lunedì 11 settembre 2017

3] La "Dialettica senza dogma" di Havemann

Una concessione all'indeterminismo probabilistico della fisica quantistica

Uno dei pochi studiosi che hanno collegato i concetti di possibilità e realtà al rapporto caso-necessità è stato Havemann, chimico dissidente dell'Est, che ha tentato un'operazione ideologica nei confronti dei fisici quantistici Bohr ed Heisenberg. Il suo tentativo di conciliare determinismo e indeterminismo è sfociato nella fittizia conciliazione del "materialismo dialettico" con il "probabilismo". Interessante è vedere con quali argomenti.

Nella Settima lezione dal titolo "Casualità e necessità", pubblicata in "Dialettica senza dogma" (1965), Havemann parte dalla considerazione che nessun scienziato "negherà il determinismo nel senso che nel mondo dei fenomeni esistono e agiscono leggi, e che noi conosciamo e dimostriamo queste leggi mediante le osservazioni e gli esperimenti scientifici", per dire che "in questo senso gli scienziati sono sempre rimasti deterministi". Ma si chiede: "come si concilia con questo determinismo il concetto di "indeterminismo" che è comparso nella meccanica quantistica?"

Havemann delimita la questione dell'opposizione tra determinismo e indeterminismo riconducendola alla problematica sollevata dal principio di indeterminazione di Heisenberg e dal tentativo di conciliazione di Bohr mediante il concetto di complementarità. Come vedremo, lo studioso dissidente dell'Est accetterà la soluzione conciliatoria di Bohr identificandola con una pretesa "dialettica senza dogma", come il titolo del suo libro .

Ma prima di arrivare a questo punto, egli si permetterà un lungo giro attorno alla dialettica di Hegel e al materialismo dialettico, che inizia con il collegamento dei termini di "determinismo" e "indeterminismo" alla relazione di "causa-effetto" e alla "dialettica di caso e necessità". Scrive Havemann: "Molti scienziati hanno dimostrato che processi non completamente determinati, che comportanto una indeterminatezza, una casualità, e non sono del tutto stabiliti da cause precedenti, sono acausali". Ossia non possono essere compresi secondo la relazione di causa-effetto. Detto questo, egli sembra cercare lumi nella dialettica materialista che si rifà ad Hegel, "il quale diceva che casualità e necessità formano una unità dialettica. Il necessario può manifestarsi solo in forme casuali".

Perciò Haveman nega, giustamente, che possano essere considerate materialismo dialettico le opinioni di Spinoza sulle numerose catene causali, che seguono il principio deterministico della successione assolutamente inevitabile dei fatti, ma che, incrociandosi, possono dar luogo a fatti particolari che "sono bensì comuni a due catene, ma non appartengono alla loro essenza". E soltanto questi sarebbero i fenomeni casuali. Così, conclude giustamente che la concezione "che sta alla base di questo modo di ragionare è quello del determinismo assoluto. Certi fatti sono considerati eccezionali e solo in quanto tali vengono dichiarati casuali. Ma in realtà il corso delle cose è completamente determinato da tutto ciò che lo ha preceduto".

Questa giusta e profonda critica del determinismo scade, però, in una superficiale considerazione riguardo alla relazione di causa ed effetto. Studiando la Logica di Hegel ci si rende facilmente conto che limitarsi ad estrarre una frase non permette di cogliere il pensiero del suo autore, perché, immediatamente dopo, egli è capace di rovesciarla nel suo opposto e di trovare la sintesi in un altro concetto. Così, limitarsi a riportare la seguente proposizione sulla complessa indagine di Hegel attorno alle relazioni di caso-necessità e di causa-effetto: -"Se consideriamo due fatti che si trovano in un nesso causale, uno di essi è causa solo in quanto produce l'effetto. Un effetto, all'inverso, è soltanto qualcosa che è stato causato"- può far pensare che Hegel accettasse la connessione deterministica di causa ed effetto, senza alcuna obiezione. Al contrario, egli considerò la suddetta relazione come tautologica: una relazione posta dall'uomo come estrinseca all'oggetto indagato. Non solo, ma mostrò come è l'effetto della accidentalità che viene preso per causa necessaria, la quale, a sua volta, produce un effetto necessario. La causa, di fatto, spodesta il caso, nella concezione deterministica.

Occorre, invece, dare molto credito al determinismo per porsi una domanda come la seguente di Havemann: "La questione suona dunque così: in questo alternarsi di causa ed effetto, esiste una libertà (sic!), in modo che l'effetto possa anche presentare casualità in rapporto alla causa?" In questa domanda c'è già espressa la vecchia opposizione tra Democrito ed Epicuro, ossia tra la necessità, intesa come assoluta concatenazione di cause ed effetti, e il caso inteso quale fonte di libertà. Come Epicuro, Havemann collega il caso alla libertà. E su questo presupposto considera la questione del rapporto possibilità-realtà in relazione al rapporto caso-necessità.

