sabato 10 luglio 2010

LHC: guasto tecnico o fallimento teorico?


Il "guasto" del supercollisore del CERN, l'LHC, sembra aver suscitato riflessioni teoriche sulla conoscenza scientifica, con l'apertura, dal novembre 2008, di una nuova rubrica su "Le Scienze", intitolata "Scienza e filosofia". A Enrico Bellone, che lasciava la carica di direttore per raggiunti limiti d'età, abbandonando anche la sua rubrica, "Il pensiero forte", subentravano due giovani professori di filosofia della scienza, Elena Castellani e Telmo Pievani, i quali, nella nuova rubrica, hanno cominciato alternandosi e proponendo, rispettivamente, tematiche relative alla fisica e tematiche relative alla biologia.

Ora, che ci sia un nesso tra l'interruzione dell'esperimento al CERN e la novità dell'interesse della rivista "Le Scienze" su questioni di teoria della conoscenza, lo conferma anche il titolo del primo contributo alla nuova rubrica, firmato da Elena Castellani: "LHC e lo scopo della scienza", ma soprattutto il seguente passo: "Quello che succede al CERN tocca aspetti cruciali dell'impresa scientifica, che ne riguarda lo status, il metodo e lo scopo. Sono in gioco questioni di fondo che coinvolgono non solo la natura della scienza come forma di conoscenza che si vuole il più possibile "razionale", "oggettiva" e "fondata", ma anche il suo stesso fine".

Possibile che un semplice guasto tecnico abbia sollevato questioni di fondo di teoria della conoscenza? Simili questioni dovrebbero essere sollevate solo da mancate conferme sperimentali alle teorie del momento. Altrimenti perché Castellani avrebbe dovuto domandarsi: qual è lo scopo dell'LHC, per poi affermare: "La risposta del fisico delle alte energie suona più o meno così: indagare la natura a scala sempre più microscopica, trovare tale e tal altra particella prevista da tale e tal altra teoria ed eventualmente scoprire "nuova fisica" (sic!)"? E ancora, è solo per un guasto tecnico dell'LHC che Castellani si vede costretta a precisare che "la risposta non è neutra dal punto di vista epistemologico" perché "implica credere che noi possiamo scoprire e descrivere il mondo fisico come esso effettivamente è. Implica, cioè, essere dei "realisti scientifici", per i quali lo scopo della scienza è raggiungere una descrizione "vera" della natura" ?

Come si vede, qui si argomenta sulla realtà e sulla verità della conoscenza, forse preoccupati per l'evidente, eccessivo convenzionalismo delle teorie matematiche-fisiche. Quindi sembrerebbe che Castellani voglia rispolverare la vecchia questione della realtà della conoscenza, negata a suo tempo dalla teologia per bocca di Osiander e Bellarmino, e che si concluse con il "caso Galileo", che dissuase il fisici dal cercare una pretesa conoscenza reale, convincendoli ad accontentarsi dell'"utile convenzione".

Ma così non è, l'autrice ha in mente soltanto il problema dell'LHC "guasto". Infatti dice: "Quale sia lo scopo della scienza e se questa  sia razionale nel suo procedere sono quesiti, tradizionalmente dibattuti dai filosofi della scienza, che diventano particolarmente rilevanti nel caso di LHC". Rilevanti non solo in senso filosofico: "Ha senso investire risorse tanto ingenti nello studio di qualcosa di apparentemente così esoterico? Si chiedono i critici di LHC. E' chiaro che la risposta dipende dalla concezione che si ha della scienza e del suo scopo". Ma chi si pone certe domande? Non certo i fisici teorici e ancor meno quelli sperimentali. Sono i rappresentanti del capitale privato e statale che storcono il naso di fronte a simili investimenti per cose così esoteriche.

Ma Castellani fa orecchie da mercante e, nel suo secondo contributo (Gennaio 2009), ritorna sul tema del "realismo scientifico" restringendolo alle "teorie di successo". E di nuovo ci chiediamo: possibile che un guasto tecnico susciti un così profondo interesse per il successo di teorie che propongono ipotesi da verificare sperimentalmente? E di nuovo viene da pensare che gli esperimenti dell’LHC non siano riusciti a confermare nulla delle ipotesi teorizzate: questo sarebbe, allora, il vero "guasto"!

