martedì 28 novembre 2017

Le forme materiali prodotte dall'evoluzione consistono in complessi, non in composti

La questione della divisibilità della materia e la questione della opposizione metafisica dei concetti di continuo e discreto rappresentano la conseguenza inevitabile del determinismo riduzionistico, il quale ha concepito le forme materiali come composti di elementi semplici, Cercheremo di dimostrare che il concetto di composto, se ha una sua giustificazione nell'ambito dei meccanismi prodotti dall'uomo, non ne ha alcuna in relazione ai prodotti naturali. Per conseguenza, la divisibilità della materia non ha alcun significato se cade il concetto di composto e se l'opposizione tra il continuo divisibile e il discreto indivisibile viene a cadere come falso problema.

Per esempio, se consideriamo la molecola alla solita maniera, come composto di atomi, significa ammettere che ciò che permane è non solo il composto, ma anche i suoi cosiddetti componenti. Ma la molecola è un'unità complessiva, al cui interno non si trovano singoli atomi come unità indipendenti: ciò che permane non è più lo stato atomico, ma quello molecolare.

Per comprendere tutto questo occorre partire dalla considerazione che soltanto l'attrazione, derivata da una diminuzione di energia repulsiva degli atomi, è responsabile della formazione della molecola. In questo modo gli atomi si annullano nella molecola e, se vogliamo riavere gli atomi come unità indipendenti, dobbiamo fornire tanta energia quanto serve a distruggere la molecola; ma distruggere una molecola per riottenere gli atomi in quanto tali non è la stessa cosa che dividere la materia: in altre parole la divisibilità della materia non può essere concepita.

Il pensiero teorico-scientifico, per poter concepire la divisibilità della materia, ha dovuto concepire il concetto di continuum; ma alla continuità divisibile è stato fin da subito contrapposto il discreto indivisibile. Hegel scrive  a questo proposito: "Se lo spazio, il tempo, ecc. sono posti soltanto con la determinazione di quantità continua, essi sono divisibili all'infinito; ma con la determinazione di grandezza discreta son divisi in sé e consistono di uni indivisi; l'un modo è unilaterale come l'altro".

E ancora: "L'antinomia dello spazio e del tempo o della materia, riguardo alla loro divisibilità all'infinito o al consistere d'indivisibili, non è altro che l'affermazione della quantità una volta come continua, una volta come discreta". E, in una nota che troviamo nella Logica, Hegel osserva: "La geometria ha in generale per oggetto nella grandezza spaziale la grandezza continua, e l'aritmetica nella grandezza numerica la grandezza discreta". 

Geometria e aritmetica sono creazioni del pensiero umano, ma come vanno le cose in natura? In un appunto che troviamo tra le note e i frammenti di Engels sulla dialettica della natura possiamo leggere "Hegel supera con molta facilità questo problema dicendo che la materia è l'uno e l'altro, divisibile e continua ed insieme né l'uno né l'altro, il che non è una risposta". Hegel ha preso in considerazione l'opposizione tra il continuo divisibile e il discreto indivisibile, perciò sembra che qui Engels sia incorso in una svista. Ma se continuiamo a leggere il seguito dell'appunto, ci accorgiamo facilmente che si tratta di una particolare forma di cecità, prodotta dall'opinione, del resto condivisa da tutti -ieri come oggi-, che le forme materiali si presentino come composti.

Infatti, Engels, dopo aver considerato le molecole come composti di atomi, scrive: "E così nella fisica siamo necessariamnte condotti ad ammettere certe particelle minime per l'indagine fisica (...)". Se, quindi, egli ha frainteso Hegel, ciò è imputabile al fatto di non aver preso in considerazione la sua critica al concetto di composto. Nella Logica, Hegel ha osservato che il concetto di composto, col quale Kant ha creduto di risolvere l'antinomia discreto-continuo, ha trasformato l'antinomia in una tautologia. Kant aveva sostenuto, infatti, che "Ogni sostanza composta nel mondo consta di parti semplici, e non esiste assolutamente che il semplice; oppure quello che è composto di esso".