Riferendosi a Hegel egli scrive: "Hegel muove dalla cosiderazione che i fatti reali devono innanzi tutto essere possibili. Ciò che è reale deve essere possibile. La cosa sembra ovvia, ma Hegel continua: se un fatto è possibile, possiamo definirlo possibile solo se può accadere o anche non accadere. La parola "possibile" ha in sé un singolare grado d'incertezza, dovendo significare che questa cosa può ben accadere, ma non che deve accadere". Havemann semplifica molto il pensiero di Hegel, fino al punto di attribuirgli la seguente idea: "le possibilità realmente esistenti nella natura non sono casuali. Ciò che è possibile è determinato per necessità".

Ma così non può essere: il possibile non diventa realtà per necessità, altrimenti possibilità e realtà coinciderebbero. Nella nostra indagine, nel primo volume di teoria della conoscenza, abbiamo concluso che i concetti polari sono costituiti da due termini contraddittori. Se prendiamo le polarità caso-necessità, possibilità-realtà, singolo-complesso, sono omogenei tra loro, da un lato, caso, possibilità, singolo; dall'altro, necessità, realtà, complesso. In questo modo risulta chiaro che 1) la possibilità è sempre incerta perché casuale, 2) la realtà è sempre certa perché necessaria, 3) l'incertezza della possibilità riguarda il singolo, mentre la certezza della realtà riguarda il complesso, infine, 4) la realtà del complesso è la necessità nella quale si rovescia il caso relativo ai singoli. E le forme materiali di questo rovesciamento dialettico devono essere indagate, ogni volta, sui reali fenomeni dei processi naturali.

Havemann crede, invece, di risolvere la contraddizione dialettica possibilità-realtà, sostenendo che le leggi "non ci dicono che cosa realmente accadrà, ma indicano soltanto ciò che può accadere". Insomma, egli sostiene che "Per capire la natura e le sue leggi noi dobbiamo certo anche sapere che cosa è accaduto, dobbiamo occuparci dei fatti reali; i processi reali nello spazio e nel tempo sono le fonti della nostra conoscenza. Ma ciò che attraverso di essi noi impariamo sulla natura, sull'essenza più profonda delle cose, non è ciò che è accaduto, bensì il perché, perché ciò fosse possibile".

Insomma, l'"essenza più profonda delle cose" consisterebbe nel perché esse siano possibili: in questa sua versione, Havemann si accontenta della generica conoscenza della sfera della possibilità. Infatti scrive: "Scoprire le leggi che determinano il reale, significa conoscere ciò che è possibile". Se avesse riflettuto sul, o meglio se avesse tenuto presente il, determinismo nella sua forma più classica, quella riduzionistica, avrebbe anche ricordato che la conoscenza di tutto il possibile è impossibile: perché quel determinato baccello di piselli ne contiene 3 e non 4 0 5? Perché quella forma, quel colore, ecc. Perché ogni singolo linfocita è diverso dall'altro e può legarsi a uno solo tra milioni di antigeni? L'unica spiegazione, qui, è il caso relativo ai grandi numeri in gioco.

Havemann, invece, si appella all'autorità di Hegel scegliendo un passo che preso isolatamente potrebbe essere assunto come un sostegno all'indeterminismo. Così lo riassume: "Hegel ne conclude: ma se una cosa è determinata secondo le leggi e per necessità soltanto come cosa possibile, allora essa nella realtà può apparire solo casualmente. Se infatti accadesse per necessità, se la comparsa del possibile fosse retta dal principio che esso deve accadere per necessità, allora questa comparsa sarebbe determinata non come semplice possibile, ma già come necessità".

Tutto ciò è esatto, ma solo se riferito alla singola cosa, ad esempio al singolo linfocita: solo per caso (e anche per un caso eccezionale, raro) un determinato linfocita sarà adatto all'antigene penetrato nell'organismo; e quindi la possibilità si trasformerà in realtà non per necessità ma per puro caso. Ma se consideriamo il complesso, il sistema immunitario, il ragionamento non funziona più: la presenza di migliaia di miliardi di linfociti garantisce per necessità che la possibilità della risposta immunitaria si traduca in realtà.

Havemann crede, invece, di trovare la soluzione nella fisica delle particelle: "le tesi hegeliane sulla dialettica di casualità e di necessità concordano ottimamente con le concezioni e i princìpi della meccanica quantistica. La legge che determina ciò che è possibile per il moto e il comportamento delle microparticelle è espressa nell'aspetto ondulatorio, che Bohr e Heisenberg definiscono l'aspetto del possibile".

