venerdì 16 luglio 2010

"Gravità addio"

Secondo lo stringhista Erik Verlinde, scrive Rampini*, "la forza di gravità è un'illusione, una beffa cosmica, o un "difetto collaterale" di qualcos'altro che avviene a un livello molto più profondo". Questo passo di poche righe contiene troppe cose che la fisica con le sue molteplici teorie non ha mai risolto: innanzi tutto è un'illusione la gravità o ritenerla una forza, un campo, un effetto o una causa?

A quest'ultimo proposito, si può citare il Dialogo di Galileo. A Simplicio che afferma con sicurezza: "La causa di quest'effetto è notissima a tutti, e ciascheduno sa che è la gravità", Salviati ribatte: "Voi errate, signor Simplicio: voi dovevate dire che ciaschedun sa ch'ella si chiama gravità. Ma io non vi domando del nome, ma della cosa: della quale essenza voi non sapete punto più di quello che voi sappiate dell'essenza del movente le stelle in giro".

Se uno stringhista dichiara la scomparsa della gravitazione, occorre prima chiarire di che cosa si tratta. Se si tratta dell'attrazione dei gravi, questa non può essere negata, mentre se la s'intende come forza, si può ben negarla. Il punto fondamentale è posto da Galileo per bocca di Salviati: ciò che serve alla conoscenza è l’essenza del fenomeno da indagare, in questo caso, l'attrazione gravitazionale.

Da tempo, chi scrive va sostenendo la tesi che la gravitazione non è una forza, ossia qualcosa che agisce esternamente al grave e da esso indipendente, e non ha una causa in senso deterministico. Essa altro non è che un'"attrazione" conseguente alla perdita di energia o "repulsione" verificatasi nella dispendiosa formazione di un corpo celeste, ad esempio una stella, un pianeta, ecc. Chi scrive ha anche sostenuto che è assurdo pretendere l'esistenza di una"gravità quantistica" o peggio ancora relativistica, ossia presente a livelli di energia così elevati da annullare qualsiasi attrazione; perché, anche evolutivamente, all'inizio è solo repulsione che si volge successivamente in attrazione (suo opposto polare). I due momenti, repulsione e attrazione, si oppongono e si rovesciano l'uno nell'altro, ma non possono sussistere insieme.

La tesi, già esposta in questo blog, il 9 luglio, concepisce l'attrazione gravitazionale come l'essenza della materia cosmica che si è evoluta, con grande dispendio, nei complessi cosmici con una riduzione enorme di energia e velocità, e rimanendo perciò una fenomeno trattabile in termini newtoniani, ossia spiegabile realisticamente senza dover scomodare un preteso "universo "olografico", della "tria delle stringhe" e altri termini esoterici, misteriosi e affascinanti", come scrive Rampini.

*(Articolo di Federico Rampini su La Repubblica, giovedì 15 luglio 2010)
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