In  "L'essenza della religione", Feuerbach, prendendo in considerazione la concezione teleologica, sostiene che non si può attribuire alla natura il punto di vista umano, gli scopi e i criteri di giudizio umani, "anche se noi, per renderli comprensibili, definiamo e confrontiamo i suoi fenomeni con fenomeni umani analoghi e, in genere, applichiamo ad essi, espressioni e concetti umani, quali ordini, scopo, legge..." In questo passo Feuerbach solleva una rilevante questione gnoseologica che scaturisce dal fatto indubbio che l'uomo, nel tentativo di districare il groviglio dei processi naturali, cerca analogie con la propria attività.

Così Engels aveva osservato, ad esempio, che la connessione di causa ed effetto non viene suggerita all'uomo dalla natura, ma dalla sua stessa pratica. E Darwin utilizzò l'analogia tra la selezione naturale e la selezione operata dagli allevatori. Una cosa è, però, cercare analogie, altra cosa antropomorfizzare la natura, attribuendole "scopi e criteri di giudizio umani". In questo secondo caso, non si tiene presente che tra il modo di operare dell'uomo e il modo di operare della natura esiste una profonda differenza.

L'attività umana, anche la più immediata e spontanea, è guidata da scopi e da valutazioni sui mezzi e sui fini. Le attività umane fondate su cognizione di causa, ovvero su leggi scientifiche, cercano in questo modo di raggiungere scopi realizzabili. Ora, quando utilizziamo una legge scientifica, ossia una determinazione necessaria, per l'attività pratica, al posto del caso noi poniamo uno scopo. Così l'allevatore prende una variazione casuale e la indirizza verso lo scopo da lui voluto. Il modo intenzionale di operare dell'uomo è dunque fondato sul binomio scopo-necessità. La natura opera diversamente: essa non ha scopi, perché non è un soggetto con una volontà cosciente; la natura, ossia il complesso di tutti i processi materiali, opera secondo la polarità dialettica di caso e necessità, dove gli opposti si rovesciano l'uno nell'altro e il caso è il fondamento della cieca necessità.

Quindi è soltanto per analogia con il nostro punto di vista che attribuiamo alla natura scopi necessari.  Il binomio necessità + scopo diventa, per i preti, la provvidenza divina, e, per gli scienziati, la provvidenza naturale. Scrive Feuerbach: "la provvidenza che si esprime nell'ordine naturale, nella conformità a un fine e a una legge, non è la provvidenza della religione. Questa si basa sulla libertà, quella sulla necessità, questa è illimitata e incondizionata, quella limitata, dipendente da mille condizioni diverse, questa è specifica, individuale, quella si estende al tutto, al genere, mentre abbandona il singolo, l'individuo, al caso".

Feuerbach aveva ben compreso che il pensiero umano può sviluppare la scienza se concepisce la legge scientifica come necessità del complesso, trascurando la casualità del singolo. Ma questo modo di procedere, sebbene corretto, perché non esiste alcun modo per determinare la casualità, immagina che la natura sia provvidenziale, immagina cioè che la natura sia governata provvidenzialmente dal binomio necessità (legge scientifica) + scopo. Dall'altra parte, il pensiero religioso (che ha imposto la concezione riduzionistica alla scienza) pretende determinare la necessità a livello individuale, pretende cioè di legare la sorte casuale del singolo essere a qualche necessità e scopo superiori.

Feuerbach raccoglie lo sfogo di uno scienziato teista: "Molti" "si sono rappresentati la conservazione del mondo, e in particolare anche quella degli uomini, come diretta e speciale, come se Dio governasse le azioni di tutte le sue creature guidandole a suo piacere... Ma se ci atteniamo alle leggi naturali, ci è impossibile ammettere questo governo e questa sorveglianza speciale sulle azioni degli uomini e delle restanti creature... Ce ne accorgiamo dalla scarsa cura che la natura ha per i singoli membri, vista la ricchezza della natura, ne vengono sacrificati a migliaia senza esitazione e senza rimorso... Anche tra gli uomini le cose vanno allo stesso modo. Neppure la metà del genere umano raggiunge il secondo anno di vita, e muore senza quasi aver saputo di aver mai vissuto ... ".

E Feuerbach, in nota, osserva che la specie si conserva perché essa è la quintessenza degli individui che si riproducono e si moltiplicano. "Agli influssi distruttivi accidentali, ai quali è esposto il singolo individuo, gli altri si sottraggono. La pluralità degli individui si conserva. Ma, analogamente, o meglio per le stesse ragioni per cui perisce il singolo individuo, si estinguono anche le specie".