La necessità, "che non determina il reale ma solo il possibile, appare nell'aspetto corpuscolare. definito oggetto del reale", ma "solo nella forma del casuale". E non è finita qui: "Ma l'aspetto ondulatorio non delimita soltanto il possibile dall'impossibile: esso fornisce anche indicazioni numeriche sul grado di possibilità. Il grado di possibilità è però la probabilità". Il dialettico senza dogma è riuscito a "conciliare" il materialismo dialettico con il probabilismo. Havemann può dire ciò che vuole, ma in questo modo egli ha tolto di mezzo la necessità: "La dialettica senza dogma" è, dunque, nient'altro che la dialettica caso-necessità, privata della necessità. Dunque, ciò che rimane è il caso, ergo il possibilismo epicureo!

Come abbiamo, però, già dimostrato, questa commedia degli equivoci, che vede scienziati e studiosi oscillare dal determinismo democriteo all'indeterminismo epicureo, deriva dalla non considerazione della differenza qualitativa esistente tra i singoli oggetti e i loro complessi. Così, Havemann considera indifferentemente onda e corpuscolo in relazione alle singole microparticelle e, riduzionisticamente, non può fare altro che notare: qui solo di caso e di possibilità o probabilità si può parlare.

Nel prossimo capitolo mostreremo come il concetto di corpuscolo può solo riflettere il caso (e la possibilità) della singola particella, mentre il concetto di onda riflette la necessità (e la realtà) del complesso di particelle. L'azione del singolo corpuscolo è indeterminabile, valutabile come probabilità, o ampiezza della casualità, relativa alla singola particella, mentre l'azione dell'onda è determinabile come frequenza statistica necessaria del complesso di particelle.

Attribuendo l'onda alla sfera della possibilità, allo stesso modo del corpuscolo, Havemann fà sparire la necessità. Non è quindi un caso che l'ottava lezione sia intitolata: "Possibilità, realtà e casualità". Qui troviamo le seguenti affermazioni: "Nel materialismo dialettico, il casuale è realmente concepito come categoria oggettiva della realtà, non come qualcosa che deriva unicamente dalla incompletezza delle nostre conoscenze". Ben detto! Ma da qui a dire "La realtà è oggettivamente casuale" ce ne corre. Una cosa è affermare che il caso è una realtà oggettiva, altra cosa è dire: la realtà, -ossia le cose reali, i complessi reali, i loro processi sono casuali. Haveman continua: "Ciò non significa che sia del tutto indeterminato o acausale". Qui siamo in pieno marasma: il dialettico senza dogma, privatosi della dialettica, perché ne ha gettato via uno dei due poli, si ritrova infognato nell'antinomia determinismo-indeterminismo, spostato sul secondo termine.

Conosciamo molto bene la filastrocca dei deterministi e quella degli indeterministi. Il determinismo metafisico ha sempre sostenuto: la realtà è oggettivamente necessaria, ma, poi, ha dovuto fare una postilla: ciò naturalmente non significa che la realtà sia del tutto determinata o causale. Così, il determinismo metafisico è stato costretto a prendere in considerazione il detestato caso, accettando come correttivo, a malincuore, le cosiddette leggi della probabilità. L'indeterminismo metafisico ha solo cambiato il soggetto, ponendo il caso al posto della necessità, e ha ripetuto parola per parola la solita tiritera: la realtà è oggettivamente casuale; ciò naturalmente non significa che la realtà sia del tutto indeterminata o casuale, infatti occorre considerare la sfera del possibile che è "determinata" da leggi probabilistiche.

Determinismo e indeterminismo, come tentiamo di dimostrare, non rappresentano altro che le due facce metafisiche del rapporto dialettico caso-necessità. Partendo o solo dal caso o solo dalla necessità, che per l'indeterminismo e il determinismo sono, rispettivamente, il lato buono, serve poi un correttivo per affrontare il lato cattivo, quando non si può fare a meno di negarlo. Così il punto di confluenza delle due concezioni diametralmente opposte è la sfera delle leggi probabilistico-statistiche, nella quale sono costrette a farsi reciproche concessioni, e talvolta trovano qualche paraninfo che cerca di conciliarle (e così è spiegato anche il concetto di complementarità di Bohr). La conclusione è che ogni studioso, ogni scienziato, non può evitare di oscillare tra i due estremi del determinismo e dell'indeterminismo, senza riuscire a venire a capo del reale rapporto caso-necessità.                                                                                                                                                                                                               
Tratto da "La dialettica caso-necessità in Fisica" Volume secondo  (1993-2002)

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