Forse nessuno ha mai sottolineato il fatto che Hegel, nella sezione dedicata alla "realtà", ha affrontato il rapporto possibilità-realtà, prima dal punto di vista del rapporto caso-necessità soffermandosi a lungo, e poi dal punto di vista del rapporto causa-effetto soffermandosi molto meno. Neppure Engels che, pure, scrisse a Marx di non voler risparmiare agli scienziati del loro tempo l'ostica Logica di Hegel.
E Lenin, nei suoi "Quaderni filosofici", dopo aver snobbato, nella Logica, tutta la parte riguardante il caso, la necessità, la possibilità e la realtà, riprendendo le poche pagine di Hegel sulla connessione di causa ed effetto annota: "Quando leggi Hegel sulla causalità, sembra, a tutta prima, strano che egli abbia indugiato relativamente così poco sul tema preferito dai kantiani". Ma, se Hegel ha trascurato il rapporto di causa-effetto, è solo perché a procurare i maggiori problemi al pensiero fin dal tempo di Democrito e di Epicuro -come ha dimostrato Marx in giovanissima età- è stato il rapporto caso-necessità.
Ora, nell'affrontare la "Logica", valga una volta per tutte l'avvertenza di leggere materialisticamente i passi di Hegel che abbiamo citato, senza preoccuparsi se vi compaiono l'assoluto, l'idea assoluta, ecc. Ad esempio, Hegel scrive: "Realtà (attualità), possibilità e necessità costituiscono i momenti formali dell'assoluto, ossia la sua riflessione". Di fronte a questo passo, noi trascuriamo l'assoluto e la sua riflessione, perché abbiamo qualcosa di meglio da fare, e cioè sottolineare che qui manca un concetto fondamentale: il caso.
Se veramente la riflessione, ovvero il pensiero riflettente, potesse fondarsi soltanto sulle tre categorie, realtà, possibilità e necessità, non ci sarebbero problemi: la possibilità diverrebbe immediatamente realtà per necessità. Ma il fatto che, come vedremo, Hegel abbia introdotto il caso come il quarto incomodo, ha confuso parecchi filosofi sul suo ruolo, quasi fosse un elemento di disturbo del quale doversi sbarazzare. Che il caso fosse scomodo anche per Hegel, lo si può appurare subito: "La realtà come tale", egli scrive, "è una realtà contro una possibilità. La reciproca relazione di queste due è il terzo..."
"Cotesto terzo è la necessità". Ma se la necessità sola è la "reciproca relazione" tra la possibilità e la realtà, la necessità sembra dominare il campo del pensiero, determinando il passaggio dalla possibilità alla realtà, senza l'intrusione del caso. Ma così non è, come è costretto ad ammettere lo stesso Hegel, che scrive: "Ma sulle prime, in quanto reale e possibile sono differenze formali, anche la loro relazione è soltanto formale, e consiste in ciò che così l'uno come l'altro non sono un esser posto, vale a dire consiste nell'accidentalità.
Ora con ciò che nell'accidentalità tanto il reale quanto il possibile sono l'essere posto, essi hanno conseguita la loro determinazione. Da ciò viene ad essere, in secondo luogo, la realtà attuale; col che sorgono parimenti una possibilità attuale e la necessità relativa. La riflessione in sé della necessità relativa dà in terzo luogo la necessità assoluta, la quale è assoluta possibilità e realtà".C'è dunque un ma: ma all'inizio il passaggio dalla possibilità alla realtà attuale è qualcosa di casuale; così, dal momento che la realtà attuale è posta, ossia realizzata attraverso il caso, Hegel è costretto a introdurre la necessità relativa. La necessità relativa dipende dunque dall'accidentalità. E il passaggio che viene da lui indicato dalla necessità relativa alla necessità assoluta, a questo punto, appare soltanto un ripiego, una chimera idealistica.
Può sembrare paradossale, ma Hegel, nel successivo paragrafo, separa nel titolo le quattro categorie, oggetto d'indagine, ponendo da una parte il caso, l'accidentale, dall'altra la realtà, la possibilità e la necessità: "A. ACCIDENTALITA'. Ossia realtà, possibilità e necessità formali". Che ponga per prima, in maiuscolo, e separatamente dalle altre la categoria della "accidentalità", nel senso di qualcosa che si realizza solo per caso, non è strano: se la necessità relativa dipende dal caso, è a quest'ultimo che deve essere attribuito il ruolo di protagonista iniziale.
Così, Hegel parte dalla definizione di realtà formale, come "realtà soltanto immediata, irriflessa", la quale "non è essenzialmente semplice esistenza immediata", in quanto "contiene immediatamente l'essere in sé, ovvero la possibilità. Quello che è reale è possibile". Quindi egli definisce la possibilità come "riflessa in sé". "La possibilità contiene quindi questi due momenti: in primo luogo il momento positivo, che questo è un essere riflesso in se stesso; ma in quanto nella forma assoluta esso è rabbassato a momento, l'esser riflesso in sé non val più come essenza, ma ha in secondo luogo il significato negativo che la possibilità è un che di manchevole, ch'essa accenna a un altro, cioè alla realtà, e si integra in questa".