Nel 1846, alcuni anni prima della pubblicazione dell'Origine delle specie, Feurbach, il padre del materialismo dialettico, aveva gli strumenti teorici per vedere ciò che lo stesso Darwin non era riuscito a vedere e cioè che il singolo individuo è soggetto al caso. Se pensiamo che ancora oggi c'è chi ritiene valida l'idea darwiniana di una selezione necessaria che ha per oggetto anche il singolo organismo; se pensiamo che oggi la teoria dominante della "Nuova immunologia" immagina che le singole cellule dei processi immunitari siano sottoposte alla sorveglianza speciale di meccanismi teleonomici, possiamo apprezzare il valore delle anticipazioni di Feuerbach.

Il ragionamento che segue attesta che il padre del materialismo dialettico aveva intuìto correttamente la connessione tra il rapporto caso-necessità e il rapporto probabilità-statistica. Egli dice che, se la provvidenza religiosa deve abolire il caso, "una provvidenza soltanto generale lo lascia sussistere, ed è quindi come se non fosse provvidenza". Infatti, se, ad esempio, consideriamo la correlazione statistica fra il numero di anni di vita e il numero di individui umani che muoiono, si sa che un bambino su tre o quattro muore entro il primo anno. La religione può anche spiegare questo rapporto statistico (necessario) come "legge dell' ordinamento divino" , ma è puramente casuale, osserva Feuerbach, ossia non dipende dalla legge divina, che a morire sia proprio un determinato bambino dei tre o quattro che sono nati.

Il caso individuale continua a sussistere, mentre la provvidenza si deve accontentare della determinazione necessaria della frequenza statistica. Feuerbach non giunge a una conclusione così esplicita, ma noi possiamo completare il suo pensiero dicendo: è proprio vero, la provvidenza non può evitare di lasciare l'individuo alle cure del caso nella forma della probabilità, mentre la necessità riguarda il complesso degli individui nella forma della frequenza statistica.

Anche il secondo esempio che Feuerbach produce è significativo: "Il matrimonio è un'istituzione di Dio, una legge della provvidenza naturale per moltiplicare il genere umano, e di conseguenza un dovere". Ma questo dovere non dice nulla, non si preoccupa del fatto che tale donna sia ad esempio incapace di procreare. Insomma, la provvidenza della natura abbandona l'individuo al caso, ossia alla sfera "dell'individuale, dell'imprevedibile, dell'incalcolabile". Questa sfera individuale, che per Feuerbach rimane sotto il dominio del caso, e perciò non può essere sotto il dominio della scienza, diventa oggetto della provvidenza religiosa. "E l'oracolo e la preghiera sono le modalità religiose con cui l'uomo fa di quello che è casuale, oscuro, incerto, un oggetto della provvidenza, della certezza, o, almeno, della fiducia".

Il singolo individuo, sottoposto al caso, è fatto oggetto della provvidenza, non potendo essere oggetto della scienza.* Perciò, possiamo concludere in generale che l'incomprensione della casualità relativa alla individualità, che si rovescia nella necessità del complesso degli individui, comporta un conseguente atteggiamento etico e religioso nel confronti della individualità. Insomma, il provvidenzialismo religioso e il moralismo, entrambi impotenti, pretendono di determinare necessariamente i singoli individui. Non si rendono conto che la cieca necessità della specie umana, delle classi, ecc. si manifesta nei singoli come casualità: e immaginano di poter determinare una necessità individuale, la cui sommatoria dovrebbe dare la necessità della specie, delle popolazioni, ecc.

In questa concezione non dialettica, si attribuisce all’individuo, nella forma del dovere morale o religioso, una responsabilità che non è specifica della individualità. Una simile concezione che, applicata alla produzione industriale, pretende che l'operaio cooperi singolarmente alla produzione mondiale, estesa all'immunologia, pretende che il singolo linfocita sia programmato in funzione del sistema immunitario. Come aveva ben capito Feuerbach, il dovere viene posto dove la necessità non può nulla. Il dovere è imposto ai singoli individui proprio perché nulla si può dire sulla determinazione necessaria del loro agire.

* Come vedremo ampiamente in seguito, ciò non vuol dire che la scienza moderna non abbia, fin dall'inizio, preteso, e non continui tutt'ora a pretendere, di determinare il singolo oggetto. Ma questa scienza, che continua a mantenere come suo oggetto l'indeterminabile oggetto singolo non è vera scienza: è prescienza, che non ha ancora reciso il cordone ombelicale che continua a tenerla legata a quella teologia, dalla quale è sorta (vedi Cartesio, Leibniz, ecc.)

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Tratto da "Caso e necessità - l'enigma svelato - Volume primo Teoria della conoscenza" (1993-2002) Inedito.

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