Non potendo però parlare direttamente di un simile fallimento si conviene di parlarne come se fosse una questione di teoria della conoscenza: in particolare una questione di "realismo scientifico". Secondo i filosofi, dice Castellani, tre sono le tesi che costituiscono l'ipotesi del "realismo scientifico": "[1] una tesi di natura ontologica, che esprime la componente più propriamente metafisica del RS affermando l'esistenza di un mondo indipendente dalla nostra mente; [2] una tesi di natura semantica, relativa al carattere di verità delle teorie (quello che dicono è passibile di essere vero o falso) e al fatto che esse vadano intese alla lettera (quello che dicono ha un preciso e diretto "riferimento"); [3] e infine una tesi di natura epistemica, secondo cui le teorie ci danno effettivamente la conoscenza del mondo di cui parliamo".

Qui non ci interessa rilevare le contraddizioni di queste tre tesi; ci interessa piuttosto comprendere dove possa portare questo discorso teorico. A parere di chi scrive, è comico che sia sorta la questione del realismo per le cosiddette "teorie di successo", che sono immancabilmente convenzionali e fittizie, e quindi completamente irrealistiche. Però un senso più serio può essere trovato facilmente: è sufficiente sfogliare due pagine dello stesso numero di "Le Scienze" e soffermarsi sulla rubrica "Astri & particelle" di Roberto Battiston, dove si può leggere nell'ultimo capoverso: "L'idea che la bellezza di una teoria sia collegata in modo profondo alla verità scientifica ha permesso a Einstein di formulare la teoria generale della relatività. Nel caso delle superstringhe, è possibile che questo schema abbia fuorviato un'intera generazione di fisici teorici, e che occorra oggi battere nuove strade per spiegare le questioni rimaste aperte nella fisica delle interazioni fondamentali".*

Perché Battiston liquida così decisamente la teoria delle superstringhe? C'è stato solo un guasto dell'LHC oppure i risultati sperimentali sono ben lontani dal confermare, neppure con ogni sorta di aggiustamenti ad hoc, i modelli matematici astratti delle ultime teorie che ambiscono a divenire teorie ultime? [P.S. Novembre 2012. Chiariamo: Battiston criticava le superstringhe nel momento in cui LHC non sembrava in grado di confermare il modello standard scoprendo il bosone di Higgs. Ciò per evitare che il "guasto tecnico" portasse acqua al mulino dei modelli astratti dei matematici fisici puri]

Ma torniamo alla professoressa Castellani: due mesi dopo, nel numero di "Le Scienze" Marzo 2009, sotto il titolo di "Dirac e il metodo scientifico", così esordisce: "Che cosa distingue una conoscenza "scientifica" da una conoscenza che non lo è?" "Ci interessa capire che cosa contraddistingue la scienza in quanto tale". Ora, dichiarare all'inizio del terzo millennio di avere il problema di stabilire il contrassegno della reale conoscenza scientifica non è una cosa da poco, un'inezia: è una enormità!

Ma nell'epoca del pluralismo scientifico, si può affermare tranquillamente: "è un'opinione (!) accettata che, per essere scientifica, una conoscenza debba essere "razionale", "oggettiva" (nel senso di valida intersoggettivamente) e "fondata" (sull'esperienza, se si occupa del mondo esterno, e dal punto di vista logico matematico, se usa un linguaggio formalizzato)". "Chiarire che cosa s'intenda esattamente con questi attributi e discutere (!) se la conoscenza sia caratterizzata in questi termini è uno dei compiti di filosofia della scienza".

Ma che cosa hanno fatto finora i filosofi della scienza, se devono ancora stabilire i contrassegni della reale conoscenza scientifica e se sono costretti con Castellani a dire: "La questione della natura della conoscenza è legata a quella del "metodo scientifico": cioè se sia possibile definire, e come, un metodo seguendo il quale siamo sicuri del carattere scientifico della conoscenza acquisita"? Che cosa hanno fatto finora questi filosofi se siamo ancora a questo punto, se in discussione c'è ancora il fondamento del carattere scientifico della conoscenza acquisita?