Semplificando il linguaggio complicatissimo di Hegel, possiamo ricavare quanto segue: la possibilità in sé stessa è incompleta: è solo "l'irrelativo indeterminato recipiente per ogni cosa in generale. -Nel senso di questa possibilità formale è possibile tutto quel che non si contraddice. Il regno della possibilità è quindi la molteplicità illimitata". Vedremo in seguito che l'idea della possibilità come "recipiente" e come "molteplicità", però limitata, ha un rilevante significato se riferito alla molteplicità del caso.
Hegel continua: "Ma ogni molteplice è determinato in sé rispetto ad un altro, e ha in lui la negazione. In generale la diversità indifferente passa nell'opposizione. Ma l'opposto è la contraddizione. Quindi tutto è anche contraddittorio, e per tanto impossibile". Semplificando: se qualcosa è genericamente possibile, è possibile anche l'opposto, quindi è anche impossibile. "La possibilità è quindi in lei stessa anche la contraddizione, ossia è l'impossibilità". Insomma, sostenere che una cosa è possibile, significa ammettere anche che è impossibile. Perciò, per Hegel: "Quando dunque si afferma che qualcosa è possibile, questa affermazione puramente formale è altrettanto superficiale e vuota, quanto il principio di non contraddizione ed ogni contenuto che vi si assuma".
Poi, si spiega con un esempio: l'uguaglianza A=A. La possibilità di questa uguaglianza contiene anche la possibilità dell'opposto: -A=-A. "Nel possibile A è contenuto anche il possibile non A, e appunto questa relazione è quella che determina ambedue come possibili". Se Hegel non avesse avuto in uggia il calcolo delle probabilità e la statistica, avrebbe potuto, a questo punto, fornire altri esempi come le 6 facce di un dado per indicare la "molteplice possibilità", che è nel contempo la "molteplice impossibilità". Che cosa rappresenta, infatti, una probabilità se non una possibilità su 6 nel lancio di un dado. E che cosa rappresenta il numero 6, se non l'ampiezza della possibilità e quindi del caso, così che la molteplicità della possibilità (del caso) è proprio il "recipiente" di ogni cosa? Vedremo nella seconda parte del presente volume la rilevante conseguenza di questa idea.
Ma torniamo alla contraddizione formale tra possibilità e realtà, per risolvere la quale Hegel osserva: "Questa unità della possibilità e della realtà è l'accidentalità. -L'accidentale è un reale, che in pari tempo è determinato solo come possibile, un reale di cui l'altro o l'opposto è anch'esso". "Quel che è possibile è un reale in questo senso della realtà; ha soltanto quel valore che ha la realtà accidentale; è appunto un accidentale". Insomma, egli deve ammettere che il passaggio dalla possibilità alla realtà è un puro caso.
Poiché questa non può essere la soluzione definitiva e poiché, come siamo già stati messi sull'avviso da Hegel, il concetto di necessità è difficile, non dobbiamo stupirci se ora rispuntano i soliti giri di parole ripetuti fino alla noia. Citiamo il più semplice (che tanto semplice non è): "Così la realtà nella sua immediata unità con la possibilità è soltanto l'esistenza, ed è determinata come un infondato che è soltanto un posto e soltanto un possibile; -oppure, come riflessa e determinata contro la possibilità, e separata dalla possibilità, dall'essere in sé riflesso, e così altrettanto immediatamente è anche solo un possibile-. In pari maniera la possibilità, come semplice essere in sé, è un dato immediato, nient'altro che un essere generale oppure, contrapposto alla realtà, è parimenti un irreale essere in sé, soltanto un possibile, ma appunto perciò, daccapo, nient'altro che un'esistenza riflessa in sé in generale".
Sembra un dotto scioglilingua, ma semplificando si può dire: l'esistenza è unità di possibilità e realtà, ma questa realtà dell'esistenza o è posta o è soltanto possibile, oppure è determinata contro quel possibile, ma anche in questo senso è un possibile, sebbene opposto. Concretamente, se ciò che si realizza è un possibile, è possibile che si realizzi anche qualcos'altro o persino il suo opposto. E ci fermiamo qui, risparmiando al lettore altre oscurità hegeliane, anche in considerazione del fatto che, come subito vedremo, quando vuole, Hegel sa essere molto spiccio nel superare passaggi logici difficili e offrirne la soluzione.
La prima parte della sezione sulla realtà si conclude, con "l'assoluta inquietudine del divenire" di possibilità e realtà. Questa "inquietudine" esprime metaforicamente il fatto che la possibilità può anche non divenire realtà, e la realtà può anche divenire qualcos'altro, e ciò solo accidentalmente, ossia per opera del caso. L'"inquietudine del divenire" è la metafora del caso: il caso non dà requie.
Ma ecco che, come una folgore, Hegel colpisce nel segno, senza bisogno di fare troppi complimenti logici: "L'accidentale è dunque necessario, perché il reale è determinato come possibile...". Il caso non è quindi l'elemento di disturbo di una realtà che, altrimenti, diverrebbe necessità come ha sempre ritenuto il determinismo, ma è il fondamento necessario del divenire della realtà dalla possibilità "perchè il reale è determinato come possibile". Hegel ha scoperto la necessità del caso, ha scoperto che il caso è necessario.
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Tratto da "Il caso e la necessità -L'enigma svelato- Primo volume- Teoria della conoscenza" (1993-2002)
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