Hegel osserva con acume che, considerando i concetti di semplice e composto, Kant sopprime la continuità: se il semplice è discreto, anche il composto deve essere discreto, perché esso consta del semplice. Di conseguenza "è una tautologia affermare che un composto consta del semplice". Kant ha sostituito alla contrapposizione dialettica continuo-discreto il tautologico composto del semplice discreto.

E qui Hegel ci suggerisce una riflessione sulla reale difficoltà del concetto di composto, applicato alle scienze della natura: e cioè, poiché il composto è soltanto ciò che consta del semplice, se concepiamo le forme materiali come composti costringiamo il semplice ad esistere in quanto tale entro il composto stesso. Da qui sorge una contraddizione che egli esprime nei seguenti termini: "Il dilemma è questo: o ciò che permane è il composto, oppure non è il composto, ma il semplice. Se ciò che permane fosse il primo, vale a dire, il composto, allora ciò che permane non sarebbero le sostanze, poiché per queste la composizione è solo una relazione accidentale. Ma le sostanze sono ciò che permane. Dunque il permanente è il semplice".

Hegel si pone sul terreno deterministico-riduzionistico che considera permanente, ossia necessario, il semplice, il singolo oggetto. Da questo punto di vista che ha dominato la scienza moderna, Kant non può risolvere la contraddizione tra discreto e continuo perché elimina il continuo e concepisce un composto che, constando del semplice discreto, è a sua volta un discreto. Ma avevamo già visto con Leibniz che, se permanente (necessaria) è la sostanza individuale, ciò che consta di più sostanze individuali diventa un semplice aggregato accidentale. La conseguenza sarà che il composto apparirà come un semplice aggregato di unità individuali legate tra loro da ciò che, ancora una volta tautologicamente, viene chiamata forza.

Per uscir fuori da questo groviglio di contraddizioni, non rimane che una via: prendere in considerazione la dialettica caso-necessità, singolo-complesso e riferirla alla dialettica repulsione-attrazione. Abbiamo visto nel precedente paragrafo che i "molti uno" sono il risultato della repulsione. Ora, come quantità discrete, indivisibili, questi "molti uno" possono essere considerati come una moltitudine di quantità discrete, divise tra loro, e nel contempo assemblate spazialmente in modo casuale come un aggregato. Questo è il composto secondo Kant, composto che Hegel giustamente, invece, considera accidentale e chiama "allehit".

Ma se consideriamo l'attrazione di "molti uno" che "passano in unico uno", nel quale i singoli uno perdono la loro unità e indipendenza, allora non si ha più un composto kantiano, ossia un allehit, ma quello che Hegel ha chiamato "totalitat", ossia una unità complessiva, un complesso con carattere di necessità. Questo complesso è, però, a sua volta un discreto indivisibile, ma non perché è costituito di singoli discreti indivisibili, bensì perché ormai è un'unità, per la quale non esiste alcuna possibilità di divisione: l'unico modo di dividerlo sarebbe distruggerlo.

In questo modo si ottengono due forme materiali distinte: gli aggregati casuali di unità divise (allheit) e i complessi necessari indivisibili ma distruttibili (totalitat). Non esistono altri modi di esistenza delle forme materiali nel cosmo, pertanto questa distinzione riflette la realtà del processo evolutivo della materia. Ma per confermare questa tesi occorre verificarla nel corpo delle scienze della natura: ciò che faremo nei volumi dedicati alla Fisica e alla Biologia.

Qui possiamo anticipare soltanto la tendenza generale. L'evoluzione della materia nel cosmo consiste nella dialettica  costruzione - distruzione di forme materiali, ossia di complessi necessari (a tutti i livelli, dal microscopico al macroscopico). L'allehit, che si presenta già diviso, ossia costituito di unità discrete, altro non rappresenta che la materia prima (casuale) della produzione naturale di forme materiali (necessarie), ovvero di totalitat, che si presentano come forme qualitativamente indivisibili ma distruttibili. La distruzione delle forme materiali è, però, sempre accompagnata dalla costruzione di forme materiali sempre più complesse. Il rapporto dialettico distruzione-costruzione è a fondamento del rapporto naturale dispendio-eccezione statistica.


Tratto da "La dialettica caso-necessità nella teoria della conoscenza". Volume primo (1993-2002)

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...