Così Castellani è costretta a ripescare vecchie problematiche : "E buona parte del dibattito filosofico della scienza è stato centrato proprio sulla ricerca di una caratterizzazione generale del metodo scientifico: dal metodo induttivo di baconiana memoria alla più sofisticata induzione probabilistica; dal falsificazionismo popperiano a forme sempre più estreme di pluralismo metodologico". Come abbiamo tentato di dimostrare nel primo volume dedicato alla teoria della conoscenza, la questione è plurisecolare, e fu "risolta" con il convenzionalismo fittizio, pur attraverso "metodi" e "contrometodi" che hanno prodotto una caotica torre di Babele (di paradigmi) dove "non si è arrivati a nessuna soluzione che non presenti a sua volta problemi", come giustamente rileva anche Castellani.

Nonostante ciò, l'autrice giustifica la scienza di piccolo cabotaggio che produce paradigmi a non finire, anche per minuzie; che produce una babele di linguaggi esoterici che non garantiscono alcuna certezza. Ma ignari e irretiti da equivoci secolari, filosofi della scienza come Castellani non possono evitare di ribadire come soluzione di tutti i problemi proprio ciò che li ha sempre creati: "E così, se ci si occupa di settori il cui progresso della fisica richiede un uso sempre più sofisticato della matematica e in cui si è spesso lontanissimi dalle scale fisiche accessibili nei laboratori, come nel caso delle stringhe, non ha molto senso pretendere di applicare gli stessi criteri di progresso e controllo della teoria che possiamo usare nel caso di dati sperimentali a immediata disposizione. Ciò non vuol dire rinunciare a un riscontro empirico, ma solo che le modalità e i tempi nel rapporto con l'esperienza sono diversi secondo i casi".

In conclusione,  par di capire che la mancata verifica sperimentale, ossia il vero "guasto” dell'LHC, venga giustificata con la lontananza dalla scala fisica, come nel caso delle stringhe, e nel contempo si ribadisca l'importanza del formalismo matematico. Non è quindi strano che Castellani citi di nuovo Dirac (come fece Bellone nel settembre 2007) per quel suo passo del 1930, dove auspicava un futuro nel quale il formalismo matematico si sarebbe generalizzato e perfezionato al massimo "e dopo ogni successo in questa direzione provare a interpretare i nuovi aspetti matematici nei termini di entità fisica".

Insomma, comunque vada, prima ci sono i formalismi matematici, le teorie matematiche (a priori), poi possono venire le conferme empiriche (a posteriori), sempre che vengano. Ma se Battiston si è preso la briga di respingere la teoria delle stringhe che rappresenta la realizzazione della previsione-auspicio di Dirac, non si sa proprio a chi dare retta. Perché, a sentire Castellani, sembra proprio che nulla debba cambiare, che il dibattito sulla teoria della conoscenza apertosi in contemporanea con il "guasto tecnico" dell’LHC, debba servire solo a ribadire il primato delle teorie matematiche in fisica. Quanto alle prove empiriche, basta sostenere semplicemente l'importanza degli investimenti tecnologici.

Ma, indipendentemente dalle speranze e dalle illusioni dei matematici-fisici e dei filosofi della scienza, possiamo concludere con una facile profezia: per la via tracciata fino ad oggi, la fisica troverà non la Teoria del Tutto, ma uno stop inglorioso: il fallimento delle teorie matematiche alle quali si è lasciata assoggettare. Da molti decenni la fisica teorica non ottiene alcuna conferma sperimentale, neppure dai mastodontici acceleratori; nonostante ciò, tutti dichiarano di aspettarsi una prossima rivoluzione, alla quale sperano di partecipare, anche se ottusamente si ostinano a stiracchiare la matematica pura per coprire le vistose falle teoriche. Sembra di essere tornati al tempo della cosmologia tolemaica con i suoi continui aggiustamenti ad hoc, mentre all'orizzonte non si vede un nuovo Newton, ma soltanto una insopprimibile ostinazione a voler aggiustare teorie fallimentari, puramente matematiche. Perciò occorrerà accontentarsi delle riflessioni di un autodidatta per un periodo prevedibilmente lungo.

* La citazione su Battiston non ha nulla a che vedere con le sperimentazioni su LHC, serve solo a sottolineare che in comune la teoria delle stringhe e quella relativa al bosone di Higgs hanno il fallimento del convenzionalismo matematico.

Tratto da "La fisica dell'irrealtà" (2008-2010), inedito.

Post Scriptum gennaio 2013. Non ci si può fare incantare dalla pretesa conferma della teoria Standard, ottenuta dalla pretesa scoperta del bosone di Higgs, per il semplice motivo che ora ci si trova tra i piedi la teoria Super Standard. Quella chi la verifica?

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