venerdì 28 ottobre 2011

La contraddizione del relativismo etico: uno scambio delle parti

Nella contrapposizione tra il relativismo etico e l'assolutismo del dogma cattolico, può anche accadere uno scambio delle parti che vede il secondo relativizzare il giudizio morale e il primo assolutizzarlo. Ma, mentre la religione cattolica usa il relativismo per attenuare le proprie colpe, il relativismo etico utilizza l'assolutismo per aggravare le colpe altrui.

Su "La Repubblica" di venerdì 2 giugno 2006, Umberto Galimberti valuta un'apertura, di fatto, al relativismo dell'"ermeneutica", la recente posizione espressa da Benedetto XVI per attenuare le colpe della Chiesa denunciate dal suo predecessore, Giovanni Paolo II. "Dice il Papa: "Conviene guardarsi dalla pretesa di impalcarsi con arroganza a giudici delle generazioni precedenti, vissute in altri tempi, in altre circostanze. Occorre umiltà nel negare i peccati del passato, e tuttavia non indulgere a facili accuse in assenza di prove reali o ignorando le differenti pre-comprensioni di allora"."

La novità "relativistica" della posizione del Pontefice sta tutta in questo termine, "pre-comprensione", che appartiene al padre fondatore dell'ermeneutica, Hans Georg Gadamer ("Verità e metodo" 1960). Secondo Gadamer la "pre-comprensione" è quel pre-giudizio che condiziona ogni giudizio, perché dipende dai condizionamenti storico-culturali dell'epoca. Essendo condizionamenti inevitabili, così interpreta Galimberti, "ogni giudizio è inevitabilmente pre-giudicato, con la conseguenza che non si dà una verità assoluta, ma solo interpretazioni, all'interno delle quali è possibile aprire un onesto e sincero dialogo".


Attribuendo al Papa l'adozione del concetto di Gadamer, Galimberti afferma: "Una volta adottato il criterio della pre-comprensione, nulla è condannabile in nome di una verità assoluta, ma tutto va giudicato a partire dalla concezione della verità figlia del tempo (Veritas filia temporis). Introducendo il criterio della pre-comprensione per attenuare le colpe della Chiesa nella storia, il Papa ha così aperto la porta principale al relativismo che, come insegna l'ermeneutica e come a tutti risulta ovvio, confligge con la possibilità di sostenere una verità assoluta".

In sostanza, Galimberti sostiene che il relativismo ermeneutico nega la possibilità di affermare una verità assoluta, perché pone in connessione la "verità" soltanto con il "giudizio etico" (qui, in particolare, con il giudizio morale di condanna). Così, però, egli dimentica che la verità è prima di tutto una questione di conoscenza scientifica, che nulla ha a che vedere con l'etica. Quindi il punto fondamentale non è se possiamo condannare questo o quello in nome di una verità congiunta indissolubilmente con l'etica, ma se possiamo conoscere questo o quello in senso scientifico, ossia in maniera completamente indipendente dall'etica.

Insomma, l'operazione ideologica dell'ermeneutica relativistica di coniugare la verità con l'etica serve principalmente a negare la verità scientifica. Negare la "verità assoluta" con il pretesto della relatività in senso etico non è  altro che il trucco ermeneutico di coprire, sotto il superbo paludamento dell'etica, l'esigenza della verità scientifica: trucco che ci riporta indietro di secoli.

Galimberti si limita a concludere il suo articolo con la seguente affermazione (tipica della presente stagione politica): "Plaudo quindi alle aperture "di fatto" relativistiche del Pontefice, e mi auguro che trovino presto una legittimazione teorica, se non altro per coerenza". Questo presuntuoso richiamo alla esigenza di coerenza per Benedetto XVI è del tutto fuori di luogo, perché dal relativismo in senso etico non consegue necessariamente il relativismo di un principio di teoria della conoscenza qual è anche il dogma religioso: il dogma della verità rivelata, ad esempio, può benissimo accompagnarsi al relativismo etico.

Ciò che invece Galimberti non vede è la contraddizione nel seno stesso dell'ermeneutica, che proprio lui inconsapevolmente rivela citando "la questione della colpa" dell'ermeneutico Heilderberger. Se nulla è condannabile in nome di una verità etica assoluta, perché Heilderberger attribuisce al popolo tedesco la responsabilità di ben quattro colpe assolute: una giuridica, una politica, una morale e, persino, una metafisica? Se con la "pre-comprensione" si può giustificare in senso ermeneutico tutto ciò che storicamente è accaduto, non si comprende da dove possa sorgere "la questione della colpa" nazista. L'idea della colpa dovrebbe essere sempre successiva al periodo in cui è stata commessa "senza colpa" a motivo della "pre-comprensione", del "pre-giudizio", perché questa è appunto la concezione di Gadamer.

Com'è possibile questa contraddizione dell'ermeneutica, questo rovesciamento del suo relativismo in assolutismo? Per essere conseguente, l'ermeneutica, partendo dalla "pre-comprensione", dovrebbe semplicemente concludere: non esistono colpe assolute; e, in questo modo, sarebbe coerente con il suo relativismo etico. Invece, contraddittoriamente, essa ammette la colpa assoluta del nazismo! Ma è proprio in questa contraddizione etica che si svela il trucco dell'ermeneutica: il pretesto del relativismo etico è servito soltanto per negare la "verità assoluta" nel campo della conoscenza scientifica. Ma, se questo relativismo etico va a collidere con il "politically correct" cinquantennale dell'"olocausto" nazista, si può fare uno strappo alla regola, senza intaccare la sostanza del relativismo scientifico.

Infine, quando Galimberti pretende da Benedetto XVI una giustificazione teorica della sua apertura al relativismo ermeneutico, non si rende conto che, se il Pontefice ha utilizzato il binomio verità-etica della "precomprensione" solo per attenuare la condanna delle colpe della Chiesa nella storia, pronunciata dal suo predecessore, non ha alcuna necessità di rinunciare, per motivi di coerenza, ai suoi dogmi assoluti e alle verità rivelate. Sarebbe fin troppo facile mostrare coerenza con il seguente argomento: siamo assolutisti sui dogmi, ma relativisti sul modo in cui ogni epoca crede di agire secondo le verità rivelate, perché la "pre-comprensione", i "pre-giudizi" di ogni epoca possono fuorviare anche l'apparato della Chiesa.

In conclusione, il relativismo ermeneutico approfitta della relatività etica soltanto per rifiutare la certezza della verità scientifica. Perciò, finché si porrà in primo piano l'etica al posto della conoscenza in relazione alla questione della "verità", predominerà l'ermeneutica che nega la verità della conoscenza scientifica e ammette soltanto l'interpretazione relativistica, adattabile a ogni stagione della politica.

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Tratto da "Scritti sulla globalizzazione" (2005-2007)

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